Integrata la fattispecie di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone ex art. 659 c.p.

di Marina Crisafi - Se i cani sono vivaci, abbaiano troppo e il padrone non è in grado di tenerli sotto controllo rischia grosso. Ne sa qualcosa una donna condannata per il reato ex art. 659 del codice penale a causa del disturbo arrecato dai propri animali ai vicini di casa. La punizione, decisa nel merito, viene confermata anche dalla Cassazione (sentenza n. 5613/2017 depositata oggi, qui sotto allegata). Nella vicenda, la donna ritenuta colpevole del reato di disturbo e occupazioni dei vicini, poiché non aveva impedito ai propri due cani di abbaiare giorno e notte, veniva condannata dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto alla pena di 200 euro di ammenda.

A nulla valgono le doglianze della donna, innanzi al Palazzaccio, la quale lamentava che le deposizioni assunte provenivano soltanto dalle parti civili e dai loro parenti e perciò "influenzate" dai pessimi rapporti di vicinato intercorrenti da anni.

Gli Ermellini, infatti, hanno precisato, innanzitutto, che "l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal che il giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, si che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità".

L'accertamento della effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone, in ogni caso, "costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito". E la sentenza impugnata, per i giudici di piazza Cavour, ha affermato la responsabilità penale della donna con logico percorso argomentativo e privo di vizi o illogicità di sorta, ritenendo pienamente attendibili le deposizioni assunte, confermate da tutti i testi, e avvalorate dalla stessa imputata che aveva rivelato che uno dei due cani abbaiava spesso sebbene "non ogni tre minuti".

Da qui l'inammissibilità del ricorso e la condanna della donna anche al pagamento delle spese processuali e della Cassa ammende.

Cassazione, sentenza n. 5613/2017

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