Per la Cassazione la c.d. tariffa Ronchi è un'entrata tributaria e non corrispettiva di un servizio. Per il rimborso vale il termine di prescrizione decennale

di Lucia Izzo - Niente IVA sulla tariffa rifiuti prevista dall'art. 49 del d.lgs. 22/1997, trattandosi di un'entrata tributaria e non corrispettiva di un servizio. Per richiedere la restituzione dell'imposta si applica il termine decennale di prescrizione e non quello breve quinquennale.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 5627/2017 (qui sotto allegata) originata da una richiesta di restituzione di importi a titolo IVA che gli utenti del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani si erano visti indebitamente applicare dalla società responsabile sulle bollette emesse per la riscossione della relativa tariffa negli anni 2006-2009.


Il giudice di legittimità precisa che gli importi in restituzione concernono la "tariffa di igiene ambientale" (nota come Tariffa Ronchi) introdotta dall'art. 49 del d.lgs. n. 22/1997, che non è stata applicata in tutti i Comuni ed è stata abrogata a partire dal 2013.


A tal proposito, la Cassazione evidenzia che la natura tributaria della tariffa è stata definitivamente ribadita dalla giurisprudenza, come confermato sia dalle pronunce della Corte Costituzionale (sentenza n. 238/2009 e ordinanza n. 64/2010) nonché nella successiva pronuncia della stessa Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 5078/2016).


Deve ritenersi escluso l'elemento di sinallagmaticità del rapporto tra soggetto prestatore del servizio e utenti, mancando una funzione di scambio tra servizio che assolve a esigenze pubbliche generali e valore tariffario applicato, essendo imposto all'utente il prelievo anche in assenza di controprestazione.


A tal proposito, la Corte costituzionale ha affermato che la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l'entità del prelievo porta a escludere la sussistenza del rapporto sinallagmatico posto alla base dell'assoggettamento ad IVA ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 633 del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un "corrispettivo" per la prestazione di servizi.


Nemmeno può farsi leva sulla circostanza che il gestore sia una società privata, non assimilabile a un "ente pubblico", secondo la direttiva IVA requisito soggettivo di esenzione dall'imposta dell'attività svolta: infatti, "lo strumento organizzativattraverso il quale le autorità pubbliche vengono a realizzare gli scopi di pubblica utilità istituzionalmente ad essi riservati, non immuta il principio della norma comunitaria di cui all'art. 13, paragr. 1, della direttiva n. 112/2006 laddove il soggetto di diritto privato venga ad esercitare gli stessi poteri pubblici dell'ente locale, accertando, applicando e riscuotendo il tributo per conto del Comune impositore".


In tal caso, infatti, rimangono esenti da IVA le attività del gestore svolte per conto del Comune anche se comportano la riscossione di diritti, canoni o contributi: non può negarsi, sostanzialmente, che sia per la TARSU che per la TIA, il soggetto attivo del prelievo è il Comune, anche se affidi a terzi l'arccertamento e la riscossione dei prelievi.


Quanto al termine di prescrizione, la Cassazione condivide quanto affermato dai giudici di merito, ossia che il diritto di credito azionato dagli utenti vada assoggettato al termine ordinario decennale: ciò attesa la qualificazione della domanda svolta dagli utenti come azione di condanna alla restituzione dell'indebito oggettivo diretta a far valere un autonomo diritto, e individuato il fatto costitutivo di tale diritto nell'assenza originaria o nel successivo venire meno del titolo giustificativo del pagamento eseguito.


È errato affermare che il rapporto abbia a oggetto un "rimborso d'imposta": nel caso di specie l'indebito oggettivo attiene non al recupero dell'IVA non dovuta sul canone tariffario, ma all'indebito maggiore importo che, nell'ambito del rapporto di diritto privato, l'utente finale ha versato al gestore per un titolo inesistente (l'erronea applicazione e pagamento della imposta non costituisce idoneo titolo giustificativo del maggiore importo tariffario richiesto agli utenti).

Per gli Ermellini, la natura tributaria della tariffa del servizio di interesse generale (TARSU; TIA-1), non assume alcun rilievo nella fattispecie, atteso che la domanda di restituzione degli utenti è limitata al recupero della sola quota-fatturata corrispondente all'ammontare dell'IVA e non si estende pertanto alle altre componenti tributarie-tariffarie in relazione alle quali soltanto gli utenti vengono ad assumere la posizione di contribuenti.  

Cass., III sez. civ., ord. 5627/2017

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