Per la Cassazione, viola il domicilio il soggetto che si introduce con gli amici nella stanza del fratello coabitante: serve il consenso per entrare nel suo spazio esclusivo

Violazione di domicilio

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Con la sentenza n. 31276/2020 (sotto allegata) la Cassazione opera un importante distinzione tra violazione di domicilio il presenza del consenso all'ingresso del convivente e del coabitante, precisando che in caso di coabitazione il consenso all'ingresso da parte di uno dei coabitanti è limitato al suo spazio e agli spazi comuni, non a quelli che sono nel suo godimento esclusivo. Precisazione necessaria nel caso che è giunto all'attenzione degli Ermellini. L'indagato e alcuni amici infatti fanno uno scherzo al fratello del primo ed entrano nella sua stanza.

Peccato che poi lo scherzo degenera, tanto che il Tribunale, in riforma della decisione del Gip, annulla la misura degli arresti domiciliari applicata al all'indagato per il reato di cui all'art. 613 bis c.p. contestato al capo 1), sostituendola con quella che prevede il divieto di avvicinamento alla persona offesa, in relazione al reato di cui all'art. 614 c.p. che punisce la violazione di domicilio, sub 2).

Il Tribunale non ha ritenuto integrato il reato di tortura, bensì quello di violazione di domicilio per la finalità che ha spinto gli agenti a violare il domicilio e non ha ritenuto idonea a giustificare la condotta il fatto che uno dei burloni coabitasse con la persona offesa. Il giudice ha infatti applicato la misura del divieto di avvicinamento, ravvisando un concreto pericolo di reiterazione a causa della gravità dei fatti, della superficialità dimostrata in sede di interrogatorio e della successiva diffusione del video che ha ripreso l'incursione nell'abitazione.

Se l'ingresso in casa altrui è su invito?

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L'indagato si oppone alla misura irrogata e ricorre in Cassazione lamentando la mancata verifica della sussistenza della condizione di procedibilità in relazione al reato di violazione di domicilio per il parziale annullamento del riesame e per l'assenza della querela, richiesta in assenza dell'aggravante. Il ricorrente inoltre fa presente che l'introduzione è avvenuta su invito del coabitante e che lo stesso ha impedito l'uso della violenza da parte degli altri coindagati, trattandosi di uno scherzo, che poi è degenerato, finalità che esclude, a suo dire, l'aggravante.

Violazione di domicilio: differenza tra convivenza e coabitazione

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La Cassazione con la sentenza n. 31276/2020 rigetta il ricorso perché infondato.

Prima di tutto l'indagato non ha censurato l'assenza della condizione di procedibilità, ma la mancata verifica dell'esistenza della querela da parte del Giudice, questione che risulta irrilevante, stante la corretta qualificazione dei fatti ai sensi dell'art. 614 c.p comma 4, che prevede la procedibilità d'ufficio se la violazione di domicilio è commessa con violenza alle cose o alle persone, come nel caso di specie.

Sull'improcedibilità d'ufficio inoltre la cassazione precisa che, stante l'assenza dell'aggravante che richiede la violenza alle cose o alle persone, la Cassazione evidenzia come: "s'appalesa del tutto plausibile che gli agenti abbiano esercitato una violenza anche fisica - rispetto alla quale il ricorrente ha prestato un apporto agevolatore, sorretto quantomeno dal dolo eventuale - atta a vincere lo ius excludendi della medesima nella propria stanza da letto, e non già posto in essere atti violenti successivi all'illecita introduzione."

Per quanto riguarda invece "l'ammissione al domicilio comune da parte del fratello convivente della persona offesa" il Tribunale non ha ritenuto rilevante il consenso all'ingresso, tenuto conto delle condizioni di ritardo mentale e dell'abuso abituale di alcolici da parte di uno dei partecipanti allo scherzo. Il giudice inoltre ha rilevato che in caso di convivenza il diritto di non fare entrare soggetti in casa spetta a ciascuno dei coabitanti e che, considerate le finalità dell'ingresso, il consenso presunto della vittima all'ingresso nella sua camera da parte del fratello e dei suoi amici, deve ritenersi superato.

Come chiarisce infatti la Cassazione "il diritto all'inviolabilità del domicilio spetta a ciascuno dei conviventi e dunque il dissenso espresso o tacito e, comunque, presunto in ipotesi di finalità illecita, di uno solo di essi è sufficiente ad integrare la volontà contraria all'introduzione e quindi, il divieto la cui inosservanza da parte degli altri costituisce il delitto di violazione di domicilio."

Ai fini del consenso occorre inoltre distinguere tra convivenza e coabitazione, in quanto mentre la convivenza designa un rapporto stabile e duraturo da cui scaturiscono reciproci doveri di assistenza morale e materiale, la coabitazione è un mero indizio della convivenza. Trattasi di una situazione di fatto dettata da ragioni di opportunità e convenienza, in cui ognuno ha un proprio ambito personale e inviolabile di godimento.

Per cui il consenso all'ingresso altrui prestato da uno dei coabitanti è limitato agli spazi comuni e a quelli di sua esclusiva spettanza, non potendo estendersi alle parti che si trovano nell'esclusivo godimento altrui come nel caso di specie, in cui la violazione si è realizzata con l'ingresso nella camera da letto della persona offesa.

"Deve, pertanto, affermarsi che, in tema di violazione di domicilio, debbono essere tenute distinte le situazioni di convivenza e di coabitazione: mentre per le prima - caratterizzate da legami affettivi stabili e duraturi, in virtù dei quali siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale - il consenso di uno dei conviventi esprime il consenso tacito degli altri, nelle seconde - connotate da una mera situazione di fatto - viene a definirsi per ciascuno dei coabitanti uno spazio esclusivo, che richiede, al fine di consentirne l'accesso a terzi, il consenso dell'avente diritto."

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