Come si orienta oggi la Cassazione sulla natura dell'assegno divorzile? Il pensiero della dottrina e della giurisprudenza in materia e le ultime massime

Cos'è l'assegno divorzile

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L'assegno divorzile è l'obbligo di uno dei due coniugi di corrispondere regolarmente (ovvero con soluzione una tantum) all'altro un contributo economico, a seguito di pronuncia di divorzio.
Com'è noto, l'assegno in oggetto ha presupposti e finalità diverse rispetto all'assegno di mantenimento, il quale viene stabilito in sede di separazione personale dei coniugi.
A ben vedere, l'assegno divorzile ha lo scopo di garantire al coniuge privo ovvero incapace, di procurarsi mezzi adeguati di sostentamento, il tenore di vita goduto durante il matrimonio.

Qual è la natura dell'assegno divorzile?

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La dottrina e la giurisprudenza non sono unanimi nel classificare la natura dell'assegno divorzile, che da anni è fonte di accesi dibattiti.
Parte della dottrina attribuisce allo stesso carattere di solidarietà fra i coniugi associandolo in tal modo all'assegno di mantenimento ex art. 156, 1 comma, c.c..
Secondo questo orientamento l'assegno divorzile è atto a sopperire allo stato di bisogno economico dell'ex coniuge, al fine di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Altra dottrina partendo dal presupposto che con il divorzio si scioglie il vincolo matrimoniale, a differenza dell'orientamento di cui sopra, intende l'adeguatezza dei mezzi come la capacità del coniuge di provvedere in autonomia alle proprie esigenze e bisogni di vita.
In tal caso, unicamente nel caso in cui l'ex coniuge sia privo di redditi, il coniuge più abbiente ha l'obbligo di somministrare quanto necessario.
Le Sezione Unite con la famosa sentenza n. 11490 del 1990, affermano la natura esclusivamente assistenziale dell'assegno di divorzio, e chiariscono che l'unico presupposto per concedere l'assegno è quello dell'inadeguatezza dei mezzi a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio del coniuge richiedente. Conseguentemente è chiaro che il coniuge richiedente l'assegno non deve necessariamente trovarsi in uno stato di bisogno, ma ciò che conta è ristabilire una situazione di equilibrio.

Come si orienta la Cassazione oggi?

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Le ultimissime massime della Corte di Cassazione in tema dell'assegno divorzile, chiariscono che il giudice è tenuto a decidere sull'assegno previo accertamento della misura del contributo apportato dall'ex coniuge alla formazione del patrimonio comune o a quello del consorte nel corso del matrimonio.

Difatti l'ultimo orientamento della Corte di Cassazione sancisce che l'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge ha natura assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, discendente direttamente dal principio costituzionale di solidarietà, che conduce al riconoscimento di un contributo volto non a conseguire l'autosufficienza economica del richiedente sulla base di un parametro astratto, bensì "un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella vita familiare in concreto, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate, fermo restando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi" (Cass. n. 11790/2021).

Non solo. La corte specifica altresì che la natura assistenziale e perequativo - compensativa ai sensi dell'art 5 della legge sul divorzio, richiede "l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive" (Cass. Civ., n. 11472/2021).

In conclusione, oggi l'assegno divorzile viene corrisposto e commisurato valutando il contributo che il coniuge richiedente ha apportato alla vita familiare ed anche alla carriera professionale del coniuge obbligato.


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