In base all'art. 116 del codice di procedura civile, il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, tranne in caso di prova legale

Cos'è la valutazione delle prove

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La decisione del giudice in ordine ad una controversia sottopostagli dalle parti deve fondarsi sulla valutazione delle prove raccolte durante il processo.

Tale valutazione segue regole e criteri individuati dall'ordinamento. Al proposito, di particolare importanza appaiono le disposizioni contenute nell'art. 116 c.p.c., che regolano l'attività del giudice in questa delicata fase del giudizio e che andremo ad esaminare tra breve.

I principi fondamentali in tema di prove

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Preliminarmente, giova ricordare alcuni fondamentali principi del processo civile, in tema di acquisizione delle prove al giudizio.

Innanzitutto, va ricordata la basilare regola dell'onere della prova: in base all'art. 2697 del codice civile, spetta all'attore provare i fatti costitutivi del proprio diritto, mentre sarà il convenuto a dover dimostrare gli eventuali fatti modificativi, impeditivi o estintivi dello stesso.

Detto questo, va anche ricordato che, in base al principio di acquisizione della prova, il giudice è libero di porre a fondamento della propria decisione qualsiasi prova, a prescindere dalla parte che ne abbia proposto l'acquisizione. Ciò vuol dire, in sostanza, che una prova potrebbe anche essere utilizzata a sfavore di chi ne ha chiesto l'ammissione.

Infine, va anche ricordato il principio di disponibilità delle prove, secondo cui i mezzi di prova devono essere acquisiti su richiesta di parte, fatta eccezione per i casi in cui la legge prevede la possibilità di acquisizione d'ufficio, cioè per iniziativa del giudice (cfr. art. 115 c.p.c.).

Il prudente apprezzamento delle prove libere

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Ciò premesso, esaminiamo il contenuto dell'art. 116 c.p.c., che si occupa di regolare l'attività di valutazione delle prove da parte del giudice.

La regola fondamentale, al riguardo, è che il giudice è libero di valutare le prove secondo il proprio prudente apprezzamento.

Ciò significa che, una volta ammesse e assunte le prove, egli può scegliere quale o quali di esse porre a fondamento della decisione finale, in base a un ragionamento che segua le regole di logica e di comune esperienza.

Di tale valutazione, ovviamente, il giudice renderà conto nelle motivazioni della sentenza, spiegando perché abbia considerato determinate prove come dotate di maggior forza di convincimento rispetto ad altre.

Le prove legali

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La regola del prudente apprezzamento del giudice conosce delle eccezioni, poiché vi sono dei casi in cui il valore di una prova non è rimesso alla libera valutazione del giudice (seppure guidata dalle regole della logica e della comune esperienza), ma è predeterminato dalla legge: si tratta delle c.d. prove legali.

È quanto accade, ad esempio, nel caso delle prove documentali come l'atto pubblico oppure nella confessione e nel giuramento: in tali circostanze, il giudice deve di regola dare per provato quanto affermato dal dichiarante, diversamente da quanto accade nella testimonianza (che, invece, è considerata prova libera).

Contegno delle parti e argomenti di prova

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Infine, il secondo comma dell'art. 116 c.p.c. autorizza il giudice a desumere argomenti di prova dalle seguenti circostanze:

  • risposte delle parti in sede di interrogatorio libero (disposto ai sensi dell'art. 117 c.p.c.)
  • rifiuto ingiustificato delle parti a consentire le ispezioni (ordinate ai sensi dell'art. 118 c.p.c.)
  • contegno delle parti nel processo

Al riguardo, va segnalato che la recente legge di riforma del processo civile ha delegato il governo a prevedere "conseguenze processuali e sanzioni pecuniarie" nei seguenti casi:

  • rifiuto non giustificato di consentire l'ispezione di persone o cose ordinata dal giudice, alle parti o a terzi, per conoscere i fatti della causa, ai sensi dell'art. 118 c.p.c.
  • rifiuto o inadempimento non giustificato dell'ordine di esibire in giudizio un documento o un'altra cosa, impartito dal giudice ad una parte o a terzi, su istanza di parte, ai sensi dell'art. 210 c.p.c.

In generale, comunque, va detto che gli argomenti di prova non sono sufficienti, da soli, a fondare la decisione finale del giudice, ma possono servire a quest'ultimo per orientarsi nell'attività di valutazione delle prove acquisite al giudizio.

Sul tema, può essere utile ricordare una pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui, "la norma dettata dall'art. 116, comma 2, c.p.c., nell'abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti nell'interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre «argomenti di prova», e non basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre risultanze" (Cass. civ., n. 443/02).


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