Due facce della stessa medaglia, straining e mobbing rappresentano un'insieme di comportamenti ostili in ambiente lavorativo, potenzialmente dannosi per la salute del dipendente
Avv. Francesco Pandolfi - Prosegue la scia di sentenze che offrono una visione d'insieme delle vicende patologiche nei rapporti di lavoro e che riconoscono lo straining come una forma ridotta di mobbing in quell'ambito, ciò a prescindere dalla qualificazione data dei due fenomeni negli scritti difensivi in un processo.

L'ultima tra queste pronunce è la sentenza n. 18164 del 10 luglio 2018 della Corte Suprema di Cassazione Sezione Lavoro (sotto allegata).

Mobbing e straining: la Cassazione

La lettura di questa importante sentenza ci dice che è la sostanza della vicenda che importa ai fini del decidere, non tanto la descrizione letterale che del fenomeno si da all'interno di un ricorso o di qualsiasi altro scritto difensivo a sostegno delle ragioni del dipendente leso da condotte vessatorie, più o meno intense.

Dice infatti la Sezione Lavoro della Cassazione che lo straining non è altro che una forma attenuata di mobbing nella quale non si nota il carattere della continuità delle azioni vessatorie, azioni che, nel caso diano origine ad un danno all'integrità psico fisica del lavoratore, giustificano una pretesa risarcitoria basata sull'art. 2087 c.c.

In buona sostanza: si adoperano differenti qualificazioni di tipo medico legale (straining e mobbing) solo per identificare comportamenti ostili potenzialmente idonei ad incidere sulla salute del dipendente, essendo il datore di lavoro tenuto ad evitare situazioni stressogene dannose.

L'intepretazione dell'art. 2087 c.c.

La pronuncia in commento segnala che da tempo ormai dell'art. 2087 c.c. (tutela delle condizioni di lavoro da parte dell'imprenditore) è stata data una lettura ampia ed estensiva, costituzionalmente orientata al rispetto dei beni essenziali quali il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli artt. 32, 41 e 2 della Costituzione.

Come qualificare la domanda in causa?

Nella causa qui commentata si è posto il problema della qualificazione della domanda e della possibile violazione dell'art. 112 c.p.c.

In altri termini: qualificare la fattispecie come straining, indicando come tale la condotta ostile del datore, mentre nel ricorso si da riferimento al mobbing, viola il principio posto dall'art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato?

Ebbene, la Corte ha risposto di no.

Si tratta, in effetti, di utilizzare differenti nozioni di tipo medico legale che aiutano a descrivere nel suo insieme il comportamento datoriale ostile e dannoso verso il dipendente.

In pratica

Quando nel ricorso la condotta viene descritta come mobbing, ciò non esclude che essa possa essere valutata come straining.

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Cassazione n. 18164/2018
Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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