Per il Palazzaccio, le molestie ai condomini legittimano la risoluzione del contratto di locazione. Ex art. 1587 il conduttore deve servirsi del bene con la diligenza del buon padre di famiglia

Obbligazioni del conduttore e diligenza del buon padre di famiglia

L'art. 1587 annovera tra le obbligazioni del conduttore quella di prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto. Anche le molestie provocate ai vicini possono costituire abuso del bene locato e determinare una violazione della norma suddetta. Di conseguenza ciò potrà portare alla risoluzione del contratto d'affitto con conseguente sfratto dell'inquilino.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 22860/2020 (sotto allegata) pronunciandosi in relazione alla vicenda del proprietario di un immobile che aveva ottenuto lo scioglimento del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice. Vicenda che, tra l'altro, ha avuto anche strascichi a livello penale.

La donna aveva molestato i vicini di casa con insulti, imbrattando con vernice le loro porte e addirittura affiggendo all'interno del Condominio dei cartelli con ingiurie nei loro confronti. Un atteggiamento che il proprietario ritiene abbia violato la clausola del contratto che vieta al conduttore di "compiere atti e tenere comportamenti che possano recare molestia agli altri abitanti dello stabile", nonché la previsione di cui all'art. 1587 c.c., che impone al conduttore di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi della cosa locata.

La risoluzione del contratto veniva confermata anche in sede d'appello e per questo la vicenda giunge innanzi agli Ermellini che ritengono a loro volta corretta la decisione del giudice a quo.

Molestie ai vicini costituiscono abuso del bene locato

La Corte di Cassazione, nello sposare la conclusione del giudice di merito, evidenzia come la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 6751/1997) abbia affermato in precedenti pronunce che le molestie ai vicini costituiscono abuso di bene locato in violazione quindi dell'articolo 1587 del codice civile.

Senza dimenticare che il giudice d'appello, inoltre, ha anche confermato l'inadempimento (già proclamato dal Tribunale) del contratto in rapporto al suo articolo 2, prevedente divieto di molestie agli altri abitanti dello stabile. Come si legge nell'ordinanza, il rilievo della condotta della signora ai fini dell'inadempimento dell'obbligo di cui all'art. 1587 n. 1 c.c. è oggetto di valutazione di merito.

Ad abundantiam, la Corte sottolinea come la condotta inadempiente ai fini della risoluzione possa essere integrata anche da un solo episodio, per la gravità dello stesso, che dovrà sempre essere valutato dal giudice di merito.

La vicenda esaminata riveste un importante valore per quanto riguarda i rapporti tra locatori e conduttori, in quanto avalla la possibilità che i primi possano tutelarsi introducendo, ad esempio, clausole nel contratto di locazione a norma delle quali, qualora vengano dimostrate eventuali molestie in ambito condominiale, si determina l'immediata risoluzione del contratto che legittima lo sfratto dall'immobile.

Oltre al rigetto del ricorso, la ricorrente viene condannata a pagare, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n. 22860/2020

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