I termini di sospensione dei pagamenti di tributi e di atti impositivi esattoriali previsti a tutela dei contribuenti durante il Covid non prolungano gli effetti decorsi della convenzione tra la società di riscossione e l'ente impositore

Termini di sospensione pagamenti durante il Covid

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I termini di sospensione dei pagamenti di tributi e di atti impositivi esattoriali previsti dal Legislatore a tutela dei contribuenti in periodo di pandemia non valgono a prolungare gli effetti già decorsi della convenzione stipulata tra la Società concessionaria della riscossione dei tributi e l'Ente territoriale impositore. L'eventuale proroga dell'efficacia della convenzione deve, inoltre, essere disposta in conformità alle disposizioni contenute nel Testo unico delle leggi sugli Enti locali (D.lgs. 18/08/2000, n. 267).

Lo ha deciso la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania con la sentenza n. 5097/2023 del 14/09/2023 (sotto allegata).

Covid e normativa emergenziale

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Sono purtroppo noti i deflagranti effetti che il covid 19 ha prodotto sull'intero tessuto sociale, interessando "a catena" ogni settore di cui essa si compone e coinvolgendo indiscriminatamente tutti i soggetti che, a vario titolo, ne sono protagonisti. Attesa la "democraticità" del morbo, i suoi malefici strali hanno interessato sia la pubblica amministrazione cui è demandato il compito di raccogliere le risorse necessarie a sostenere i gravosissimi costi di gestione della "macchina-Stato"; sia - e soprattutto - i cittadini-amministrati. E così, al solo fine di evitare ulteriori ed insostenibili aggravi di spesa a carico di questi ultimi, il Legislatore emanava il D.L. 17/03/2020, n. 18, meglio noto come decreto "Cura Italia", recante, tra l'altro, misure "di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19".

In particolare, l'art. 68 della richiamata normativa, (successivamente convertita con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27), facendo espresso riferimento alle "entrate tributarie e non tributarie", sospendeva, tra gli altri, i termini di pagamento delle relative cartelle "emesse dagli agenti di riscossione" con versamenti "in scadenza nel periodo dall'8 marzo 2020 al 31 agosto 2021". Quanto, invece, agli "uffici impositori", l'art. 67 della disposizione sospendeva "dall'8 marzo al 31 maggio 2020" - e quindi per 85 giorni - "i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso".

Normativa emergenziale Covid e applicabilità all'attività impositiva

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Ben oltre il decorso del richiamato periodo di sospensione, la società concessionaria del Comune impositore - parte resistente nel contenzioso in esame - in data 10/09/2021 notificava alla ricorrente un'ingiunzione di pagamento per il recupero della tassa di occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) relativa all'anno 2018, asserendo il mancato pagamento della complessiva somma di € 3.883,61.

Avverso il richiamato provvedimento l'ingiunta proponeva gravame dinanzi alla competente Commissione tributaria, eccependo in particolare - per quel che interessa in questa sede - la carenza assoluta di legittimazione attiva della concessionaria. A parere del ricorrente, quest'ultima non avrebbe avuto alcun titolo per notificare l'atto gravato a motivo dell'avvenuto decorso dei termini di efficacia del contratto di affidamento della riscossione dei tributi stipulato con l'Ente territoriale.

Sosteneva, infatti, la ricorrente che il contratto di concessione, di durata quinquennale ed in scadenza alla data del 01/12/2020, fosse privo di effetti al momento della notifica dell'atto impositivo avvenuta il successivo 10/09/2021, essendo inutilmente decorso anche l'ulteriore termine di proroga semestrale comunque previsto dall'articolato contrattuale. Essendo, dunque, scaduta la concessione tra il Comune e la concessionaria, tutta l'attività impositiva successivamente svolta da quest'ultima sarebbe stata priva di efficacia in quanto posta in essere sine titulo.

È del tutto evidente la portata dell'eccezione sollevata dalla ricorrente. Al di là della specifica rilevanza della controversia, l'eventuale accoglimento della censura avrebbe comportato per l'Ente impositore conseguenze ben più gravi della mera soccombenza nel giudizio. Infatti, l'eccepita carenza di potere della società concessionaria, oltre a rendere del tutto illegittima l'attività svolta e produrre l'insanabile nullità dell'atto impositivo impugnato, avrebbe provocato ulteriori deflagranti effetti sulla legittimità dell'ulteriore attività svolta in favore del Comune, a motivo del probabile decorso dei termini prescrizionali e della conseguente notevole perdita economica da parte dell'Ente.

Costituitasi in giudizio, la società concessionaria riteneva infondate le avverse eccezioni, sostenendo l'applicabilità anche in suo favore della sospensione dei termini di pagamento previsti dall'art. 68 del decreto "Cura Italia" per i soli contribuenti. Riteneva la resistente concessionaria che detto differimento avesse sospeso non solo i termini di pagamento previsti per i contribuenti, ma anche lo spatium temporis di efficacia dell'atto di concessione stipulato con il Comune che, sempre a parere della Società concessionaria, sarebbe stata utilmente prorogata per espressa dichiarazione del Servizio Ragioneria dell'Ente impositore.

L'adita Commissione tributaria di prima istanza accoglieva le deduzioni ed eccezioni avanzate dalla Società Concessionaria ritenendo legittima l'invocata applicabilità in casu dell'art. 68 del D.L. 18/2020, n. 18, e pertanto rigettava il ricorso condannando la ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

Avverso la decisione proponeva gravame la contribuente, reiterando tra l'altro in sede di appello la già sollevata eccezione di carenza di potere di accertamento e riscossione del concessionario. Questi sua volta si costituiva in giudizio, insistendo sulla validità dell'atto di concessione e dei suoi effetti, che riteneva prorogati ex lege dal disposto della richiamata normativa emergenziale.

Con la sentenza in rassegna la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado accoglieva l'appello proposto dall'appellante, dichiarando la nullità dell'atto impositivo. Con motivazione certamente condivisibile i giudici salernitani confermavano l'inefficacia della concessione in quanto non rinnovata in periodo antecedente alla sua naturale scadenza, ritenendo in primo luogo inapplicabile al concessionario l'invocata sospensione dei termini previsti dall'art. 68 D.L. n. 18/2020, in quanto disposta esclusivamente a beneficio dei contribuenti. V'è da aggiungere al riguardo - quantunque la pronuncia non ne faccia cenno - che il carattere eccezionale della norma non ne avrebbe consentito l'applicazione in via analogica, perché in palese violazione degli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile.

Evidenziata, dunque, l'avvenuta scadenza della concessione, la Corte salernitana confermava l'assunto anche in considerazione del termine di sospensione dell'attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso disposto, questa volta in favore degli uffici impositori, dall'art. 67 della richiamata normativa emergenziale. Riteneva, infatti, il Collegio giudicante che l'aggiunta degli 85 giorni di sospensione dell'attività impositiva previsti dalla norma non fosse comunque in grado di coprire la latenza di temporale di inefficacia della concessione, ovvero il periodo intercorrente tra la scadenza dell'accordo e la data di notifica all'appellante dell'atto comunque impugnato.

Rinnovo e proroga dell'atto contrattuale nel TUEL

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Quantunque la "concessione" operata dalla Corte debba ritenersi come un obiter dictum del tutto irrilevante per il caso deciso, v'è da rimarcare la sua inconferenza anche in relazione alla effettiva applicabilità della norma richiamata dal Collegio giudicante. Premessa, infatti, la chiara differenza tra "proroga" e "rinnovo" del contratto di cui sia parte un ente pubblico, l'eventuale proroga degli effetti di un accordo contrattuale qual è quello oggetto della fattispecie in esame deve ritenersi "comunque connotata da valenza temporalmente astretta" (cfr. TAR Lazio, Sez. 1a bis, 13/02/2006, n. 1062), e quindi convenuta dai contraenti prima della sua naturale scadenza e con modalità espressamente definite. A tale riguardo, i giudici salernitani evidenziano l'inammissibilità dell'ulteriore assunto avanzato dall'appellata società, secondo la quale gli effetti della richiamata concessione sarebbero stati utilmente differiti con una nota del settore ragioneria del Comune, che si sarebbe avvalsa della proroga tecnica di durata semestrale prevista dall'articolato contrattuale stipulato con la società concessionaria.

Ribadita, quindi, la sostanziale illiceità della presunta proroga in quanto dichiarata ben oltre la scadenza della concessione, i giudici salernitani ne confermano comunque l'illegittimità in quanto disposta in palese violazione del Testo unico delle leggi sugli Enti locali (D.lgs. 18/08/2000, n. 267), nella parte in cui disciplina l'iter procedimentale della proroga della concessione.

Mentre, infatti, l'art. 42, lett. e) della richiamata normativa attribuisce al Consiglio il potere di deliberare sulle concessioni di pubblici servizi in favore di terzi, e comunque - come puntualmente rileva la Corte salernitana - di statuire in tutti i casi di eventuale novazione oggettiva dell'accordo; il successivo art. 48, delineate le competenze della Giunta, ne prevede, tra l'altro, l'intervento per il compimento di tutti gli atti non rientranti nella competenza del Consiglio e degli adempimenti conseguenziali, anche di carattere negoziale, di atti già adottati dal Consiglio.

Rilevato, infine, che la presunta proroga della concessione non risultava disposta né dal Consiglio né tantomeno della Giunta del Comune, ma dichiarata con un deliberato - la nota dirigenziale del Servizio ragioneria dell'ente territoriale - inidoneo a prorogare validamente l'efficacia del contratto, i giudici salernitani, in applicazione dell'art. 7, D.Lgs. 31/12/1992, n. 596 e conformemente a consolidata giurisprudenza sia legittimità che di merito, disponevano la disapplicazione del provvedimento, accogliendo l'appello e dichiarando la nullità dell'atto impugnato, con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio in favore dell'appellante.


Avv. Fabrizio Torre

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