Per le Sezioni Unite il diritto alla reversibilità spetta in caso di titolarità attuale e di concreta fruizione dell'assegno divorzile alla morte dell'ex coniuge

di Lucia Izzo - Non spetta la pensione di reversibilità all'ex coniuge che ha percepito l'assegno divorzile in unica soluzione. La prestazione previdenziale, infatti, richiede la titolarità attuale e la concreta fruizione dell'assegno divorzile e non una titolarità astratta del diritto che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un'unica soluzione.


La corresponsione dell'assegno "una tantum", infatti, preclude la proponibilità di qualsiasi successiva domanda di contenuto economico da parte del coniuge beneficiario: si prende atto che il diritto all'assegno divorzile è stato definitivamente soddisfatto e che non esiste, alla morte dell'ex coniuge, una situazione di contribuzione economica periodica e attuale che vien a mancare.


In sostanza, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità che è dato dal presupposto solidaristico finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell'ex coniuge.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 22434/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di una signora che si era vista negare il diritto a una quota della pensione di reversibilità all'ex coniuge in quanto aveva percepito in unica soluzione l'assegno divorzile.

Il caso

In base alla disposizione di cui all'art. 9, comma 3, della legge n. 898/1970 (come sostituito dall'art. 13 della legge n. 74/1987), al coniuge nei confronti del quale sia stata pronunciata la sentenza di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5 della legge n. 898/1970, spetta il concorso sulla pensione di reversibilità, tenuto conto della durata del rapporto.


Secondo la Corte di appello, tuttavia, il requisito della titolarità dell'assegno avrebbe dovuto essere attuale ovvero, al momento del sorgere del diritto alla pensione di reversibilità, sarebbe dovuta essere in atto una prestazione periodica in favore dell'ex coniuge.


In Cassazione, la signora contesta tale conclusione ritenendo che il giudice a quo abbia errato ad assimilare la funzione dei due istituti: l'assegno divorzile, infatti, avrebbe natura esclusivamente assistenziale, fondata sulla solidarietà post-coniugale e intesa a garantire mezzi adeguati all'ex coniuge al fine di consentirgli una tendenziale conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio


Invece, il diritto dell'ex coniuge alla pensione di reversibilità avrebbe natura previdenziale e non costituirebbe la continuazione dell'assegno divorzile stante la sostanziale diversità nei criteri di attribuzione e di determinazione. Pertanto la ricorrente ritiene che la corresponsione una tantum dell'assegno divorzile non avrebbe scalfito il suo diritto alla reversibilità.

Reversibilità: la titolarità dell'assegno divorzile deve essere attuale

La Suprema Corte rileva come il ricorso si basi fondamentalmente sulla sentenza delle Sezioni Unite n. 159/1998, pronuncia che risolse diverse questioni interpretative alla luce del novellato terzo comma dell'art. 9 della legge n. 898/1970. Tuttavia, i contenuti del provvedimento, che pure ha avuto seguito nella giurisprudenza, sono stati in parte rivisti creando contrasti giurisprudenziali.


Partendo proprio dall'esame della giurisprudenza successiva alla citata pronuncia del '98, le Sezioni Unite ritengono che l'espressione testuale "titolare dell'assegno" di divorzio, di cui al citato terzo comma dell'art. 9 nel testo in vigore, valorizzi il significato della titolarità come condizione che vive e si qualifica nell'attualità.


Se infatti, spiegano i giudici, la finalità del legislatore è quella di sovvenire a una situazione di deficit economico derivante dalla morte dell'avente diritto alla pensione, l'indice per riconoscere l'operatività in concreto di tale finalità è quello dell'attualità della contribuzione economica venuta a mancare.


Tale attualità si presume per il coniuge superstite ed è attestata dalla titolarità dell'assegno, intesa come fruizione attuale di una somma periodicamente versata all'ex coniuge come contributo al suo mantenimento.

Niente reversibilità all'ex che ha percepito l'assegno divorzile in unica soluzione

L'assegno di reversibilità, spiegano i giudici, non costituisce la mera continuazione post mortem dell'assegno di divorzio, ma si giustifica con le stesse ragioni che giustificavano il sostegno economico all'ex coniuge, mediante la corresponsione dell'assegno divorzile.


Il quantum, in caso di concorso con il diritto del coniuge superstite, sarà invece modulato sulla base della verifica giudiziale diretta ad accertare gli elementi che conducono a una ripartizione equa fra gli aventi diritto.


Pertanto, concludono le Sezioni Unite, deve affermarsi il principio di diritto per cui "ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ai sensi dell'articolo 9 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, nel testo modificato dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987 n. 74, la titolarità dell'assegno, di cui all'articolo 5 della stessa legge 1 dicembre 1970 n. 898, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno divorzile, al momento della morte dell'ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un'unica soluzione".

Cass., Sezioni Unite, sent. n. 22434/2018

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