Per gli Ermellini, ai fini dell'addebito, la condotta violenta non giustifica la violazione dei doveri che sorgono dal matrimonio

di Lucia Izzo - Non è solo al marito aggressivo che va addebitata la separazione personale dei coniugi, ma anche alla moglie che lo ha tradito il marito: infatti, anche se la condotta violenta di un coniuge, non potrà mai essere giustificata dai comportamenti dell'altro, non varrà neppure a giustificare la violazione dei doveri che sorgono la matrimonio.


È quanto ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nell'ordinanza n. 3923/2018 (qui sotto allegata).

La vicenda

In Tribunale, pronunciata la separazione personale dei coniugi, la addebitava inizialmente al solo marito violento, che più volte aveva aggredito fisicamente la moglie; la Corte d'Appello, tuttavia, decideva di addebitarla anche alla moglie che aveva tradito il marito, decisione che la ex decide di contestare in Cassazione.


In particolare, le doglianze della ricorrenza si fondano sulla ricorrenza del nesso eziologico tra la violazione del dovere di fedeltà, che si afferma non provato in maniera puntale, e la intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Ciò in quanto, puntualizza la donna, erano stati gli atteggiamenti aggressivi e violenti del partner nei suoi confronti a rendere la convivenza insostenibile.

Cassazione: la condotta violenta del partner non giustifica la violazione dei doveri matrimoniali

Tuttavia, secondo la Cassazione, le doglianze si rivelano inammissibili. Gli Ermellini rammentano i consolidati principi riguardanti l'obbligo di fedeltà coniugale, la cui inosservanza viene ritenuta violazione particolarmente grave e, di regola, sufficiente a determinare l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile.


Ciò eccetto il caso in cui non si riesca a dimostrare la mancanza del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, attraverso un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva dei comportamenti di entrambi i coniugi che provi la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale.


Il Collegio rammenta anche come la relazione di un coniuge con estranei renda addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui e coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, pur non sostanziandosi in un adulterio, offenda la dignità e l'onore del partner.


Quanto alla distribuzione dell'onere probatorio, sarà la parte che richiede l'addebito della separazione all'altro coniuge, per inosservanza dell'obbligo di fedeltà, a dover dimostrare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza; è, invece, onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale rispetto all'accertata infedeltà.


La sentenza impugnata, conclude la Cassazione, ha rispettato tali principi: dalla valutazione delle risultanze processuali (tra cui puntuali e circostanziate annotazioni contenute nel diario della ricorrente, telefonate e squilli durante la giornata) si è ritenuta provata la relazione della moglie nel senso di cui sopra (plausibili sospetti di infedeltà idonei a offendere la dignità e l'onore del partner).


Per tali ragioni il giudice a quo ha affermato che la separazione non era stata determinata dalla mediocrità della storia coniugale, bensì da tale relazione (qualificata come un evento recente e emotivamente duro, intervenuto mentre il marito tentava in modo grossolano approcci con la moglie), e anche dalle inammissibili aggressioni fisiche del marito in ragione delle quali la separazione gli era stata già correttamente addebitata dal Tribunale


Le censure della ricorrente, volte a negare il nesso causale tra presunto tradimento e crisi del rapporto coniugale e a sottolineare la gravità della condotta del marito, attengono a circostanze di merito (il cui vaglio non è ammissibile in Cassazione) e vanno, in conclusione, respinte.


Certo, precisa la Corte, la condotta violenta di un coniuge non può essere mai giustificata da comportamenti dell'altro, tuttavia, tale condotta non vale a sua volta a giustificare la violazione dei doveri che sorgono dal matrimonio.

Cassazione, sentenza n. 3923/2018

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