Per la Cassazione è valida la rinuncia al diritto all'astensione dalla prestazione di lavoro nei festivi infrasettimanali anche espressa con una clausola nel contratto individuale di lavoro

Contratto individuale e rinuncia a lavorare nelle festività infrasettimanali

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Dalla Legge n. 260 del 1949 è possibile desumere che il diritto a non lavorare durante le festività infrasettimanali non sia assoluto, bensì disponibile, in quanto, nell'esercizio della propria autonomia individuale, il lavoratore potrà esprimere il consenso a svolgere la prestazione in tali giornate.

Di conseguenza, dovranno ritenersi validi eventuali accordi individuali intercorsi tra datore di lavoro e dipendente (anche inseriti come clausola nel contratto individuale di lavoro) che prevedono la rinuncia al diritto all'astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali, se vengono rispettati alcune prescrizioni.

Tanto si desume dall'ordinanza n. 8958/2021 (qui sotto allegata) con cui la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha accolto il ricorso di una nota azienda contro la decisione che aveva dato ragione ad alcune lavoratrici che avevano chiesto l'annullamento delle sanzioni disciplinari conservative applicate per essersi astenute dal lavoro durante alcune festività nazionali infrasettimanali.


Nella vicenda esaminata, tuttavia, risulta pacifico e documentamene provato il fatto che le lavoratrici, all'atto dell'assunzione, avessero sottoscritto una clausola del seguente tenore: "si conviene che, qualora richiesto, lei sarà chiamata a prestare attività lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge".

Lavoro e disciplina delle festività

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Come noto, la disciplina delle festività è recata dalla legge n. 260 del 1949 (in parte novellata dalla L. n. 90 del 1954) che dichiara giorni festivi determinate ricorrenze religiose e civili (artt. 1-3), durante le quali i lavoratori hanno diritto ad astenersi dal lavoro conservando la retribuzione piena e, in aggiunta a questa, una retribuzione maggiorata per il lavoro eventualmente prestato in tali ricorrenze (art. 5). La Cassazione ci tiene a precisare che le festività infrasettimanali, a differenza delle ferie e del riposo settimanale, non sono tutelate dalla Costituzione (cfr. art. 36, comma 3).

Come si legge in sentenza, "il legislatore, in effetti, ha ritenuto di diversificare la disciplina in base alla considerazione che le ferie e il riposo hanno la finalità di tutelare un bene primario della persona non suscettibile di alcun bilanciamento con altri diritti anche costituzionalmente tutelati, ossia la finalità di reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore, mentre le festività non tutelano immediatamente il diritto alla salute, bensì, a seconda dei casi, l'esigenza di consentire la celebrazione comunitaria di ricorrenze festive profondamente radicate nella tradizione, non solo religiosa, ovvero legate a particolari significati e valori civili, diritti disponibili dal lavoratore".

Il divieto a lavorare in occasione di tali festività non è però assoluto, potendo il lavoratore nell'esercizio della propria autonomia individuale esprimere il consenso a lavorare in tali giornate, come si ricava agevolmente dall'art. 5 della legge n. 260 del 1949 che prevede una retribuzione aggiuntiva per i lavoratori che "prestino la loro opera nelle suindicate festività", ammettendo dunque chiaramente la possibilità che si possa svolgere la prestazione lavorativa in tali giornate (Cass. n. 16634/2005, Cass. n. 16592/2015 e, da ultimo, Cass. n. 18887/2019).

Prestazioni durante i festivi e accordi individuali

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Tanto premesso, cosa accade qualora sia presente un accordo individuale tra datore e lavoratore riguardante il consenso a svolgere la prestazione lavorativa in tali giornate?


La Corte d'Appello, nella sentenza impugnata, ha ritenuto che la clausola negoziale accettata dalle ricorrenti (non precisando le festività in particolare a cui si riferiva né le modalità del preavviso al fine di consentire al lavoratore la programmabilità del proprio tempo libero) avrebbe finito per rimettere "alla piena ed esclusiva discrezione del datore di lavoro l'esercizio di un suo esclusivo quanto insindacabile diritto ad esigere la prestazione lavorativa anche nei giorni di festività", con ciò finendo per eludere la finalità voluta dal legislatore


Una ricostruzione non condivisa dagli Ermellini, secondo i quali il significato letterale della clausola in questione appare univoco e diretto ad attribuire al datore di lavoro, che ha acquisito il consenso del lavoratore, il potere di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi (e domenicali), nel rispetto della normativa dettata in materia di riposo settimanale, come emerge chiaramente dall'uso della dizione "sarà chiamata a prestare attività lavorativa".


Si tratta di un'interpretazione coerente con la struttura del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato da un bilanciamento tra l'eterodirezione dell'attività (nel caso di specie, il potere di articolare l'orario di lavoro dei singoli dipendenti per il perseguimento degli obiettivi dell'attività d'impresa), e un apparato protettivo, composto da diritti ritenuti inderogabili, costruito attorno al lavoratore e finalizzato a rimuovere disuguaglianze sostanziali e ad evitare che l'iniziativa economica privata si svolga in contrasto con l'utilità sociale o pregiudichi la sicurezza, la libertà e la dignità umana (nel caso di specie, i limiti di durata della giornata lavorativa previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e le disposizioni in materia di riposi).

Diritto soggettivo ad astenersi dal lavoro

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In sostanza, spiega la Cassazione, l'oggetto della clausola è senz'altro determinabile in quanto inequivocabilmente individuabile mediante il riferimento ai "giorni festivi", e, dunque, con un esplicito rinvio alla normativa che individua tali giorni, ovvero la legge n. 260 del 1949, con conseguente esclusione di una determinazione di tali festività rimessa all'arbitrio della parte datoriale.


Infatti, la legge n. 260 ha riconosciuto ai lavoratori un diritto soggettivo ad astenersi dal lavoro durante le festività infrasettimanali, diritto non disponibile a livello collettivo, con conseguente nullità delle clausole della contrattazione collettiva che lo dovessero prevedere come obbligatorio, salvo accordi sindacali stipulati da OO.SS. cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato (cfr. sul punto Cass. n. 18887/2019).


Nel caso di specie, il potere di organizzare l'articolazione dell'orario di lavoro e di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi, "risulta essere stato esercitato dal datore di lavoro nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, principi che si sostanziano, tra l'altro, in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra".


Se da un lato la Corte territoriale ha dato atto del rispetto, da parte della società, di tutte le regole dettate dall'Accordo integrativo aziendale (confronto preventivo tra il Responsabile di filiale e le rappresentanze aziendali del punto vendita per la scelta dei lavoratori a fronte delle numerose comunicazioni di non disponibilità al lavoro festivo; valutazione delle ragioni di assenza, per malattia, maternità, dimissioni, di altre lavoratrici; congruo preavviso dei turni di lavoro), le controricorrenti non hanno allegato altre circostanze di fatto sintomatiche della violazione di tali principi di civiltà giuridica.

Accordi in materia di festività infrasettimanali

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Nell'accogliere il ricorso e rinviando la vicenda alla Corte d'Appello per un nuovo esame, la Cassazione enuncia il principio di diritto secondo cui "la rinuncia al diritto all'astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali di cui all'art. 2 della legge n. 260 del 1949 può essere anche validamente inserita come clausola del contratto individuale di lavoro".


In particolare, la Suprema Corte ritiene che "il giudice, esaminando gli accordi intervenuti tra le parti in materia di festività infrasettimanali, dovrà attenersi ai seguenti principi:

- il diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione durante le festività infrasettimanali è diritto disponibile e sono validi gli accordi individuali, intercorsi tra lavoratore e datore di lavoro;

- l'oggetto di detti accordi è chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla legge n. 260 del 1949;

- il potere del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi va esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza".

Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n. 8958/2021

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