La situazione italiana e una breve panoramica sugli strumenti finanziari allo studio per mitigare non solo gli effetti economici del Covid-19
di Roberto Paternicò - A dicembre 2019, nel documento di programmazione dei controlli e delle analisi per l'anno 2020, la Corte dei Conti, aveva già delineato la situazione e le prospettive per un anno molto impegnativo nel governo dei conti pubblici.

Le previsioni della Corte dei Conti

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Una situazione economica caratterizzata dalle crescenti incertezze del quadro macroeconomico internazionale derivanti, anche, da pressioni protezionistiche che comportano un deciso rallentamento delle principali economie europee e una negativa dinamica del commercio internazionale nonché un sensibile rallentamento delle attività e debole crescita nell'area euro.

Per l'Italia, le prospettive economiche, già molto al di sotto della media europea, subiranno effetti più importanti. I consumi delle famiglie sono in decelerazione seppur regge, ancora, il mercato del lavoro e con il beneficio della bassa inflazione sul reddito reale disponibile.

Gli investimenti non sembrano in grado di dare un impulso adeguato all'esigenza sempre più vitale di aumentare lo stock di capitale della nostra economia e le insufficienti aspettative della domanda portano le imprese a ridimensionare i piani di produzione e ridurre le scorte di magazzino.

Il rallentamento colpisce, in particolare modo, l'industria manifatturiera nel medio termine per gli adeguati investimenti in ricerca e innovazione, istruzione e formazione di capitale umano, infrastrutture e salvaguardia del territorio, energie rinnovabili e green economy.

La bilancia commerciale con le esportazioni, di converso, mitiga un pò l'insoddisfacente dinamica della domanda interna, ma resta esposta agli effetti delle guerre commerciali in corso e ai fattori di rischio geopolitico.

Tutto ciò si riverbera in misura rilevante, anche, sugli equilibri della finanza pubblica sia sulla spesa per interessi che per l'aumento delle imposte indirette connesse alle "clausole di salvaguardia" con un disavanzo ipotizzato di poco al di sotto del 3% che, per le scelte della "legge di bilancio 2019" (tra cui aggiungerei, anche, il reddito di cittadinanza, quota 100, assunzioni nella P.A., cioè spesa pubblica improduttiva) si assottigliano, ancora di più, i margini di manovra per nuovi interventi.

Il disegno della politica di bilancio per il triennio 2020-2022 del Governo prefigura un orientamento tendenzialmente espansivo, derivante dalla disattivazione delle clausole di salvaguardia e da un'iniziale riduzione del cuneo fiscale e dal sostegno degli investimenti, con un indebitamento di circa il 2,2% del PIL. Per il finanziamento degli interventi si prevedono misure di razionalizzazione della spesa pubblica (dove?); interventi di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali; una riduzione delle spese fiscali, nuove imposte ambientali e altre misure fiscali.

Per quanto concerne il debito pubblico, le previsioni disegnano uno scenario peggiore di quanto previsto in occasione della presentazione del DEF, sia in termini di stock delle passività lorde delle Amministrazioni pubbliche, sia sotto il profilo delle prospettive di breve e medio termine. In ogni caso, le traiettorie del rapporto debito/PIL ipotizzate non rispettano la regola del debito, prevista dalle vigenti normative europee, in nessuna delle varie configurazioni, anche, nel più favorevole criterio delle stime prospettiche (forward looking).

E poi è arrivato il Coronavirus (Covid-19).

Gli strumenti di salvataggio BCE - UE

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Dunque, fermo restando che alcuni Paesi del Sud Europa (membri UE) ne hanno necessità, certamente l'Italia non può farne a meno.

Un breve excursus, quindi, del "panel" degli strumenti economico-finanziari che la UE e/o la BCE potrebbero mettere in campo, seppur con il "no" su alcune soluzioni, da parte di alcuni Paesi del Nord Europa, partecipanti alla UE:

- QE (Quantitative easing) e PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program)

Il QE era già in corso con gli acquisti sul mercato secondario dei titoli di Stato e con l'avvento del Coronavirus saranno aumentati, sulla carta, da parte della BCE con il PEPP (dotazione complessiva di 750 miliardi di euro nella UE sino al termine del 2020). Pare che gli acquisti non seguiranno le regole del "capital key" (acquisti in proporzione alle quote del capitale sociale della BCE detenute dalle rispettive banche centrali nazionali) ma come saranno centrati verso i Paesi che ne hanno più necessità, non è dato sapersi. Gli effetti del QE sui titoli di stato nel mercato secondario ne riducono il rendimento e favoriscono lo Stato nelle nuove emissioni per evitare di applicare interessi elevati per renderli appetibili sul mercato (rischio Paese), diminuendo cosi l'indebitamento. Un rischio Paese che viene, comunque, valutato dalle Agenzie di rating e dagli investitori, anche, sotto altri e vari profili. In breve, la promessa della BCE di acquistare i ns. titoli di Stato nell'ambito dei 750 miliardi di euro stanziati a quanto ammonterà? Da considerare che il nostro fabbisogno nel 2020 dovrebbe superare i 400 miliardi di euro. Come coprire la differenza, chi la comprerà e a quali condizioni?

- MES (Meccanismo europeo di stabilità) e OMT (Outright Monetary Transactions)

Le OMT consistono nell'acquisto diretto, da parte della BCE, di titoli di stato a breve termine emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata. La situazione di difficoltà economica grave e conclamata è identificata dal fatto che il paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario o un programma precauzionale con il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) o con la Struttura Europea per la Stabilità Finanziaria (ESM).

Per poter ricevere gli aiuti dal programma OMT, quindi, è necessario sottoscrivere un "programma di condizionalità" attinente la vigilanza sui bilanci dello Stato, l'applicazione di riforme strutturali e la ristrutturazione del proprio debito pubblico. Quest'ultimo, oltre a costringere a più austerità, é detenuto per circa il 70% dai cd. "residenti", direttamente o indirettamente e circa il 30% da investitori esteri. Pertanto, l'onere ricadrebbe sulle famiglie e imprese italiane, anche, attraverso i fondi di investimento, fondi pensione, polizze assicurative, etc., come una tassa di grandi dimensioni, deprimendo ulteriormente la domanda interna e impoverendo i risparmiatori. Inevitabili perdite, anche, per le banche e con riduzione nell'erogazione del credito e per le aziende di maggiori dimensioni con la possibile perdita di accesso ai mercati finanziari oppure a condizioni penalizzanti.

- Eurobond e Coronabond

L'Eurobond è uno strumento finanziario che, al momento, non esiste e che dovrebbe mettere in comune il debito tra i Paesi UE che richiede, però, politiche fiscali comuni per ripagarlo. Un titolo di debito della UE che non può essere emesso dalla BCE per statuto, bensì, ad esempio, dalla BEI (Banca europea per gli investimenti) nata proprio con lo scopo di finanziare investimenti nei Paesi membri. La BEI potrebbe, anche, porsi come garante di obbligazioni europee emesse singolarmente dagli Stati dell'Unione. Questa soluzione discussa e rimaneggiata nel tempo ha sempre trovato contrari, in genere, i Paesi del Nord Europa, membri della UE.

Con il Coronavirus, nasce l'ipotesi del "Coronabond" e cioè un'obbligazione emessa come per gli Eurobond, ma dedicata, essenzialmente, a due necessità finanziarie. La prima, concerne le spese sanitarie (ospedali, medici, ricerca scientifica, macchinari per la terapia intensiva, strumenti di protezione contro il contagio, etc.), la seconda, per rilanciare l'economia, a seguito dell'emergenza covid-19. La proposta in corso prevede l'emissione di titoli per 500 miliardi di euro (pare non sufficienti), garantiti dalla Banca europea per gli investimenti e anche queste provvidenze sarebbero a debito degli Stati UE. Un debito mutualizzato ma sempre mal digerito come sopra. Ulteriori eventuali soluzioni che potevano essere messe in campo, ma in modo preventivo, avrebbero potuto riguardare i cc.dd. cat-bond/catastrophe bond. Con questi titoli / obbligazioni che sono, in genere e come detto, emessi preventivamente a tutela di eventuali catastrofi o pandemie, gli investitori ricevono importanti interessi sul bond sottoscritto, ma al verificarsi dell'evento per cui sono stati emessi, i Paesi che hanno bisogno di denaro, usano il capitale sottoscritto e gli investitori perdono parte o tutto il capitale investito.

Il patto di stabilità e le misure bancarie

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Il Patto di stabilità per i Paesi UE è sospeso per consentire un maggiore indebitamento degli Stati per far fronte all'emergenza sanitaria e relativi effetti sull'economia e poi dopo l'emergenza, cosa accadrà per il conteggio del nostro debito pubblico?

L'EBA (European Banking Authority - Autorità bancaria europea), ha studiato soluzioni con le banche centrali nazionali per alleviare l'onere operativo degli istituti di credito con ampia flessibilità del quadro normativo di settore, al fine di favorire il finanziamento delle famiglie e delle aziende in difficoltà. Le ispezioni e le scadenze regolamentari vengono rinviate, incluse le verifiche dei prestiti in sofferenza, gli stress-test delle banche e i criteri di vigilanza saranno meno rigidi. Bisognerà capire se le banche, oltre ad acquistare titoli di stato, aumenteranno l'erogazione del credito, più o meno al buio, e se concederanno credito facile in questo periodo, cosa troveranno, poi, nei loro bilanci. Riusciranno a resistere, dovranno essere salvate con il bail-in oppure essere nazionalizzate? In ogni caso, ne risponderà il Paese, in assenza, anche, del completamento dell'unione bancaria europea con la creazione di un sostegno al Fondo di risoluzione unico.

Le Banche centrali possono risolvere il debito pubblico?

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La nota 7 a pag.14 del documento n° 169 della BCE (aprile 2016) dal titolo "Profit distribution and loss coverage rules for central banks" recita testualmente: "Le banche centrali sono protette contro l'insolvenza a causa della loro capacità di creare denaro e possono perciò operare con patrimonio netto negativo".

Come ci illumina Standard& Poor's sull'argomento "Le banche centrali di solito hanno un capitale proprio nel loro bilancio, che viene generalmente fornito dal governo ma a volte comprende conferimenti di capitale effettuati dalle banche commerciali con le quali tratta. Ma il capitale di un banca centrale, pur avendo qualche significato di "economia politica", ha poca importanza economica, essendo poco più di un saldo residuo.

Ad esempio, se una banca centrale (come la Federal Reserve), ai fini di politica monetaria, decide di vendere le attività che aveva accumulato con gli alleggerimenti quantitativi ed incorre in perdite su tali vendite, come se cancellasse il suo capitale, il risultato sarebbe una voce in bilancio prima positiva che "gira" e diventa negativa.

Ma, salvo che con una possibile eccezione, ciò non avrebbe alcun impatto sulla capacità della banca centrale di adempiere le sue principali funzioni: può ancora emettere moneta; può ancora acquistare attività attraverso la creazione di riserve o creare riserve prestandole alle banche; può ancora determinare una politica sui tassi (tra cui un tasso di interesse sulle riserve)".

Pertanto, emettendo moneta, prestandola o acquistando attività, una Banca Centrale é al riparo dall'insolvenza, anche, quando abbia un patrimonio netto negativo.

Continua il documento: "L'eccezione è il caso estremo nel quale il valore delle attività che la banca centrale detiene diventa inferiore alla quantità di riserve in eccesso precedentemente creata e che ora vuole e deve estinguere al fine di restringere la politica monetaria.

In altre parole, è ipotizzabile che la banca centrale possa trovarsi senza risorse sufficienti per drenare le riserve in eccesso che aveva creato in precedenza e quindi rischiare di perdere il controllo monetario.

Ma ci sarebbe una facile via d'uscita: il governo potrebbe ricapitalizzare la banca centrale emettendo obbligazioni per farlo, ripristinando il suo capitale (sul lato destro del suo bilancio) e dandogli le attività (sul lato sinistro), che la banca centrale potrebbe quindi utilizzare vendendole ed estinguere le riserve in eccesso.

In alternativa, il governo potrebbe emettere obbligazioni direttamente al pubblico, il che drenerebbe le riserve e aumenterebbe i depositi del governo presso la banca centrale, e quindi convertire i depositi in capitale della banca centrale (un esercizio di contabilità)".

Per tutto ciò, ovviamente, é necessaria la volontà politica e come avvalorato da molti economisti, le Banche Centrali potrebbero finanziare, a tempo indeterminato e/o determinato, i governi senza dover ottenere profitti bensì creando solo moneta. Governi, teoricamente, senza default.

Se tecnicamente tutto ciò è possibile, vuol dire che i mali dell'Unione europea risiedono negli interessi politici contrastanti e divergenti dei loro partecipanti.

Cosa sarà della UE e dell'Italia?

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Tutti gli scenari e le soluzioni sono aperte. Una UE che si disgregherà, riscriverà le regole, diventerà uno Stato (es.confederato) o altro? Chissà? Certo, il banco di prova sembra essere arrivato, ma in ogni caso, pare proprio che in Italia "the song remain the same".

Assibot

Foto: 123rf.com
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