Nell'ordinamento italiano la corruzione internazionale è disciplinata dall'art. 322 bis del codice penale

Cos'è la corruzione internazionale

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La corruzione assume rilievo ed è di particolare interesse per i giuristi soprattutto perché rappresenta, oltre che un illecito penale, finanche un elemento distorsivo della concorrenza.

Nell'ordinamento penale italiano la corruzione trova disciplina, a livello internazionale, nel disposto dell'art. 322 bis c.p.

Essendo ricomprese nell'alveo della norma una serie di fattispecie già sanzionate a livello nazionale, si può ritenere che la corruzione internazionale consista nel dare o promettere denaro o altra utilità ad un pubblico ufficiale straniero da parte di un ente di uno Stato diverso rispetto a quello del pubblico ufficiale. L'esempio, ormai scolastico, che viene sovente citato in dottrina, è quello della società che elargisce denaro ad un pubblico ufficiale straniero per garantirsi l'assegnazione di un appalto nel Paese in cui il pubblico ufficiale ha sede.

La disciplina codicistica della corruzione internazionale

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L'art. 322-bis del codice penale prevede espressamente che le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche: "1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee; 2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee; 3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee; 4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee; 5) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea

, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio; 5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale".

Ratio della norma sulla corruzione internazionale

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Premura del legislatore nell'introdurre il prefato articolo nel codice è stata quella del contrasto al fenomeno della corruzione, che, laddove dovesse assumere rilievo a livelli europei o internazionali, potrebbe sia pervadere nuovi ambiti territoriali con i suoi effetti nocivi e criminosi ma finanche distorcere la concorrenza ed alterare l'equilibrio dei mercati finanziari.

L'accertamento della corruzione internazionale

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In ordine all'accertamento la Cassazione ha rilevato che "Il giudice del processo per l'imputazione di corruzione di un funzionario di uno Stato estero deve procedere, anche d'ufficio, all'accertamento delle norme di diritto straniero utili al fine di stabilire se il funzionario corrotto svolga funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio. Questo principio discende dalla L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 14, che, in tema di accertamento della legge straniera, pone un principio generale dell'ordinamento rilevante in ogni caso in cui l'applicazione della legge penale nazionale presupponga l'accertamento di un dato normativo straniero (Cass. pen., Sez. 6, n. 49532 del 5/11/2009, Rv. 245339). Per questo accertamento il giudice può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero della Giustizia o interpellare esperti o istituzioni specializzate. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana" (Cassazione penale, sez. VI, 22/10/2015, (ud. 22/10/2015, dep.19/11/2015), n. 45935).

La Cassazione sul reato di corruzione internazionale

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Di seguito una serie di massime della Cassazione sulla corruzione internazionale:

Cassazione n. 31652/2021

In tema di giurisdizione su reati commessi all'estero, in assenza di un fondamento normativo, anche di diritto internazionale, idoneo a derogare al principio di territorialità, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano su reati commessi dallo straniero in danno di straniero e interamente consumati nel territorio di uno Stato estero, seppure connessi con reati commessi in Italia. In applicazione del principio, la Corte ha escluso la giurisdizionale nazionale sui reati di sequestro di persona a scopo di estorsione, tortura e violenza sessuale commessi in territorio libico nei confronti di immigrati poi trasportati illegalmente in Italia, anche se ritenuti connessi con quelli di associazione per delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, invece rientranti nella giurisdizione italiana

Cassazione n. 26969/2019

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 322-ter cod. pen., non possono essere considerate profitto del reato di peculato le somme corrispondenti alle ritenute fiscali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni corrisposte agli autori dell'illecito, in quanto, essendo versate in via immediata all'Erario, non entrano nella loro diretta disponibilità patrimoniale e non realizzano alcun vantaggio economico per gli stessi.

Cassazione n. 9106/2013

Anche per il reato di corruzione internazionale, previsto dall'art. 322 bis c.p., trovano applicazione le regole dettate dagli articoli 7, 9 e 10 c.p., per cui, qualora il reato sia commesso in territorio estero, occorre per la sua procedibilità in Italia, che vi sia la richiesta del Ministro della Giustizia.

Cassazione n. 32779/2012

Anche per il reato di corruzione internazionale di cui all'art. 322 bis c.p., l'atto contrario ai doveri di ufficio, rilevante per affermare la sussistente corruzione propria, oggetto dell'accordo illecito, non è necessario che venga accertato nei propri connotati specifici, essendo sufficiente che sia individuabile in funzione della competenza e della concreta sfera di intervento del pubblico ufficiale, così da essere suscettibile di specificarsi in una pluralità di singoli atti, anche non preventivamente fissati o programmati, ma pur sempre appartenenti al "genus" previsto, come quando il pubblico ufficiale si ponga a disposizione del privato in violazione del dovere di imparzialità, onestà e vigilanza - situazione in cui non è possibile prevedere specifici atti contrari ai doveri di ufficio - e il privato miri ad assicurarsi un atteggiamento di favore da parte di quello.

Daniele PaolantiDaniele Paolanti - profilo e articoli
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Vincitore del concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca svolge attività di assistenza alla didattica.

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