La violenza sessuale nel matrimonio non è giustificata da ragioni culturali. Applicabile l'aggravante del rapporto di coniugio prevista per l'omicidio

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con due sentenze, emesse a distanza di qualche mese l'una dall'altra ribadisce alcuni importanti principi costituzionali in materia di matrimonio e, alla luce della parità morale e giuridica dei coniugi condanna le condotte di due mariti che hanno dato vita a condotte violente ai danni delle loro donne.

Con la recente sentenza di fine aprile ha riconosciuto l'applicabilità dell'aggravante del rapporto di coniugio prevista per il reato di omicidio anche in caso di condotte violente contro la propria moglie. Con la precedente di febbraio invece ribadisce che il nostro ordinamento penale non giustifica le condotte violente perpetrate in danno della propria moglie solo perché nel paese di provenienza sono ammesse "culturalmente". Le questioni culturali devono necessariamente fare un passo indietro di fronte ai diritti fondamentali della persona, come la libertà sessuale, che deve essere tutelata anche all'interno del matrimonio. Va quindi respinto il ricorso del marito condannato per maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti della propria moglie.

Scatta l'aggravante del rapporto di coniugio se si costringe la moglie ad avere rapporti

La recente sentenza

della Cassazione n. 13273/2020, depositata il 29 di aprile 2020 ha sancito l'applicabilità dell'aggravante prevista dall'art 577 c.p. al reato di violenze contro il coniuge, anche se questo è separato, ma non ancora divorziato e senza che rilevi o meno la coabitazione tra il reo e la persona offesa. Una pronuncia che non fa altro che confermare l'indirizzo della Cassazione, che sanzione e punisce i reati commessi all'interno del matrimonio, che proprio in virtù del vincolo di coniugio risultano particolarmente deprecabili, stante l'affermazione a livello costituzionale dell'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi.

Violenza sessuale anche all'interno del matrimonio se la donna vive in un ambiente vessatorio

A conclusioni per certi versi simili è giunta la sentenza n. 7590/2020 della Cassazione (sotto allegata) del mese di febbraio, che ha respinto il ricorso di un marito, accusato, tra i vari reati, di maltrattamenti familiari e di violenza sessuale ai danni della moglie. Nel ricorrere in Cassazione il marito ha puntato l'accento sul fatto che la Corte d'Appello ha basato la propria decisione sul racconto dei fatti della moglie persona offesa e che non ha tenuto conto della "variabile culturale".

La Cassazione però respinge i tentativi di difesa del marito e prende in considerazione, da quanto emerso in giudizio, le condizioni della donna. La moglie infatti è di origine pakistana, non ha contatti con il mondo esterno, in quanto è per decisione del marito che la stessa vive isolata. Situazione che la rende inevitabilmente fragile dal punto di vista psicologico e che è la causa del ritardo con cui la stessa ha denunciato le condotte del marito. A confermare però il suo racconto ci sono anche i referti medici del pronto soccorso, che attestano le lesioni subite dalla donna a causa del comportamento aggressivo del marito.

Per quanto riguarda poi il reato di violenza sessuale la Cassazione, dopo aver valutato il contesto di umiliazione e sopraffazione messi in atto sistematicamente dal marito nei suoi confronti della donna, alla conclusione che deve considerarsi integrato il reato di violenza sessuale con costrizione mediante l'uso della violenza.

La Corte ribadisce infatti che: "ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, è sufficiente qualsiasi forma di costringimento psicofisico idoneo ad incidere sull'altrui libertà di autodeterminazione, senza che rilevi in contrario l'esistenza né di un rapporto di coppia coniugale o para coniugale tra le parti, e né la circostanza che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali, subendoli, laddove risulti la prova che l'agente, per le violenze e minacce poste in essere nei riguardi della vittima in un contesto di sopraffazione ed umiliazione, abbia la consapevolezza di un rifiuto implicito da parte di quest'ultima al compimento di atti sessuali."

La Corte ribadisce inoltre che, quando entrano in campo valori primari come la libertà sessuale e l'integrità fisica, non sono ammesse nell'ambito del sistema penale, valutazioni di tipo culturale, in quanto "nessun sistema penale potrà mai abdicare, in ragione del rispetto di tradizioni culturali, religiose o sociali del cittadino o dello straniero, alla punizione di fatti che colpiscano o mettano in pericolo beni di maggiore rilevanza (quali i diritti inviolabili dell'uomo garantiti e i beni a essi collegati tutelati dalle fattispecie penali), che costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l'introduzione, di diritto e di fatto, nella società civile, di consuetudini, prassi, costumi che tali diritti inviolabili della persona, cittadino o straniero, pongano in pericolo o danneggino." Per la Cassazione la difesa della cultura retrocede quindi rispetto ai diritti della persona garantiti dall'art. 2 della Costituzione. Chi decide di stabilirsi in questo paese quindi deve sapere che questi limiti valgono anche per loro.

Scarica pdf Cassazione n. 7590/2020

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