Analisi della disciplina dei reati ministeriali e della responsabilità penale dei ministri. Focus sul caso Gregoretti e le sue possibili evoluzioni
Avv. Cristiana Cangelosi - La disciplina della responsabilità penale ministeriale è stata radicalmente modificata dalla L. cost. del 16 gennaio 1989 n. 1, incidendo sulla formulazione di cui all'art. 96 Cost.

Infatti, prima della modifica intervenuta, anche i reati ministeriali rientravano nella cd. giustizia politica. Era, dunque, prevista la messa in stato d'accusa, da parte del Parlamento in seduta comune, del Presidente del Consiglio dei ministri o degli stessi ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni e la decisione su tali accuse aveva luogo di fronte alla Corte Costituzionale, analogamente a quanto previsto relativamente al procedimento i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione commessi dal Presidente della Repubblica.

L'art. 96 della Costituzione

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La nuova formulazione dell'art. 96 Cost. prevede ora l'investitura in capo alla magistratura ordinaria della competenza a giudicare dei reati ministeriali, previa autorizzazione da parte del Senato o della Camera dei Deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

L'art. 5 della citata legge costituzionale del 1989 stabilisce che l'autorizzazione a procedere spetta alla Camera di appartenenza se il membro del Governo nei cui confronti si deve procedere è anche deputato o senatore; diversamente, spetta al Senato se si procede nei confronti di soggetti non membri delle Camere.

Quali sono i reati ministeriali

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I reati ministeriali sono definiti come quei reati nei quali la condotta è riconducibile alla competenza funzionale dell'autore del fatto, non essendo sufficiente il fatto di rivestire la carica di Ministro a definire il reato come ministeriale e assicurare la suddetta procedura.

La qualificazione del reato come ministeriale o meno spetta, anzi, al pubblico ministero - anche se in passato, la Corte Costituzionale (sent. 241/2009) ha ritenuto che il Tribunale dei Ministri non potesse decidere autonomamente se il reato fosse o meno ministeriale senza investire del problema il Parlamento -, mentre in capo alle Camere permane la sola valutazione circa la sussistenza delle condizioni per concedere o meno l'autorizzazione a procedere, laddove questa sia stata richiesta, per il tramite del Procuratore della Repubblica, dal Tribunale dei Ministri.

Il Tribunale dei Ministri competente per la fase istruttoria dei procedimenti per reati ministeriali è istituito presso il tribunale del capoluogo di distretto di ogni Corte d'Appello e, una volta ricevuta la notizia di reato da parte del Procuratore, svolge le indagini preliminari, godendo degli stessi poteri del pubblico ministero. Indagini che devono essere portate a conclusione entro 90 giorni, al termine dei quali il Tribunale dei Ministri può chiedere l'archiviazione o, diversamente, l'autorizzazione a procedere alla Camera competente.

La procedura di diniego o concessione dell'autorizzazione a procedere

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A tal punto, nel caso di richiesta alle Camere, dell'autorizzazione a procedere, è previsto l'intervento istruttorio della Giunta competente per la garanzia delle prerogative parlamentari che, dopo aver ascoltato l'interessato, propone all'Assemblea la concessione o il diniego dell'autorizzazione a procedere. Si tenga conto che, fino al termine della discussione, possono essere formulate, da almeno venti senatori o da venti deputati o, solo alla Camera, da uno o più Presidenti di Gruppi, proposte in difformità dalle conclusioni cui è arrivata la Giunta.

Qualora la Giunta proponga la concessione dell'autorizzazione e vi sia l'assenza di proposte difformi, si intendono senza dubbio approvate le conclusioni della Giunta; diversamente, nel caso in cui siano presenti proposte di diniego dell'autorizzazione da parte della Giunta o dei soggetti succitati, tali proposte sono poste in votazione e s'intenderanno respinte nel caso in cui in Assemblea non si consegua il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Tuttavia, si potrà pervenire anche ad una decisione insindacabile di diniego, presa sempre a maggioranza assoluta, all'autorizzazione a procedere, nel caso in cui si ritenga che l'inquisito abbia agito "per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo". Il diniego dell'autorizzazione comporta l'obbligo per il tribunale di disporre l'archiviazione.

Al contrario, la sua concessione comporterà la prosecuzione del procedimento penale dinanzi al giudice ordinario, seguendo le regole proprie del codice di procedura penale.

Il caso Gregoretti

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La procedura, così come sopra esaminata, serve così meglio a comprendere l'iter utilizzato per arrivare alla decisione dell'Aula del Senato di mandare a processo Matteo Salvini, relativamente al caso Gregoretti.

Il Tribunale dei Ministri di Catania, nonostante vi fosse stata in precedenza una richiesta di archiviazione inoltrata dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, ha imputato a Matteo Salvini, nella sua qualità di ex Ministro dell'Interno, il reato di sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall'abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché dall'aver agito in danno di minori, ex art. 605, commi primo, secondo, numero 2, e terzo, c.p., nei confronti dei 131 migranti che erano a bordo del pattugliatore della Guardia Costiera attraccato per giorni al porto di Augusta nel luglio 2019.

Ha, pertanto, richiesto l'autorizzazione a procedere al Senato che, con valutazione insindacabile, così come recita l'art. 9 della l. cost. 1/1989, potrà concederla ovvero negarla qualora il reato abbia trovato ragione giustificatrice in un'inevitabile necessità di ordine costituzionale superiore.

L'Aula del Senato ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del leader della Lega per il caso Gregoretti, dando il via libero al giudizio. La proposta di diniego della suddetta autorizzazione, a firma di FI e Fdl, che avrebbe avuto lo scopo di ribaltare la decisione presa dalla Giunta per le immunità parlamentari e di negare così la richiesta di autorizzazione a procedere della magistratura, è stata respinta non avendo ottenuto il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti della Camera competente.

Pertanto, il Tribunale dei Ministri ritrasmetterà tutti gli atti al Procuratore Zuccaro per la prosecuzione del procedimento contro l'ex titolare del Viminale e sarà, dunque, il pm a dover sollecitare obbligatoriamente il rinvio a giudizio.

Nulla impedirà che, tuttavia, all'udienza preliminare, il Gup - che non può essere uno di quei magistrati componenti del Tribunale dei Ministri che hanno svolto le indagini sul leader del Carroccio, per asserita incompatibilità ex art. 34 cpp - disponga con sentenza il non luogo a procedere nei confronti del leader della Lega, laddove ritenga che non vi siano elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio. In caso contrario, deciderà con decreto il rinvio a giudizio e il processo proseguirà nelle forme ordinarie previste dal nostro codice di procedura penale.


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