Presupposti e caratteri della contestazione, il diritto di difesa del lavoratore, le sanzioni applicabili e i rimedi a disposizione del lavoratore

Avv. Marco Sicolo - Il datore di lavoro ha il potere di instaurare un procedimento disciplinare ogni qual volta uno dei suoi dipendenti venga meno ai doveri derivanti dal contratto.

Tale procedimento deve seguire delle regole ben precise e può sfociare nell'irrogazione delle sanzioni previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Vediamo:

L'affissione del codice disciplinare

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Il presupposto fondamentale per l'avvio di un procedimento disciplinare è la redazione di un codice disciplinare aziendale e la sua affissione nei locali dell'azienda. Il regolamento deve contenere le disposizioni relative alle procedure e alle sanzioni applicabili in caso di infrazione, in conformità con quanto previsto dal contratto collettivo di riferimento.

Tale pubblicazione deve necessariamente precedere il verificarsi dell'evento addebitato al lavoratore. In caso contrario, il procedimento eventualmente avviato dovrà considerarsi nullo, e la contestazione non potrà essere rinnovata.

Fa eccezione, per consolidata giurisprudenza, la sanzione disciplinare del licenziamento, che può essere applicata anche in assenza di previa affissione del codice disciplina, poiché trova il suo fondamento direttamente nel codice civile (giusta causa ex art. 2119 c.c.) e nella l. 604/1966 (giustificato motivo).

La contestazione dell'addebito

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In base allo Statuto dei Lavoratori (l. 300/1970), il datore di lavoro deve contestare l'addebito al lavoratore necessariamente per iscritto, entro un tempo ragionevole dal verificarsi dell'evento, per assicurare a quest'ultimo un effettivo esercizio del suo diritto di difesa.

La contestazione deve essere sufficientemente precisa e circostanziata e non può essere preceduta da indagini da parte del datore di lavoro, se non nella misura necessaria a decidere di avviare la procedura disciplinare.

Le difese da parte del lavoratore

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Il lavoratore ha cinque giorni di tempo per presentare le proprie giustificazioni, in forma orale o scritta, trascorsi i quali il datore ha facoltà di applicare la sanzione che ritenga più opportuna.

È in facoltà del lavoratore farsi assistere da un legale o da un rappresentante sindacale.

Il contratto collettivo può prevedere un termine più lungo a favore del lavoratore. Resta ferma, anche in caso di mancata presentazione delle giustificazioni, la possibilità di impugnare l'eventuale provvedimento sanzionatorio.

Se il datore procede all'irrogazione della sanzione senza aver ascoltato la difesa del lavoratore, il provvedimento sarà da considerarsi nullo.

Le sanzioni applicabili

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Le sanzioni possibili sono le seguenti: rimprovero verbale, richiamo scritto, multa, sospensione e licenziamento.

A seconda del comparto di appartenenza, le sanzioni previste dal contratto collettivo possono articolarsi in maniera differente, ma sono previsti alcuni limiti massimi. Ad esempio, la multa non può superare un importo pari a 4 ore di retribuzione, mentre la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione non può superare i dieci giorni.

Diverso è il caso della sospensione cautelare del lavoratore, che non è una sanzione disciplinare e può essere stabilita per evitare l'inquinamento delle prove in pendenza della procedura o per salvaguardare la sicurezza del luogo di lavoro. In tal caso, il lavoratore non perde il diritto alla retribuzione.

Caratteri della sanzione

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La sanzione applicata deve rispettare il criterio della proporzionalità (art. 2106 c.c.). Inoltre, essa non può comportare mutamenti di mansioni e altri cambiamenti di carattere definitivo.

Fanno eccezione il licenziamento e, se previsto dalla contrattazione collettiva, il trasferimento, quando dipenda da situazioni di disorganizzazione causate dal dipendente (in giurisprudenza si fa riferimento al concetto di incompatibilità ambientale).

Nell'applicazione della sanzione si può tenere conto della recidiva, che può riferirsi solo a eventuali altre sanzioni irrogate nei due anni precedenti.

L'impugnazione del provvedimento sanzionatorio

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Il lavoratore può impugnare il provvedimento con cui viene irrogata la sanzione davanti all'autorità giudiziaria (Giudice del Lavoro). In tal caso, l'instaurazione del giudizio non sospende l'applicazione della sanzione.

In alternativa, il lavoratore può promuovere, entro venti giorni dal ricevimento dell'atto, una procedura di conciliazione. A tal fine, per il tramite dell'Ispettorato territoriale del lavoro, viene sollecitata la formazione di un collegio di tre membri, uno dei quali è da nominarsi da parte del datore di lavoro. In mancanza di tale nomina nel termine di dieci giorni, la sanzione decade automaticamente.

In pendenza della procedura davanti al collegio, la sanzione è sospesa. La decisione del collegio non è impugnabile, se non per violazione di legge o per vizi della volontà.


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