Il Tribunale di Chieti ha ordinato a entrambi i genitori divorziati di astenersi dal pubblicare le foto del figlio 17enne in assenza di consenso esplicito dell'interessato

Genitori in lite sulle foto del minore sui social: decide il figlio

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È scontro tra i genitori sulle fotografie del figlio 17enne pubblicate rispettivamente sui social. Tra i due litiganti, in ordine all'opportunità di mostrare le immagini del ragazzo su Facebook o Instagram, l'ultima parola spetta dunque direttamente al minore che potrà esprimere il proprio consenso o meno alla pubblicazione.


Questa è la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Chieti nella sentenza n. 403/2020 (qui sotto allegata) e pubblicata lo scorso 21 luglio, con cui è stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto da una coppia.


Tra le altre cose, nella causa di divorzio, gli ex coniugi si contestano reciprocamente l'inopportuna pubblicazione, sui rispettivi profili social, di alcune foto in cui è presente il figlio di 17 anni. I genitori ritengono che le immagini postate siano lesive per il minore e dunque entrambi chiedono al giudice di ordinarne la rimozione.


Innanzi al conflitto della coppia relativo alla pubblicazione delle fotografie del minorenne, il Tribunale decide di risolvere la questione prescrivendo ad entrambi i genitori di astenersi da dette pubblicazioni "in assenza di consenso esplicito dell'interessato". In pratica, il giudice decide di affidare la scelta direttamente al ragazzo, proprio in relazione all'età dello stesso che consente di dare risalto alla sua volontà per quanto riguarda l'autorizzazione di "postare" le sue fotografie su internet.

Il rilievo dato alla volontà dei minori

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Capita spesso, soprattutto nelle vicende che coinvolgono le relazioni dei genitori, che i giudici decidano di dare rilevanza alla volontà espressa dai figli e stabiliscano l'ascolto dei minori nelle vicende che li riguardino direttamente. In diverse decisioni, infatti, si dà peso all'età, ad esempio al raggiungimento dei 16 anni o anche dei 14 anni.


Il discorso della giurisprudenza di legittimità si è sovente indirizzato nei confronti dei c.d. grandi minori, ovvero quelli prossimi alla maggiore età. Pur essendo ancora minorenne, infatti, chi raggiunge tale età è solitamente in grado di compiere scelte di vita e orientare consapevolmente le proprie decisioni. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di interrompere il percorso scolastico, svolgere attività lavorativa, o addirittura sposarsi (in presenza di determinate condizioni) e riconoscere figli.


Oggi l'età rileva anche per quanto riguarda la vita su internet dei minorenni, soprattutto quelli entrati in una fascia d'età per la quale è consentito autodeterminarsi sotto diversi aspetti. La decisione del Tribunale di Chieti, che coinvolge un 17enne, appare in linea anche con quanto stabilito dal d.lgs. n. 101/2018, provvedimento di recepimento in Italia del regolamento Ue 679/2016 (Gdpr), che fissa a 14 anni la soglia minima per iscriversi a un social network senza il consenso dei genitori.


Nel dettaglio, il provvedimento precisa che "il minore che ha compiuto i quattordici anni può esprimere il consenso al trattamento dei propri dati personali in relazione all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione", mentre "con riguardo a tali servizi, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni (...) è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale".

Le gestione dell'immagine dei minori sui social

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Gli artt. 147 (Doveri verso i figli) e 357 (Funzioni del tutore) del codice civile, impongono ad ambedue i genitori l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. Un dovere che si allarga e abbraccia, indubbiamente, anche la corretta gestione dell'immagine pubblica del minore, in particolare nell'epoca della "digital communication".


Sul punto, la giurisprudenza è intervenuta per tutelare, non solo, l'immagine e la privacy dei minori, ma anche per arginare i rischi più frequenti nel web. La tutela della vita privata e dell'immagine dei minori ha trovato tradizionalmente cittadinanza, nel nostro ordinamento, nell'art. 10 c.c., nel d.lgs. 196/2003 (riguardanti la tutela della riservatezza dei dati personali) nonché nella Convenzione di New York del 20/11/1989, ratificata dall'Italia con legge 176/1991.

Uno scenario normativo che è mutato a seguito dell'evoluzione dei sistemi di diffusione delle immagini legate allo sviluppo del web, come dimostrano le valutazioni contenute nel regolamento UE n. 679/2016 (Gdpr).

Le pronunce dei giudici

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Tanto premesso, non sono affatto rare le pronunce con cui i giudici italiani sono intervenuti per scongiurare pericoli nei confronti dei minori, negando la pubblicazione delle fotografie sui social e ordinandone la rimozione. Come avvenuto in una sentenza del 19 settembre 2017 con cui il Tribunale di Mantova ha ordinato a una madre di non inserire le foto dei figli sui social network e di provvedere alla rimozione di tutte quelle da essa inserite.

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Nel caso di specie, l'inserimento delle immagini avvenuto con l'opposizione di uno dei genitori, è stata ritenuta integrare una violazione dell'art. 10 c.c., nonché del combinato disposto degli artt. 4, 7 ,8 e 145 del d.lgs. 196/2003, nonché degli artt. 1 e 16 della Convenzione di New York.

Il Tribunale di Rieti, in un'ordinanza del 7 marzo 2019 e sempre richiamando la normativa posta a tutela dei minorenni, ha vietato ai nuovi compagni degli ex coniugi di pubblicare, senza il consenso dei genitori, le foto dei minori di anni 14 sui propri profili social.

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Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 23 dicembre 2017, oltre ad ordinare a una madre di provvedere alla rimozione delle immagini del figlio 16enne dai social, ha stabilito che in caso di inottemperanza all'ordine di rimozione o al divieto di successivi post, la donna avrebbe dovuto pagare una sostanziosa sanzione pecuniaria pari a ben 10mila euro al figlio e all'altro coniuge.


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Scarica pdf Tribunale di Chieti, sentenza n. 403/2020

Foto: 123rf.com
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