Per il tribunale di Rimini, la temporaneità dell'avvenimento straordinario e imprevedibile del Covid19 non fa venire meno il contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta

Ricorso ex art. 700 c.p.c. e risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta

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Il Tribunale di Rimini con l'ordinanza del 18 giugno 2020 (sotto allegata) respinge il ricorso ex art. 700 c.p.c. avanzato da una ditta che ha affittato un'azienda alberghiera, finalizzata alla successiva presentazione di una domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, ritenendo che la temporaneità delle misure che hanno impedito alla ricorrente di lavorare nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020, non le hanno impedito di riprendere in seguito l'attività, stante i numerosi interventi del governo messi in atto per aiutare anche gli alberghi. Vediamo nel dettaglio cosa è successo per capire come il giudice è giunto a una simile conclusione.

Una ditta il 24 febbraio 2017 stipula un contratto di locazione alberghiera con una S.a.s, nella città di Rimini, con scadenza 31 marzo 2021. Il canone convenuto dalle parti per l'annualità 01/04/2020- 31/03/2021 è di 90.000 euro più Iva, di cui 10.000 già corrisposti per l'Iva. Il pagamento dei canoni è garantito da quattro fideiussioni rilasciate da un Istituto bancario.

La ditta si rivolge al Tribunale per chiedere, con ricorso 700 c.p.c, di inibire alla banca il pagamento delle fideiussioni. La loro escussione da parte della S.a.s sarebbe illegittima in quanto il contratto di affitto di azienda sarà risolto ai sensi dell'art. 1467 c.c. a causa della sopravvenuta situazione emergenziale causata dal Covid 19.

La ricorrente, per quanto riguarda il fumus bonis iuris, fa presente che le misure di contenimento del Governo per contrastare la diffusione del virus le hanno impedito di esercitare l'attività alberghiera da marzo 2020 fino al deposito del ricorso, a causa delle disdette ricevute dai clienti e che nel 2020, in ogni caso, la stessa non ha aperto l'albergo. La riapertura dell'albergo inoltre, dovendo rispettare le regole igienico sanitarie nel frattempo introdotte, avrebbe comportato una notevole riduzione della capienza della struttura e l'esborso di somme ingenti per l'adeguamento ai protocolli di sicurezza introdotti.

Alla luce delle suddette problematiche la ricorrente espone di voler proporre un'azione di merito finalizzata a ottenere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

Per quanto riguarda invece il periculum in mora la ricorrente fa presente che:

  • l'escussione dell'istituto di credito da parte della S.a.s comporterebbe quella del pegno dei titoli finanziari del titolare da parte della banca e l'azione di regresso da parte del terzo fideiussore;
  • qualora venisse accolta la domanda di merito avrebbe difficoltà a ottenere la restituzione di quanto versato da parte della S.a.s.

In via subordinata chiede il sequestro conservativo fino all'importo di 105.000 euro delle somme che la banca sarebbe obbligata a corrispondere alla S.a.s, in virtù dell'escussione di una o più fideiussioni.

Per la resistente fumus boni iuris e periculum in mora non sussistono

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Il Tribunale fissa l'udienza di comparizione, parte resistente eccepisce l'inopponibilità della documentazione allegata al ricorso e l'inammissibilità-impropobibilità della domanda (preclusa dalla clausola solve et repete di cui all'art. 12 del contratto di affitto di azienda) con cui si chiede di inibire a un soggetto estraneo, come la banca, di pagare le fideiussioni.

Contesta poi la sussistenza del fumus boni iuris perché le fideiussioni garantiscono l'esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali, che vanno al di là del pagamento del canone e che sono svincolate dal contratto di cui controparte vuole chiedere la risoluzione.

Fa poi presente che nel mese di marzo le parti hanno convenuto, proprio alla luce della pandemia, di rivedere gli accordi iniziali differendo il termine di pagamento della rata di aprile 2020 a giugno 2020.

Quanto alla domanda di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta inoltre la resistente fa presente che il Governo ha messo in atto misure di sostegno destinate anche alle attività alberghiere e che durante il lock down la struttura avrebbe potuto accogliere il personale dell'ospedale di Riccione.

Per quanto riguarda poi il periculum in mora la resistente fa presente di aver offerto alla ditta ricorrente la riduzione del canone alberghiero a 65.000 euro e il rilascio anticipato dell'azienda al 10 ottobre 2020, rifiutato da controparte.

Misure Covid19 temporanee: no risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta

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Il giudice, sciolta la riserva, ritiene che la domanda con cui la ricorrente chiede d'impedire il pagamento delle fideiussioni da parte della banca è inammissibile perché rivolta a un soggetto terzo rispetto al giudizio.

Non sussistono inoltre i presupposti nel merito per accogliere il ricorso avanzato nei confronti di controparte per le seguenti ragioni:

  • il pagamento del canone è garantito da fideiussioni "a prima richiesta". La banca ha inoltre assunto l'impegno di provvedere al pagamento anche in presenza di contestazioni in sede giudiziaria o arbitrale e senza alcuna responsabilità relativa all'esistenza, validità o esigibilità del credito garantito;
  • trattandosi di autonomi contratti di garanzia il garante deve pagare il creditore, senza poter opporre le eccezioni che avrebbe potuto contestare il debitore, salvi i casi di dolo. Il debitore infatti può avvalersi dell'exceptio doli solo se allega e dimostra la condotta abusiva del creditore, che sussiste nel caso in cui proceda all'escussione in assenza del credito per recare un danno. Prove che la ditta ricorrente, sia per quanto riguarda la finalità fraudolenta che l'abusività della condotta, per le quali chiede la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, non è stata in grado di fornire.

Il giudice precisa inoltre che la risoluzione del contratto per onerosità sopravvenuta non opera di diritto, spetta al giudicante con sentenza costitutiva, renderla operativa. La volontà da parte del debitore di avvalersene non fa venire meno i suoi obblighi. Egli non può sospendere la prestazione, perché l'obbligazione non si estingue come nel caso d'impossibilità sopravvenuta, così come non ricorre una delle ipotesi contemplate dall'art 1461 c.c. che consentono a uno dei due contraenti di rifiutare o sospendere l'esecuzione degli obblighi che gravano su di lui.

Le parti hanno poi espressamente convenuto nell'art. 12 del contratto di locazione che "l'affittuario non potrà in alcun modo ritardare il pagamento del canone di affitto e non potrà far valere alcuna azione ed eccezione se non dopo aver eseguito il pagamento del canone di affitto ex art 1462 Codice Civile."

Manca quindi la prova della insussistenza dell'obbligazione principale, che renderebbe abusiva la l'escussione della garanzia da parte del debitore.

Il giudice rileva infine come l'allentamento delle misure non impedisce alla ditta di riavviare l'attività. Le restrizioni imposte infatti sono state temporanee, inoltre non vi è motivo di ritenere, dopo che gli spostamenti tra regioni sono state autorizzate, che Rimini possa restare senza turisti.

Peraltro manca anche la prova del fatto che la ricorrente non abbia potuto riaprire l'albergo una volta venute meno le restrizioni. Deve quindi affermarsi che lo squilibrio tra prestazioni, stante la durata temporanea dell'evento che lo ha determinato, non fa venire meno il contratto, che quindi si conserva.

Leggi anche:

- La risoluzione del contratto

- Emergenza Coronavirus e contratti di locazione commerciale

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Scarica pdf ordinanza Tribunale di Rimini 28 giugno 2020

Foto: 123rf.com
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