La detenzione domiciliare è stata introdotta dalla legge Gozzini, con la primaria finalità di tipo deflattivo rispetto alla popolazione carceraria

La detenzione domiciliare

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Nell'analizzare la detenzione domiciliare, in primo luogo è utile ripercorrere i tratti distintivi della misura, ovvero i soggetti ai quali è applicabile (modif. L. 165/1998):

  • donna incinta/madre di prole di età inferiore agli anni 10 con lei convivente;
  • padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente quando la madre sia deceduta, o impossibilitata assolutamente a dare assistenza alla prole;
  • persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
  • persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente;
  • persona minore di anni 21 per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

Dal 2005 si consideri anche la possibilità per il condannato ultrasettantenne di espiare la pena della reclusione per qualsiasi reato (ad eccezione di quelli con particolare allarme sociale quali associazione a delinquere di stampo mafioso o delitti contro la vita o la libertà sessuale) presso la propria abitazione ovvero in un centro pubblico di cura e assistenza (purché non sia un soggetto recidivo, delinquente abituale, professionale o per tendenza).

Si consideri che sono esclusi dal beneficio coloro che non siano ammessi all'affidamento in prova al servizio sociale (ovvero i condannati per il reato di evasione e, per più di una volta, i condannati cui sia stata applicata la recidiva reiterata).

Il tetto di pena è quello della reclusione non superiore a 4 anni, anche se parte residua di maggiore pena.

La detenzione domiciliare biennale

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Si consideri un'ulteriore variante della misura alternativa: la detenzione domiciliare c.d. biennale (per l'espiazione di una pena non superiore ai due anni anche se parte residua di maggiore pena). La detenzione domiciliare di cui al comma I bis dell'art. 47-ter ord. pen. richiama fortemente lo spirito deflattivo di cui alla citata fonte normativa, nonostante la misura ordinaria sia più precisamente finalizzata a perseguire una funzione umanitario-assistenziale, la quale emerge proprio dalla tipologia di soggetti ai quali può essere concessa. Questa variante, evidentemente, va a discapito di una funzione rieducativa-risocializzatrice che dovrebbe animare l'istituto.

Essa è stata pensata come sganciata dai parametri classici. Il co. I bis infatti prevede tale beneficio anche quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale. Dal 2013 è venuto meno il divieto di concessione del beneficio ai c.d. recidivi reiterati, mentre rimane il divieto nei confronti di condannati per delitti di stampo mafioso o terroristico.

Il magistrato di sorveglianza che, come noto, in base alla L. 27 maggio 1998, n. 165 può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato sino alla decisione del tribunale di sorveglianza sulla medesima istanza, è pertanto investito di una questione che attiene unicamente esigenze di deflazione carceraria, ovvero esigenze politico-criminali che non rispondono a quelle di carattere assistenziale della detenzione domiciliare "classica".

Detenzione e arresti domiciliari

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A livello contenutistico la misura della detenzione domiciliare è ancorata sull'analogo istituto degli arresti domiciliari, pertanto consiste nell'espiazione della pena (o della pena residua) nell'abitazione o nel luogo di privata dimora, ovvero in luogo pubblico di assistenza, cura o accoglienza.

La revoca della detenzione domiciliare

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L'allontanamento non autorizzato da tali luoghi fa sorgere la responsabilità per il delitto di evasione ex art. 385 c.p. e ovviamente la condanna potrebbe comportare la revoca del beneficio.

La detenzione domiciliare è revocata con provvedimento del Tribunale di Sorveglianza se il comportamento del soggetto è contrario alle prescrizioni che governano la misura o alla legge; in particolare nelle misure alternative la revoca risponde a esigenze di "incompatibilità con la prosecuzione della misura", ovvero naturalmente alla cessazione delle condizioni di concessione della stessa.

Il periodo di pena trascorso in detenzione domiciliare va considerato come pena espiata, detraibile quindi in sede di computo della pena detentiva residua da scontare. Si ricordi che in caso di revoca della misura disposta ai sensi del co. I bis, la pena detentiva residua non può essere sostituita con altra misura.

Detenzione domiciliare speciale

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Da ultimo si ricordi la figura particolare introdotta nel 2001 della detenzione domiciliare speciale di cui all'art. 47 quinquies ord. pen. che, in assenza di condizioni della detenzione domiciliare ordinaria (in particolare dei limiti di pena), consente alle condannate madri di usufruire della misura qualora vi sia la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, dopo l'espiazione di almeno 1/3 di pena o almeno 15 anni in caso di ergastolo. La stessa misura può essere concessa al padre quando la madre sia deceduta o impossibilitata in modo assoluto.

Ovviamente la natura di tale forma speciale è orientata alla tutela del minore.

Avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena

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