Per la Cassazione, se sono avvenute regolarmente le comunicazioni al Comune relative al decesso, non si realizza il reato ex art. 316-ter c.p. ma quello di appropriazione indebita procedibile a querela

Pensione deceduto e appropriazione indebita

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Intascare la pensione del parente deceduto non costituisce indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato se l'evento morte è stato regolarmente comunicato all'Ufficio Anagrafe del Comune. In questo caso, è compito degli enti preposti provvedere all'ulteriore comunicazione agli altri enti che erogano il trattamento pensionistico in favore del defunto. Tuttavia, la condotta del congiunto che continua a percepire i ratei pensionistici del deceduto "sine titulo" è idonea a integrare il reato di appropriazione indebita, delitto perseguibile a querela.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 20346/2021 (sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un condannato ex art. 316-ter c.p. (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) per essersi indebitamente appropriato del trattamento pensionistico di cui beneficiava la madre, in quanto non aveva comunicato all'ente erogatore di tale trattamento l'intervenuto decesso della beneficiaria.


Nell'impugnare la decisione, l'imputato evidenzia di aver rispettato gli obblighi di comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo in cui era avvenuto il decesso, come previsto dal D.P.R. n. 396/2000. Sarebbe poi stato onere dell'INPS, a cui a sua volta era giunta comunicazione dal Comune, comunicare le informazioni ricevute all'ente erogatore del trattamento pensionistico per gli adempimenti di competenza.


Ancora, il ricorrente invoca la sua buona fede nell'aver continuato a ricevere sul conto cointestato con la madre, caratterizzato da plurime movimentazioni risalenti alla sua attività professionale, il suddetto trattamento pensionistico. Tra l'altro, la difesa ritiene che la percezione indebita delle somme erogate in favore della madre defunta avrebbe al più integrato la fattispecie di cui all'art. 646 c.p. (appropriazione indebita), ma nel caso di specie tale reato sarebbe risultato improcedibile per mancanza di querela.

Obblighi di comunicazione in caso di decesso

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Doglianze che convincono gli Ermellini determinando l'accoglimento del ricorso. Come si legge in sentenza, la fattispecie astratta di cui all'art. 316-ter c.p. richiede che la percezione delle erogazioni pubbliche sia comunque avvenuta dietro la presentazione di documenti falsi (condotta attiva) ovvero a cagione dell'omessa comunicazione di informazioni "dovute" (condotta omissiva).


Pertanto, è ben possibile che l'inerzia o il silenzio integrino l'elemento oggettivo del reato, ma a condizione che siano "antidoverosi", dovendo corrispondere all'omesso adempimento di un obbligo di comunicazione e che ad essi si correli l'erogazione non dovuta (dunque "sine titulo") da parte dello Stato o dell'ente pubblico (cfr. Cass. n. 14940/2018).


In relazione al quadro normativo degli obblighi di comunicazione in caso di decesso, il Collegio evidenzia come il D.P.R. 396/2000 preveda a carico di una serie di soggetti (i congiunti, la persona convivente con il defunto, la persona informata del decesso, e così via) l'obbligo di comunicare la morte di una qualunque persona, non oltre le 24 ore dal decesso, all'ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta.


Come stabilito da altre fonti normative (L. n. 903/1965, art. 34, e L. n. 289/2002, art. 31, comma 19), il responsabile dell'Ufficio Anagrafe del Comune sarà poi obbligato a comunicare all'ente di previdenza la morte dell'assicurato, obbligo punito con una sanzione amministrativa pecuniaria dal D.L. 269/2003.


Inoltre, è previsto (sempre dall'art. 31 cit. della L. 289/2002) che a seguito delle comunicazioni dei Comuni relative ai decessi, l'INPS, sulla scorta dei dati del Casellario delle pensioni, comunichi le informazioni ricevute dai comuni agli enti erogatori di trattamenti pensionistici per gli adempimenti di competenza.

Tempestiva comunicazione dell'evento al Comune

Nel caso di specie, il Comune, che evidentemente era stato a sua volta di ciò tempestivamente informato, ha regolarmente comunicato all'INPS per via telematica l'avvenuto decesso della madre del ricorrente, sicché l'erogazione del relativo trattamento pensionistico INPS venne subito interrotta. Ha dunque errato la sentenza impugnata nel ritenere sussistente in capo all'imputato un obbligo ulteriore di comunicazione del decesso all'ente erogatore dei ratei di pensione oggetto di imputazione.


Come evidenziato, l'unico incombente informativo posto a carico dei congiunti (o della persona convivente) del defunto consiste nella comunicazione dell'evento, entro 24 ore, all'Ufficio Anagrafe del Comune, spettando poi agli enti a ciò preposti (Comune e, sulla base del Casellario delle pensioni, INPS) l'eventuale ulteriore comunicazione agli altri enti che risultassero erogatori di trattamenti pensionistici in favore del defunto. Di conseguenza, nella vicenda in esame, manca uno degli elementi costitutivi della fattispecie astratta contestata, rappresentato dall'omissione di informazioni dovute.

Appropriazione indebita dei ratei della pensione

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Di certo, precisa la Corte, l'appropriazione da parte del ricorrente dei ratei della pensione erogata in favore della madre defunta mediante versamento nel conto corrente bancario di cui lo stesso ricorrente era cointestatario, risulta certamente indebita, in quanto avvenuta sine titulo.


La sentenza impugnata, in ordine alla predicata buona fede dell'imputato, ha evidenziato come i ratei, pensionistici per circa quattro anni erano stati accreditati sul conto cointestato, per poi venire negli anni successivi accreditati su altro conto bancario intestato al solo ricorrente, all'evidenza su richiesta dell'unico soggetto interessato. Ciò, dunque, si scontra con l'assunto secondo cui lo stesso non si sarebbe accorto degli accrediti.


Il fatto va dunque riqualificato nella diversa fattispecie incriminatrice prevista all'art. 646 c.p., ma il delitto di appropriazione indebita è perseguibile a querela e ciò conduce all'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio per originaria mancanza della suddetta condizione di procedibilità (mancanza di querela).


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