Per la Cassazione, non si può licenziare il lavoratore che dorme sul posto di lavoro se dal fatto concreto emerge che tale condotta non integra abbandono della postazione

di Annamaria Villafrate - Reintegrato e risarcito il lavoratore beccato a dormire sul posto di lavoro. Questa la decisione presa dalla Cassazione con la sentenza n. 25573/2019 (sotto allegata) che, avallando la ricostruzione dei giudici di merito, ha escluso che la condotta del lavoratore integrasse abbandono del posto del lavoro punito dal contratto collettivo con il licenziamento. Il lavoratore infatti si è addormentato su un divano all'interno di un padiglione, da cui poteva vedere lo stand da sorvegliare. Sul posto inoltre erano presenti altre tre guardie, il che esclude una precisa volontà, come invece affermato dalla datrice, di allontanarsi dal posto di lavoro per dormire indisturbato.

Il ricorso della guardia giurata

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Con ricorso una guardia giurata alle dipendenze di una S.p.A impugna il licenziamento per giusta causa

intimatogli dalla datrice di lavoro perché presentatosi in servizio con circa mezz'ora di ritardo e per la riscontrata assenza nella postazione di servizio assegnata, perché trovato mentre dormiva su di un divano. Il lavoratore precisa di aver avvertito la direzione del ritardo, che quindi lo ha autorizzato a prendere servizio alle ore 00.30 anziché alle 24:00 del giorno precedente. Deduce inoltre la sproporzione della sanzione comminata. La fattispecie contestata non rientra tra le ipotesi previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro per giusta causa di licenziamento. Il fatto addebitatogli non integra infatti l'abbandono del posto di lavoro.

Per il giudice di primo grado il licenziamento è illegittimo

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Il giudice di primo grado dichiara illegittimo il licenziamento e condanna la convenuta alla reintegra dell'attore nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Costui ritiene provati i fatti dichiarati dal ricorrente in relazione al giustificato ritardo rispetto ed esclude l'abbandono del posto di lavoro contestato. Il comportamento del dipendente deve piuttosto configurarsi come "addormentamento in servizio" che il C.C.N.L. della vigilanza privata punisce con sospensione dal servizio e della retribuzione. Risulta infine sproporzionata la sanzione espulsiva, considerato che il padiglione da vigilare aveva porte chiuse ed era sorvegliato da altre due guardie giurate.

Per la Corte d'Appello non c'è abbandono del posto di lavoro

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La datrice di lavoro soccombente appella la sentenza, ma il giudice del gravame respinge l'impugnazione. Per la Corte territoriale non può contestarsi al lavoratore "il totale distacco dal bene da proteggere richiesto dalla giurisprudenza per poter configurare l'abbandono del posto di lavoro" per la presenza anche di altre due guardie giurate poste a sorveglianza di altri due stand, e di una terza addetta all'intero padiglione. La presenza del dipendente all'interno del padiglione di uno stand adiacente, da cui poteva vedere lo stand da sorvegliare, esclude la coscienza e la volontà di non svolgere il proprio lavoro, contrariamente a quanto sostenuto dalla datrice, per la quale "il lavoratore si era allontanato con il preciso intento di dormire senza essere disturbato", senza però fornire prova alcuna di questi fatti, non dimostrabili per presunzione.

La Corte veneziana disattende anche il motivo di gravame sulla proporzionalità tra condotta e licenziamento. L'appellante non ha inoltre fornito la prova relativa alle specifiche consegne alla guardia giurata "sulle modalità di svolgimento del proprio turno di lavoro, sicché poteva anche ammettersi una certa elasticità nella sua esecuzione, essendo il dipendente comunque rimasto sempre nelle vicinanze dello stand." Dato che rende meno "macroscopica" la lesione del vincolo fiduciario addotta dalla datrice e la legittima aspettativa di un corretto adempimento della prestazione futura, per non parlare dei precedenti 14 anni di servizio, senza sanzione, che rendono sproporzionata la misura del licenziamento. La datrice però non si arrende e impugna la sentenza in Cassazione. Al ricorso resiste il dipendente con contro-ricorso.

Chi dorme non può essere licenziato se non abbandona il posto di lavoro

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La Cassazione civile, Sezione Lavoro, con sentenza n. 25573/2019 rigetta però il ricorso della società datrice ricorrente. Per quanto riguarda il secondo motivo del ricorso, in particolare, con cui la datrice ha contestato alla Corte d'Appello di non aver ricondotto la condotta del lavoratore alla fattispecie dell'abbandono del posto di lavoro, gli Ermellini precisano che:" accertato in punto di fatto dai giudici di merito, del tutto corrette appaiono anche le conseguenti argomentazioni in diritto, circa gli estremi dell'abbandono del posto di lavoro, di cui all'art. 140 del c.c.n.l. Istituti di vigilanza, ravvisabile soltanto in presenza di una duplice connotazione, oggettiva, per cui, dovendosi identificare l'abbandono nel totale distacco dal bene da proteggere (o, se si vuole, nella completa dismissione della condotta di protezione) rileva l'intensità dell'inadempimento agli obblighi di sorveglianza, e soggettiva, consistente nella coscienza e volontà della condotta di abbandono indipendentemente dalle finalità perseguite e salva la configurabilità di cause scriminanti, restando irrilevante il motivo dell'allontanamento. In particolare, la Corte di merito ha escluso che nel caso di specie potesse sussistere l'anzidetto elemento oggettivo, non risultando d'altro canto provato anche il pur necessario elemento soggettivo. Una volta, pertanto ridimensionato l'accaduto, con esclusione dell'abbandono del posto di lavoro, sanzionato dalla contrattazione collettiva con il licenziamento per giusta causa, i giudici di merito hanno inoltre evidenziato una serie di circostanze tali da indurre a ritenere comunque la sproporzione tra il riscontrato addormentamento in servizio ed il recesso per contro intimato, non contemplato dalla stessa contrattazione per tale ipotesi, per la quale era prevista invece la sola sanzione conservativa della sospensione dalla retribuzione e dal servizio da uno a sei giorni."

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Scarica pdf sentenza Cassazione n. 25573-2019

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