Manca il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione che avrebbe potuto sussistere, invece, in presenza di più studi professionali riconducibili al professionista stesso

di Lucia Izzo - Non sussiste il requisito dell'autonoma organizzazione, presupposto impositivo per l'IRAP, se il professionista lavora presso un solo studio attrezzato, avvalendosi di una segretaria, con entità di compensi a terzi e beni strumentali in linea con l'attività del proprio settore.


Invece, un dato significativo circa il requisito dell'autonoma organizzazione (che avrebbe fatto scattare l'IRAP) sarebbe stato quello della sussistenza di una pluralità di studi professionali riconducibili allo stesso professionista.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 8189/2018 (qui sotto allegata) pronunciatasi sul ricorso dall'Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTR che aveva accolto l'appello proposto dal contribuente avverso una cartella di pagamento per l'IRAP da lui non versta per l'anno 2006.


In sostanza, per la CTR l'esercizio della professione di medico dentista svolta autonomamente dal contribuente, di natura intellettuale, di per sé non avrebbe potuto mai trasformarsi in attività autonomamente organizzata e, dunque, sarebbe stata incompatibile con l'elemento dell'autonoma organizzazione che costituisce il presupposto impositivo dell'IRAP.


Una ricostruzione giudicata errata dall'Amministrazione che, nella sua impugnazione, sottolinea come da detta (erronea) premessa in diritto, il giudice a quo avrebbe omesso di valutare una serie di elementi che avrebbero dovuto, invece, far propendere per la sussistenza del presupposto impositivo dell'IRAP: in particolare, l'impiego di un lavoratore dipendente, non occasionale, con mansioni di segretaria e l'entità dei compensi corrisposti a terzi e il valore dei beni strumentali, sintomatici della sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione, per l'annualità di riferimento.

Cassazione: niente IRAP al dentista con uno studio professionale e una segretaria

Di diverso avviso la Cassazione che richiama sul punto la sentenza delle Sezioni Unite n. 9451/2016 secondo cui il requisito dell'autonoma organizzazione di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell'IRAP, ricorre quando il contribuente:


a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse;


b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive.


Passando all'analisi del caso di specie, il Collegio ritiene che la presenza di un'unità di personale dipendente, seppure per 312 giorni l'anno, ma con mansioni esecutive, sia irrilevante ai fini IRAP; anche l'entità dei compensi a terzi (circa 14.000,00 Euro) o dei beni strumentali per l'anno di riferimento risulta per la Cassazione in linea con l'attività propria del settore odontoiatrico.


Inoltre, nella narrativa del suo ricorso l'amministrazione ricorrente sostiene che il professionista svolga l'attività in due studi ubicati in due località diverse, a differenza della sentenza impugnata che aveva parlato di "un solo studio attrezzato" di cui lo stesso sarebbe responsabile.


Questo punto sarebbe dovuto essere oggetto di espressa censura (cosa che l'Agenzia non ha fatto) in quanto, spiega la Cassazione, una pluralità di studi riconducibili allo stesso professionista sarebbe stato un dato significativo della sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione facente capo allo stesso professionista.


Invece, la ricorrente ha sottolineato che i soli elementi fattuali non valutati dalla CTR quali sintomatici della sussistenza di tale requisito sono stati solo la presenza di lavoratore dipendente non occasionale e nell'entità dei compensi corrisposti a terzi. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Cass., VI civ, ord. n. 8189/2018

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