La prova penale, ex artt. 187 e ss. c.p.p., è assunta di regola in contraddittorio su richiesta di parte, ove la legge non disponga che possa essere assunta d'ufficio

Ammissibilità della prova penale

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La prova del processo penale è disciplinata secondo il modello accusatorio del procedimento, introdotto con la riforma del 1988, che prevede che la stessa sia assunta di regola in contraddittorio su richiesta di parte, ove la legge non disponga che possa essere assunta d'ufficio.

In particolare, in base al dettato dell'art. 190 c.p.p., una volta richiesto in tal senso, il giudice ha il dovere di provvedere senza ritardo, ammettendo le prove che non siano vietate dalla legge o manifestamente superflue e irrilevanti.

Il provvedimento con cui il giudice ammette le prove assume la forma dell'ordinanza ed è revocabile soltanto se siano sentite le parti in contraddittorio.

Oggetto della prova

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Come appena detto, per essere ammessa dal giudice la prova dev'essere innanzitutto rilevante. Essa, cioè, ai sensi dell'art. 187 c.p.p., deve attenere alla dimostrazione di fatti che si riferiscono:

  • all'imputazione;
  • alla punibilità;
  • alla determinazione della pena o della misura di sicurezza;
  • alla responsabilità civile, se vi è stata costituzione di parte civile;
  • all'applicazione di norme processuali.

Prove atipiche

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Il codice di rito disciplina nel dettaglio i diversi mezzi di prova (vedi la nostra guida completa per approfondimenti), ma ammette, in via generale, anche le prove atipiche.

Come dispone l'art. 189 c.p.p., infatti, il giudice penale può ammettere anche una prova che non sia specificamente disciplinata dalla legge, qualora la ritenga idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e sempre che la sua assunzione non pregiudichi la libertà morale della persona.

In tal caso, il giudice è tenuto a sentire le parti riguardo alle modalità di assunzione della prova.

Riguardo alla tutela della libertà morale della persona, l'art. 188 dispone, più in generale, che nell'assunzione di qualsiasi prova non possono essere utilizzati, neppure previo consenso della persona interessata, "metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti" (con ciò alludendosi ad esempio, alle varie tecniche di psicoanalisi o di narcoanalisi).

Ammissione della prova in casi particolari

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L'art. 190-bis c.p.p. individua delle ipotesi in cui il giudice deve rispettare parametri più stringenti in ordine all'ammissibilità delle prove.

Infatti, con riguardo a determinati reati di particolare gravità, l'esame del testimone o della persona offesa è ammesso solo se riguardi fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle dichiarazioni assunte in precedenza in sede di indagini preliminari o in dibattimento, oppure se il giudice o una delle parti lo ritenga necessario per specifiche esigenze.

Ciò al fine di tutelare la sensibilità e la sicurezza del soggetto da esaminare riguardo a tali tipi di reato.

Inutilizzabilità della prova

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Se la prova viene acquisita in violazione delle prescrizioni sinora esaminate, non può essere utilizzata ai fini del procedimento.

Tale inutilizzabilità, a norma dell'art. 191 c.p.p., è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d'ufficio.

Valutazione della prova penale

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Quanto alla valutazione della prova, è previsto che il giudice, nella motivazione, debba dar conto dei risultati della stessa e dei criteri in base ai quali ha proceduto.

In particolare, egli può desumere l'esistenza di un fatto solo se abbia a disposizione indizi gravi, precisi e concordanti.

Per un raffronto con i criteri di valutazione della prova nel processo civile, vedi la nostra guida. Per un'analisi di dettaglio, invece, si rimanda alla guida sui mezzi di prova nel processo penale.


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