Il malcostume di non pagare l'avvocato deve far riflettere i "furbetti", ma anche i professionisti che si fanno fregare dai clienti

di Annamaria Villafrate - Non esiste sensazione più sgradevole di sentirsi sfruttati. A tutti sarà capitato nella vita d'incontrare qualcuno che gli ha fatto provare questo sentimento negativo. Il fatto è che, se a farlo è un amico o un parente, il filtro dell'affetto rende più facile accettare questi comportamenti. Il problema si fa decisamente più complicato quando questo abuso viene commesso ai danni del proprio lavoro che comporta tempo e fatica. Lo sanno bene gli avvocati, una delle categorie professionali più penalizzate da questo punto di vista, da clienti che non si fanno il minimo scrupolo a intraprendere cause o a chiedere consulenze, a costo zero, senza anticipare alcunché. Da quando è iniziata la crisi, se non si riesce a pagare l'avvocato, chissà perché la colpa è sempre e solo della recessione. In realtà non sempre è così. Si tratta piuttosto di una prassi che stranamente colpisce gli avvocati. Come se il loro tempo non valesse quanto quello di altri professionisti. Meno male che c'è la Cassazione, che ha condannato per il reato di appropriazione indebita un cliente che non ha pagato la parcella al suo avvocato.

Detto questo, quali le soluzioni a questo problema?

Rifarsi il seno è più importante della parcella

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Proprio di questi giorni la notizia di una ballerina che, dopo essersi rivolta all'avvocato, che le ha fatto ottenere un giusto risarcimento per i danni riportati a causa di un incidente, una volta arrivata la somma dall'assicurazione, invece di pagare chi, quei soldi li ha ottenuti dopo cinque anni di lavoro, se li è spesi per un intervento di chirurgia estetica.

Ora, va bene la crisi, ma una volta che si riceve un risarcimento, una parte la si potrà pure destinare al povero avvocato, che magari ha dovuto sorbirsi telefonate e incontri interminabili ed estenuanti con il liquidatore o, nel peggiore dei casi, ha dovuto perfino fare causa, per ottenere qualche soldo per il cliente, magari anticipando anche le spese per conto di quest'ultimo.

Questa è solo una delle tante vicende che colpisce la categoria, che fatica persino a farsi pagare dallo Stato quando accetta di svolgere il proprio incarico per quei soggetti che, privi di reddito, sono ammessi al gratuito patrocino.

Non pagare la parcella è reato di appropriazione indebita

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Una vitaccia insomma quella degli avvocati. Per fortuna qualche volta la giustizia, che è alla base del loro lavoro, bussa anche alla loro porta. Come è accaduto nel 2018, quando la Cassazione, con la sentenza

n. 20117/2018 ha condannato per appropriazione indebita un cliente, che aveva tenuto tutto per se non solo il risarcimento, ma anche le somme di spettanza dell'avvocato erogate dall'assicurazione. Gli Ermellini sono giunti a questa conclusione condividendo pienamente la decisione della corte d'appello che "ha fatto applicazione del principio in forza del quale il soggetto che abbia ricevuto una somma in denaro, appartenente a terzi, con l'obbligo di trasferirla all'avente diritto, ove non provveda alla restituzione della somma risponde del delitto di appropriazione indebita, quand'anche possa vantare ragioni di credito nei confronti del terzo (circostanza che nella specie, peraltro, non ricorreva, né poteva dirsi che il difensore nel richiedere la somma versata dall'assicuratore intendesse soddisfare un credito vantato direttamente nei

confronti del (cliente), trattandosi di autonomo rapporto obbligatorio tra il professionista e l'assicuratore." Una bella soddisfazione insomma per l'avvocato in questione, anche se per recuperare 500 euro di parcella ha dovuto perdere tempo e soprattutto altro denaro.

Impossibile farsi pagare?

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C'è un rimedio a tutto questo? Stando ai racconti di tanti poveri avvocati, costretti, a causa delle contestazioni delle parcelle, a chiedere il parere di congruità al proprio consiglio dell'ordine, pare di no, anche perché i clienti, il più delle volte dimostrano un'inventiva davvero sorprendente. C'è quello che rimanda continuamente l'appuntamento per pagare la parcella, inventandosi le scuse più improbabili, c'è il latitante, che ottenuto il risultato sparisce senza lasciare traccia di se, per non parlare di quelli che si fanno negare al telefono o quelli che cambiano continuamente difensore, pensando che, siccome non li ha difesi fino in fondo, il lavoro fatto fino alla revoca del mandato, non debba essere compensato. Si potrebbe scrivere un libro, anche bello corposo, sulle scuse raccontate dai clienti degli avvocati, per non pagarli.

Il fatto è che, non c'è un carnefice se non c'è una vittima. Non è tempo di fare gli sprovveduti. Dai dati e dagli studi che periodicamente vengono fatti sull'avvocatura e sulla sua condizione, infatti, è chiaro che la categoria, un po' per il soprannumero dei professionisti, un po' perché gli italiani hanno la fama di "furbetti", gli avvocati devono trovare il modo di non farsi fregare. Come? Prima di tutto chiedendo gli anticipi necessari per le spese vive che il professionista dovrà sostenere, per evitare di non riuscire a recuperare neppure queste e poi chiedendo periodicamente degli acconti, per poter continuare a lavorare in serenità.

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