Cassa Forense non può applicare all'avvocato la sanzione per omessa comunicazione dei redditi se prima non contesta la violazione

Sanzionato avvocato per omessa comunicazione dei redditi professionali

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La Cassazione con la sentenza n. 17702/2020 (sotto allegata), nel rigettare il ricorso di Cassa Forense precisa che questo ente, nell'ambito dei suoi poteri regolamentari, non può sanzionare l'avvocato per omessa o infedele comunicazione dei propri redditi perché le sanzioni possono essere disciplinate solo dalla legge. Nel caso di specie inoltre l'Ente non ha rispettato il procedimento di irrogazione della sanzione, non procedendo alla preventiva contestazione del presunto illecito. La sanzione quindi deve considerasi estinta.

Decisione emessa dagli Ermellini dopo la conferma da parte della Corte d'Appello della sentenza di primo grado, che ha dichiarato l'illegittimità della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dalla Cassa Forense a un avvocato per mancata comunicazione dei redditi professionali.

Per il giudice del gravame, in base a due sentenze della Cassazione, esattamente la n. 9725/2000 e la n. 13545/2008 Cassa Forense non può irrogare sanzioni senza prima aver contestato l'addebito, come previsto dalla legge n. 698/1981. Non rileva che la stessa abbia adottato un proprio regolamento in materia di sanzioni, poiché trattasi di norma di rango secondario che non può derogare alla norma primaria (legge n. 698/1981).

I regolamenti della Cassa possono derogare alla legge n. 689/1981?

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Cassa Forense a questo punto ricorre in Cassazione sollevando un unico motivo di censura con cui denuncia la falsa applicazione di diverse disposizioni di legge, per aver la Corte d'Appello ritenuto inefficaci le norme regolamentari adottate dalla stessa, alla luce dell'ampia delegificazione in favore degli enti che gestiscono forme di previdenza obbligatorie, con la conseguente possibilità, da parte di queste, di derogare alla legge n. 689/1981 per quanto concerne la materia sanzionatoria.

Senza la preventiva contestazione la sanzione si estingue

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La Cassazione con la sentenza n. 17702/2020 dichiara il ricorso infondato e lo rigetta, anche se ritiene che la motivazione della sentenza d'appello debba essere corretta.

Come rilevato da Cassa Forense, la Cassazione ritiene indubbio che con l'entrata in vigore del dlgs n. 537/1993 vi sia stata una sostanziale delegificazione della disciplina contributiva e dei rapporti che intercorrono tra l'ente previdenziale e i loro iscritti. Detta disciplina però è stata affidata ai regolamenti interni di detti entro nei limiti delle loro attribuzioni. Vero quindi che possono dettare disposizioni in deroga alla legge.

E' anche vero però che tale potere è stato riconosciuto per assicurare l'equilibrio di bilancio, tanto che la stessa Cassazione ha riconosciuto come tipici del potere regolamentare i provvedimenti che variano le aliquote contributive ad esempio o che modificano i criteri di determinazione del trattamento pensionistico, non invece quei provvedimenti che sconfinerebbero nelle materie riservate al legislatore.

Ed è proprio in questo quadro che deve essere inquadrata la questione del potere sanzionatorio della Cassa Forense, in relazione al quale rileva l'ampiezza dei poteri che l'art. 4 comma 6 bis del d.l. n. 79/1997 ha riconosciuto a questo ente.

Per quanto riguarda quindi la materia sanzionatoria gli Ermellini precisano che, se all'ente viene riconosciuto il potere di adottare "deliberazioni in materia di regime sanzionatorio nell'ambito del potere di adozione di provvedimenti" è invece estranea "la possibilità di derogare alle disposizioni imperative del procedimento individuato al capo I, sez. II della legge n. 689/1981."

La Corte, al fine di chiarire il perimetro dei poteri sanzionatori della Cassa, precisa che la materia sanzionatoria, in virtù dell'art. 23 della Costituzione "Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge" è evidentemente riservata alla legge. Non è pertanto possibile né che fonti secondarie introducano sanzioni amministrative, né che non prevedano le stesse garanzie previste dalla legge. In questo modo il rischio è che il potere della Pubblica Amministrazione si trasformi in arbitrio.

Ora, tra le varie garanzie che sono previste a tutela del singolo ci sono gli articoli 13 e 14 della legge n. 689/1981 le quali in sostanza impediscono al creditore di poter far valere la propria "pretesa sanzionatoria manifestandola al debitore per la prima volta attraverso il ruolo ed i conseguenti atti dell'esattore, essendo pur sempre necessario che, ove le somme che si tratta di riscuotere non risultino da una precedente dichiarazione del debitore stesso, vi sia stato in precedenza un procedimento specificamente preordinato al loro accertamento, in cui sia consentito alla parte di avere contezza della violazione che le si attribuisce e di prospettare all'ente eventuali errori in cui sia incorso nel ritenere consumata la violazione."

Ne consegue che, in assenza di disciplina specifica della Cassa sul modo di applicare la sanzione amministrativa pecuniaria in caso di omessa o infedele comunicazione dei redditi, occorre applicare le norme imperative sull'accertamento e la contestazione della violazione, la quale prevede appunto la preventiva contestazione dell'addebito, in assenza della quale la sanzione deve considerarsi estinta.

Leggi anche Cassa forense: la guida semplificata

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Foto: 123rf.com
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