Per la Suprema Corte, la CTU ha funzione percipiente se verte su elementi già allegati dalla parte. Lo 0,5% di invalidità permanente non ha riscontro né sul piano tabellare né medico legale

Risarcimento del danno e consulenza tecnica d'ufficio

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In materia di risarcimento del danno, può assegnarsi alla tecnica d'ufficio e alle correlate indagini peritali funzione "percipiente", ma a condizione che essa verta su elementi già allegati dalla parte e che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone". Pertanto, anche qualora la CTU possa costituire essa stessa una fonte oggettiva di provare, le parti dovranno comunque dedurre quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 13736/2020 (sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso di una donna vittima di un incidente stradale. Nel dettaglio, la ricorrente era stata investita da un'auto pirata mentre attraversava la strada e risarcita a opera del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

La consulenza tecnica d'ufficio espletata dal medico-legale in primo grado aveva stimato nello 0,5% il postumo di invalidità permanente subito dalla danneggiata. Il Tribunale, giudice del gravame, riteneva però di non riconoscere nulla a titolo di danno biologico, ritenendo lo 0,5% percentuale di invalidità permanente che, "ancor prima che non essere prevista in tabella, non ha riscontro sul piano medico legale".

Omesso esame della CTU

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La danneggiata, a cui erano stati liquidati appena 140 euro in relazione all'invalidità temporanea parziale al 75% per quattro giorni, ricorre in Cassazione ritenendo che la sentenza impugnata si sia "immotivatamente distaccata dalla quantificazione del danno biologico" operata dalla CTU, in particolare nella stima dello 0,5% del postumo di invalidità permanente.

Gli Ermellini precisano che l'omesso esame della CTU sussiste solo quando la sentenza impugnata manchi di indicare le ragioni per cui abbia ritenuto erronei i rilievi del consulente, "ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici utilizzati per addivenire alla decisione contrastante con essi" (cfr. Cass. n. 13922/2016).

Ciò non è avvenuto nel caso di specie, avendo il Tribunale argomentato circa la ragioni che hanno condotto a disattendere le risultanze dell'espletata consulenza, in ragione dell'individuazione di una percentuale (0,5%) di invalidità permanente ignota, oltre che al sistema tabellare, alla stessa medicina legale.

Funzione percipiente alla CTU se verte su elementi allegati dalla parte

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Inoltre, nonostante la CTU avesse riconosciuto un danno emergente consistente nella necessità di ricorrere a trattamento odontoiatrico per la eliminazione del danno dentario patito, nemmeno il consulente aveva ritenuto di poter quantificare tale danno, a conferma, dunque, dell'assenza di elementi documentali allegati dalla danneggiata che consentissero tale operazione.

In argomento va dunque applicato il principio secondo cui, "in tema di risarcimento del danno, è possibile assegnare alla consulenza tecnica d'ufficio e alle correlate indagini peritali funzione percipiente", ma a condizione che "essa verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone" (cfr. Cass. n. 1190/2015).

Pertanto, anche quando la consulenza "può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova", resta pur sempre "necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti" (cfr. Cass. n. 24620/2007).

Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n. 13736/2020

Foto: 123rf.com
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