Per la Corte d'Appello di Palermo la presenza di un cortile per ospitare il cane può assumere rilevanza nella valutazione delle caratteristiche essenziali del bene e legittimare la risoluzione del contratto

Acquisto immobile e rilevanza dell'area esterna per ospitare il cane

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Integra una caratteristica "essenziale" dell'abitazione promessa in vendita, la presenza di uno spazio esterno che l'acquirente intende destinare alle esigenze del proprio animale domestico. Pertanto, è corretta la declaratoria di risoluzione del contratto preliminare di vendita laddove emerga successivamente che il cortile promesso in vendita è in realtà uno spazio condominiale, non oggetto di proprietà esclusiva, circostanza che la parte acquirente aveva ignorato in buona fede e che, se avesse conosciuto, l'avrebbe portata a non stipulare il contratto.


Lo ha chiarito la Corte d'Appello di Palermo (Presidente Dott. Daniela Pellingra - Giudice Ausiliario Estensore Avv. Antonino Giunta) nella sentenza

n. 1557 pubblicata il 21 ottobre 2020 (sotto allegata) che ha respinto l'impugnazione del promissario venditore che, a seguito della dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare dichiarata dal Tribunale di Marsala, era stato condannato alla restituzione della somma corrisposta a titolo di caparra confirmatoria, nonché al pagamento di una penale.

Essenzialità del cortile annesso all'abitazione

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Tra i motivi che hanno condotto alla dichiarazione di risoluzione del contratto

preliminare, emerge la mancanza di proprietà esclusiva relativamente a un cortile che era stato promesso in vendita assieme all'appartamento.


Un bene del quale parte acquirente sottolinea l'essenzialità rispetto al bene principale. Infatti, la signora si era impegnata nel rapporto contrattuale nell'interesse della propria figlia (trattandosi di contratto anche per persona da nominare), a cui la casa era destinata, proprio in considerazione dello spazio esterno che avrebbe dovuto ospitare l'animale domestico d'affezione da costei posseduto.


Nonostante, in più occasioni, il venditore avesse rassicurato l'acquirente circa l'esistenza del cortile annesso al fabbricato, senza il quale la signora non avrebbe proceduto all'operazione, veniva accertata la circostanza che la la corte esterna promessa in vendita non avrebbe potuto essere oggetto di trasferimento, trattandosi di spazio condominiale non oggetto di proprietà esclusiva. Presupposti che hanno condotto il Tribunale a dichiarare risolto il preliminare.


Innanzi al Collegio territoriale, il promittente venditore lamenta che parte attrice non abbia fornito la prova né della necessità ed essenzialità di disporre di una corte propria, né del requisito della buona fede in ordine ala mancata conoscenza della proprietà comune del cortile promesso in vendita. Pertanto, a fronte della scarsa importanza dell'inadempimento dell'obbligazione dal medesimo assunta, il giudice avrebbe dovuto semmai disporre la sola riduzione del prezzo di vendita.

Altruità del cespite: va accertata la buona fede dell'acquirente

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In effetti, la Corte d'Appello ritiene che la fattispecie in esame rientri nell'alveo dell'art. 1480 c.c. secondo cui, ai fini della risoluzione per inadempimento, occorre accertare la buona fede dell'acquirente sull'altruità del cespite e che il medesimo non avrebbe proceduto all'acquisto del bene senza quella parte ritenuta essenziale.


Nel caso esaminato, il Tribunale di Marsala, con motivazione che viene ritenuta congrua ed esente da vizi logici ed errori giuridici, ha ritenuto raggiunta la prova in ordine alla sussistenza dei suddetti requisiti. Nel dettaglio l'istruttoria espletata viene ritenuta completa e le testimonianze rese, nel loro complesso, sufficientemente attendibili e tali da aver comprovato, in capo all'appellata, sia la mancata conoscenza della proprietà comune del bene promesso in vendita nonché la circostanza che la medesima non avrebbe proceduto all'acquisto del bene in favore della figlia senza il piccolo spazio esterno annesso al fabbricato.


La Corte territoriale rammenta come "nell'ipotesi in cui una porzione dell'immobile, unitariamente venduto, risulti in comproprietà del venditore e di terzi, l'acquirente in buona fede può chiedere la risoluzione del contratto soltanto qualora provi l'essenzialità, nella concreta economia dell'affare, della parte del bene da lui non acquistata" (cfr. Cass. Civ., 28/11/1981, n. 6355).

Essenziale il cortile esterno per ospitare il cane

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A tal proposito, il collegio giudicante ritiene che la necessità di disporre di uno spazio esterno per le esigenze dell'animale domestico, secondo le aspettative dell'acquirente, sia da ritenersi caratteristica "essenziale" del bene promesso in vendita. Ciò in virtù della tutela del benessere degli animali che, ad oggi, rappresenta un consolidato principio anche alla luce del diritto e della giurisprudenza europea.


Si tratta, dunque, di un interesse con il quale il legislatore, gli amministratori e i giudici sono oggi chiamati a confrontarsi e che può essere sacrificato solo per comprovate esigenze di tutela di altri interessi costituzionali (es. la salute umana) come dimostra anche l'intervento del legislatore nazionale.


Difatti, l'art. 1 della legge n. 281/1991 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), ha sancito l'obbligo dello Stato di promuovere e disciplinare la tutela degli animali di affezione, riconoscendo come "interesse pubblico preminente di rilievo statale" la promozione del benessere e la tutela degli animali d'affezione.


In conclusione, alla luce dell'evoluzione del diritto vivente, la Corte d'Appello ritiene che l'utilizzo di un cespite con un'area esterna, non solo per le esigenze familiari, ma per quelle dell'animale domestico, possa avere rilevanza per valutare le caratteristiche ritenute "essenziali". Il motivo di appello, dunque, non coglie nel segno e deve essere respinto.

Scarica pdf Corte d'Appello Palermo, sentenza n. 1557/2020

Foto: 123rf.com
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