Ultime dalla Cassazione sulla legge 104/1992 che prevede permessi per assistere i familiari, benefici economici per chi è affetto da handicap gravi e regole particolari anche per chi è in carcere
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Violazione minima dei permessi 104

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La recentissima Cassazione n. 6796/2022 conferma la decisione della Corte di Appello. Quest'ultima ha accertato la violazione da parte di un dipendente delle regole previste per poter usufruire dei permessi previsti dalla 104 per assistere i familiari con handicap e ha rilevato, in relazione a diversi episodi contestati "comportamenti del lavoratore estranei alle esigenze di assistenza dei disabili per le quali erano stati concessi i permessi" anche se "quantitativamente avevano interessato solo tre ore delle sedici complessive, per cui l'abuso del diritto, seppure sussistente, non era tale da giustificare la misura disciplinare adottata e, quindi, per mancanza di proporzionalità, il fatto non integrava una giusta causa." Fatti a cui segue la non reintegrazione sul posto di lavoro e l'applicazione del rimedio indennitario.

Decisione che gli Ermellini confermano in quanto "nel caso di licenziamento disciplinare intimato per una pluralità di distinti ed autonomi comportamenti, solo alcuni dei quali risultino dimostrati, la "insussistenza del fatto" si configura qualora possa escludersi la realizzazione di un nucleo minimo di condotte che siano astrattamente idonee a giustificare la sanzione espulsiva, o se si realizzi l'ipotesi dei fatti sussistenti ma privi del carattere di illiceità, ferma restando la necessità di operare, in ogni caso, una valutazione di proporzionalità tra la sanzione ed i comportamenti dimostrati, con la conseguenza che, nell'ipotesi di sproporzione tra sanzione e infrazione, va riconosciuta la tutela risarcitoria se la condotta dimostrata non coincida con alcuna delle fattispecie per le quali i contratti collettivi

o i codici disciplinari applicabili prevedono una sanzione conservativa, ricadendo la proporzionalità tra le "altre ipotesi" di cui all'art. 18, comma 5, della I. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1, comma 42, della I. n. 92 del 2012, per le quali è prevista la tutela indennitaria cd. forte."

Accertamento tecnico preventivo obbligatorio per l'invalidità

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L'ordinanza della Cassazione n. 4514/2022 invece accoglie il ricorso di una donna contro l'INPS, perché si vede rigettare il ricorso di cui all'art. 445 bis c.p.c, che disciplina l'accertamento tecnico preventivo obbligatorio previsto nelle controversie in materia d'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione d'inabilità e di assegno d'invalidità, quando si deve procedere all'accertamento delle condizioni che danno diritto alle suddette prestazioni.

Ora, poiché la donna lamenta in particolare l'omessa pronuncia sulla domanda di accertamento delle condizioni di handicap grave e di pensione di inabilità ticket per l'accertamento dei diritti spettanti, la stessa ricorre in Cassazione.

Gli Ermellini, rilevata in effetti l'omessa pronuncia sulla "domanda proposta di riconoscimento del requisito sanitario di cui all'art. 3 co. 3 1. 104/92 (status di handicap grave) e di una percentuale di invalidità pari al 100 utile ai fini della concessione della pensione di inabilità, pur riscontrati dal CTU" accoglie il ricorso, cassa la decisione e rinvia ad altro giudice del tribunale competente.

Detenuto: visita al figlio solo se affetto da handicap grave

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Un detenuto presenta istanza per un permesso di necessità per poter incontrare la figlia minore "affetta da severi disturbi di comportamento con tendenza alla chiusura relazionale di tipo autistico e depressione conseguenti a fenomeni di bullismo scolastico e all'assenza della figura paterna" come risultanti da certificato neurologico.

Contro la decisione di rigetto del Tribunale di Sorveglianza il detenuto ricorre in Cassazione lamentando l'omesso approfondimento da parte del tribunale delle necessità di contemperare le esigenze di salute mentale e di serena crescita della minore e le esigenze trattamentali dello stesso. Non sono stati inoltre valutati i "benefici che l'instaurazione di uno stabile rapporto padre-figlia potrebbe comportare."

La Cassazione però con la sentenza n. 3609/2022 rigetta il ricorso, confermando la decisione impugnata in quanto, l'ordinamento penitenziario prevede "che il genitore detenuto possa essere autorizzato a fare visita al figlio minore in caso di imminente pericolo di vita di quest'ultimo o qualora il minore versi in gravi condizioni di salute per la presenza di un handicap grave ex art. 3, comma 3, legge n. 104 del 1992, accertata ai sensi dell'art. 4, legge n. 104 del 1992. Tuttavia, nel caso in esame, è stata accertata unicamente la presenza di disturbi comportamentali con difficoltà di instaurare relazioni e con una forma «lieve» di autismo, sicché il Tribunale ha condivisibilmente respinto la richiesta della misura."

Domiciliari alla detenuta se la figlia ha la 104?

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La legge 104 rileva in ambito penale anche nella sentenza della Cassazione n. 2291/2022. Questa volta una madre chiede che le vengano concessi i domiciliari perché ha una figlia in condizione di handicap grave, ai sensi dell'art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104.

La Cassazione, chiamata a decidere sull'impugnazione del provvedimento che ha già negato in prima istanza i domiciliari alla detenuta, ricorda "che la sentenza n. 18 del 2020, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 47-quinquies, comma primo, Ord. pen. nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104, rilevando che il limite di età di dieci anni previsto dalla norma contrasta, in presenza di un figlio gravemente disabile, con i principi di eguaglianza e di protezione e pieno sviluppo dei soggetti deboli e di tutela della maternità, nel senso di rapporto tra madre e figlio che non si esaurisce nel primo periodo di vita del bambino."

Gli Ermellini ricordano tuttavia che la sentenza della Consulta menzionata e altre, che sono intervenute sulla norma che contempla la misura alternativa della detenzione domiciliare in presenza di figli con handicap, non hanno però "inciso sul requisito ulteriore richiesto dall'art. 47-quinquies, Ord. pen. per l'accesso alla misura alternativa, ovvero la mancanza di un «concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti" e poiché nel caso di specie la detenuta, anche in ragione del sodalizio con il figlio, che solo di recente ha concluso un periodo di lunga detenzione, può ancora delinquere, i domiciliari le devono essere negati.


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