I controlli fiscali rappresentano l'attività di controllo intrapresa dall'amministrazione finanziaria al fine di ridurre il rischio di evasione e frode e regolarizzare il versamento delle imposte da parte dei contribuenti

Attività istruttoria

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Al fine di controllare i corretti adempimenti dei contribuenti attraverso la prassi dell'auto-accertamento l'amministrazione finanziaria si avvale di una serie di poteri che costituiscono la sua attività istruttoria ossia il controllo.
Questa attività, oltre ad essere svolta dagli uffici dell'Agenzia delle Entrate, è effettuata anche dalla guardia di Finanza, che dispone degli stessi poteri degli uffici finanziari.
Oggetto di tali controlli sono sia le dichiarazioni fiscali sia le attività contabili svolte dal contribuente in relazione all'obbligazione tributaria.
Quest'attività prevede una fase di controllo formale in cui viene verificato che non siano state violate norme tributarie. Questa è una fase di correzioni di errori che si limita alla verifica dei dati, ex art. 36-bis DPR 600/1973; poi vi è una fase di controllo sostanziale, che implica una determinata attività di indagine da parte dell'autorità finanziaria sulle dichiarazioni del contribuente per l'identificazione dei documenti che devono corredare la dichiarazione.

Anagrafe tributaria

Fondamentale per l'attività istruttoria è l'anagrafe tributaria, istituita dal DPR 29.09.1973, n. 605, che è sostanzialmente una banca dati per la raccolta e l'elaborazione, su scala nazionale, dei dati direttamente o indirettamente indicativi della capacità contributiva dei singoli soggetti e di smistamento agli uffici preposti all'accertamento.

In questa banca dati sono iscritte le persone fisiche, le persone giuridiche, le associazioni e le altre organizzazioni di beni o di persone dotate di autonomia patrimoniale. A tutti questi soggetti è attribuito un codice fiscale; infatti, il codice fiscale deve essere indicato su tutte le fatture o documenti equipollenti del contribuente, nonché su tutte le dichiarazioni, atti o scritture private sottoscritte dal medesimo contribuente, che comportano trasferimenti di denaro e altre utilità che generano direttamente o indirettamente prelievo fiscale.

Il contribuente può rettificare la propria dichiarazione attraverso l'esame delle informazioni contributive che lo riguardano, in possesso dell'Agenzia delle entrate.

Tali correzioni possono essere fatte, chiaramente, fino al termine di decadenza del potere di accertamento del fisco. Ciò al fine di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili.

A tal proposito il D.Lgs. 05.08.2015, n. 128, ha introdotto il regime dell'adempimento collaborativo al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione di controversie in materia fiscale.

Inizialmente, in base al provv. 14.04.2016, il regime è stato riservato ai contribuenti con volume d'affari o di ricavi non inferiore a 10 miliardi di euro. Con D.M. 31.01.2022, per gli anni 2022, 2023 e 2024, il regime dell'adempimento collaborativo è stato esteso ai contribuenti che conseguono un volume d'affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro.

Liquidazione e controllo formale della dichiarazione

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La liquidazione, o controllo automatico, è disciplinata dall'art. 36bis, DPR 600/1973, per le imposte dirette. Tale controllo consiste nel ricalcolo delle imposte dovute e nella correzione di errori. Esso viene effettuato su tutte le dichiarazioni presentate e interessa contributi, imposte, premi, rimborsi. La procedura viene espletata sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni, che vengono confrontati con i dati in possesso dell'Anagrafe tributaria.

Più in dettaglio vengono analizzati la corrispondenza dei pagamenti effettuati con modello F24 con debiti risultati dalla dichiarazione; la corretta effettuazione delle compensazioni orizzontali di crediti derivanti dalla dichiarazione, ovvero quelle che consentono di compensare imposte di natura diversa, ad esempio, un credito IVA con un debito IRES e/o contributivo (la compensazione può essere eseguita anche in modo verticale, ovvero della stessa imposta (per esempio Iva con Iva); la corretta indicazione di oneri deducibili e detraibili in dichiarazione oppure, la corretta indicazione delle ritenute fiscali a titolo di acconto in dichiarazione.

La liquidazione deve essere effettuata entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno seguente.

Anche le dichiarazioni annuali dell'IVA sono soggette a controllo automatico. In questo caso l'amministrazione finanziaria corregge eventuali errori materiali o di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione del volume d'affari e dell'imposta.

Una volta superata questa fase l'Amministrazione finanziaria dovrà procedere al controllo formale che deve essere concluso entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Con questo controllo l'Agenzia della Entrate verificherà la documentazione che sta alla base della dichiarazione dei redditi presentata. A tal fine il contribuente viene chiamato a presentare all'Agenzia delle Entrate la documentazione della dichiarazione, come gli oneri deducibili o detraibili, ma anche tutte le fatture e certificazioni delle ritenute subite.

Nell'ipotesi di un'eventuale rettifica, il contribuente dovrà essere informato, comunicandogli anche i motivi che hanno dato luogo alla rettifica. Chiaramente le rettifiche fanno sorgere delle sanzioni a carico del contribuente medesimo.

Accessi, ispezioni e verifiche

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Dopo i controlli formali inizia la fase volta ad individuare i proventi occulti, costi fittizi, documenti falsi, ecc.

Questo controllo, denominato sostanziale, viene svolto dagli uffici dell'Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di finanza.

Questi controlli sono realizzati mediante accessi, ispezioni o verifiche presso i contribuenti o, talvolta, anche tramite questionari con la convocazione del contribuente presso l'Ufficio per acquisire ulteriori elementi istruttori o instaurare il contraddittorio.

La verifica inizia con l'accesso nella sede dove viene esercitata l'impresa, lo studio professionale o l'abitazione privata, da parte degli organi ispettivi - anche senza il consenso di chi ne ha la disponibilità - al fine di eseguire ispezioni e controlli documentali.

L'attività di accesso, ispezione e verifica sono disciplinate dall'articolo 52, del DPR n. 633/72. Questa disposizione, per effetto del rimando fatto dal punto 1 dell'articolo 32, del DPR n. 600/73, vale (oltre che ai fini Iva) anche per tutte le imposte dirette (Irpef, Ires, Irap). Queste attività rientrano nelle cd. "attività di indagine". Tra tutte sono da considerarsi le principali se non altro perché, nella maggior parte dei casi, sono "propedeutiche" ad altre forme di raccolta di informazioni utili per l'attività accertativa. L'obiettivo che si prefiggono questo tipo di indagini è quello di effettuare un'analisi contabile ed extracontabile dell'attività del contribuente attraverso una permanenza, più o meno lunga, dei verificatori presso il luogo di esercizio dell'attività.

Il contribuente viene invitato ad assistere alla verifica o a farsi rappresentare da un professionista di fiducia, previo rilascio di delega scritta, anche privata. In caso di accesso presso l'abitazione del contribuente i verificatori devono informarlo dei gravi indizi di violazioni delle norme tributarie che giustificano il controllo ed esso può essere effettuato solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Questo solo in caso di gravi indizi di violazione delle norme fiscali che suggeriscano la necessità di ricercare ed acquisire particolare documentazione, contabile e non, ed ogni altro elemento idoneo a fornire prova delle infrazioni ipotizzate. L'accesso è, pertanto, finalizzato ad individuare scritture ed altri elementi di prova delle violazioni.

L'art. 12 della legge 212/2000, legge sullo statuto del contribuente, prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche e professionali sono effettuate sulla base di esigenze effettive d'indagine e di controllo. Esse vengono svolte, salvo alcuni casi eccezionali, durante l'ordinario orario di esercizio dell'attività e con modalità tali da arrecare minor turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali e professionali del contribuente.

L'atto conclusivo dell'attività di verifica è poi il processo verbale di constatazione che sintetizza i dati rilevati dal controllo, con il quale il contribuente può comunicare eventuali osservazioni e richieste che dovranno essere valutate dagli uffici impositori.

Non costituendo un atto autonomamente impugnabile, il pvc si atteggia esclusivamente ad atto istruttorio, le cui risultanze trovano, pertanto, diretta espressione nell'avviso di accertamento, successivamente emanato dall'ufficio fiscale competente. Per cui, solo con il successivo atto impositivo sarà consentito al contribuente impugnare le risultanze emerse durante la verifica fiscale, nella misura in cui il processo verbale di constatazione, sia stato, dunque, recepito dall'ufficio.

Ebbene, rientra, comunque, nel novero delle garanzie del contribuente, sottoporre all'ufficio competente, a seguito del rilascio del pvc, eventuali osservazioni, tanto prima di ricevere, dunque, l'avviso di accertamento. Pertanto, stando al tenore letterale dell'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000, già in sede istruttoria sarà consentito al contribuente presentare opportune memorie all'ufficio entro il termine di sessanta giorni dal rilascio del pvc.

A ben vedere, con la norma in rassegna, il legislatore tributario ha inteso concepire un sistema improntato alla cooperazione tra fisco e contribuente, già al termine dell'attività di rilevamento e, dunque, prima ancora dell'emissione dell'atto impositivo. Pertanto, in ossequio al diritto della difesa ex art. 24 Cost. e nel rispetto del principio di uguaglianza delle parti, in siffatto preciso momento, si instaura già un contraddittorio "preventivo" finalizzato ad un confronto attivo tra le parti, garantendo una preventiva difesa del contribuente, che non può essere sottovalutata o ignorata dagli uffici, i quali dovranno, comunque, tenere conto nel successivo atto impositivo.

A riguardo, occorre precisare, infatti, che secondo una isolata pronuncia (Cfr., Cass. N. 6971/2015), la motivazione dell'atto di accertamento deve essere integrata con l'indicazione delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente avverso il pvc, perciò, è nullo l'avviso di accertamento che non consideri le ragioni dal medesimo esposte, né la documentazione allegata.

Invero, però, occorre dare atto del fatto che, con i successivi orientamenti, la giurisprudenza di legittimità ha finito col ritenere nullo l'accertamento solo nell'estrema ipotesi in cui le osservazioni ex art. 12, comma 7, legge n. 212/2000, vengano ignorate del tutto.

Tale arresto è frutto dell'ordinanza n. 17210/2018, con la quale la Supera Corte di Cassazione ha, sostanzialmente, stabilito che la nullità consegue alle irregolarità espressamente previste dalla legge, oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tali da impedire la produzione di ogni effetto, nonché del mancato obbligo di valutare le osservazioni del contribuente, pur senza esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo. Siffatto principio è stato confermato dalle recenti ordinanze n. 18255/2021 e n. 14211/2021, con le quali gli Ermellini hanno ritenuto valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente al pvc, posto che l'Amministrazione finanziaria ha l'obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo.

Indagini finanziarie, bancarie e postali

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Un particolare potere istruttorio riconosciuto alla Pubblica Amministrazione riguarda le indagini finanziarie che possono essere svolte senza il limite del segreto bancario, il quale ha ragione di essere a tutela dei valori umani, ma non economici nei confronti dello Stato ed enti pubblici.

Per queste attività l'Agenzia delle Entrate o la Guardia di finanza devono essere autorizzate rispettivamente dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate e dal Comandante della G.D.F.

Gli enti creditizi che hanno rapporti con il contribuente sottoposto a controllo devono comunicare dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto e operazione effettuata con i loro clienti, entro 30 giorni dalla richiesta prorogabili di ulteriori 20 in caso di giustificato motivo.

La Banca deve, inoltre, dare anche immediata notizia al suo cliente di tali indagini. Infatti, sulla base di tali informazioni l'ufficio può chiedere chiarimenti al contribuente per consentirgli di fornire elementi contrari alle presunzioni derivanti dai movimenti bancari che non trovano conferma nelle scritture contabili.

A tal proposito è opportuno rilevare che i prelievi sono considerati ricavi (o compensi) ai fini dell'accertamento del reddito d'impresa o di lavoro autonomo se il contribuente non ne indica il beneficiario. Si tratta di una presunzione relativa e cade, pertanto, sul contribuente l'onere probatorio di dimostrare il contrario indicando l'eventuale beneficiario.

Avv. Maurizio Auteri

Titolare studio legale commerciale e Tributario

Budoni - Via Nestore snc. - Tel. 348 2989215


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