La Cassazione conferma la condanna nei confronti di un marito che aveva addormentato la moglie dopo un primo approccio rifiutato dalla stessa

Reato di violenza sessuale nei confronti della moglie

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Non si configura il solo tentativo, ma il reato di violenza sessuale vero e proprio se il marito dopo un primo approccio rifiutato dalla moglie, incapace di accettare un no, la addormenta con un panno imbevuto di acetone e poi si sdraia mezzo nudo su di lei strusciando i suoi genitali su quelli della donna.

Nel momento in cui infatti si invade la sfera sessuale altrui, non si può parlare di tentativo, anche alla luce del fatto che l'uomo ha desistito dall'avere un rapporto completo solo perché la donna si è svegliata, ha reagito con morsi e calci ed è fuggita in bagno per chiedere aiuto a un'amica, contattata telefonicamente. Questo quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 34655/2021 (sotto allegata).

Nella vicenda, la Corte di Appello ha confermato la decisione del tribunale che ha condannato l'imputato per il reato di tentata violenza sessuale ai danni della moglie, dopo aver riconosciuto allo stesso l'attenuante prevista per i casi di minore gravità, come previsto dall'art 609 bis c.p comma 3.

Per l'imputato non ricorre neppure il tentativo di violenza sessuale

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L'imputato nel ricorrere in Cassazione, solleva tre motivi di doglianza per contestare la decisione della Corte di merito.

Con il primo contesta la validità della querela perché, in violazione dell'art. 336 c.p.p, contiene domande rivolte dall'ufficiale giudiziario alla persona offesa.
Con il secondo nel caso di specie contesta il tentativo di violenza sessuale addebitatogli per i seguenti motivi:

  • l'abbigliamento dell'uomo non è compatibile con volontà di violentare la moglie;
  • non è stato provato che l'uomo abbia disposto la moglie in posizione supina;
  • la donna non ha dichiarato di ricordare che il marito fosse eccitato;
  • non si comprende per quale ragione la condotta del marito non sia stata ricondotta a un semplice gesto di rabbia;
  • la donna dopo l'episodio non ha avviato le pratiche della separazione e la stessa non è comparsa in appello.

Con il terzo lamenta il mancato riconoscimento della desistenza visto che l'uomo ha interrotto l'azione.

Violenza sessuale e non mero tentativo

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Per la Cassazione adita il ricorso presentato dall'imputato è inammissibile per diverse ragioni.

Il primo motivo deve considerarsi inammissibile perché la questione della querela non è stata sollevata in appello e non può essere presentata per la prima volta in sede di legittimità.

La seconda questione con cui si contesta l'addebito del reato a titolo di tentativo è inammissibile perché finalizzato a ottenere una lettura del materiale probatorio diversa da quella a cui è giunta la Corte di appello. L'imputato comunque non ha mai messo in dubbio la attendibilità della persona offesa, tanto che la Corte di appello, in base al racconto della donna, ha ritenuto di dover ritenere sussistente il tentativo di violenza sessuale perché, dopo il rifiuto della donna a un primo approccio, lo stesso, ignorando la volontà della stessa, le si è sdraiato sopra seminudo, mentre lei si trovava sul letto "strusciando i propri genitali contro i suoi, e, al contempo, premendole sulla faccia un panno imbevuto di acetone."

Condotta che per la Cassazione integra il reato di violenza sessuale e non il mero tentativo in quanto "per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il tentativo del reato, previsto dall'art. 609 bis c.p., è configurabile a condizione che la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l'agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest'ultima con le proprie parti intime (così, da ultimo, Cass., Sez. 3, n. 17414 del 18/02/2016), il che, invece, è avvenuto nella specie, a nulla rilevando che l'agente si prefiggesse il compimento di un atto sessuale maggiormente invasivo dell'altrui sfera sessuale."

Inammissibile comunque anche il terzo motivo in quanto la desistenza dell'imputato nel portare a compimento il rapporto sessuale non è stata volontaria, ma determinata dalla reazione della donna, la quale, dopo essersi risvegliata dopo l'addormentamento provocato dal marito, ha iniziato a scalciare e a mordere l'uomo e a rinchiudersi in bagno, da cui ha telefonato a un'amica per raccontarle quanto appena successa e per chiederle soccorso.

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Scarica pdf Cassazione n. 34655/2021

Foto: 123rf.com
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