di Lucia Izzo - Con il d.lgs. 8/2016 è stata fissata in 10mila euro annui la soglia di punibilità penale per omesso versamento delle ritenute previdenziali: tuttavia, la struttura del "nuovo" reato impone inoltre di tenere conto, al fine dell'individuazione o meno del superamento del limite di legge di 10.000 euro, di tutte le omissioni verificatesi nel medesimo anno e, dunque, anche di quelle eventualmente estinte per prescrizione. Per quanto riguarda, invece, le mensilità non prescritte al momento in cui la riforma è entrata in vigore, scatta la trasmissione alla sede competente INPS: per individuare quali siano tali mensilità, ci si avvale del criterio presente nel precedente regime, ossia facendo riferimento alla consumazione del reato mese per mese.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 37232/2016 (qui sotto allegata) trattando un caso di condanna per omesso versamento di ritenute previdenziali.
Il ricorrente lamenta violazione dell'art. 2 della legge delega n. 67 del 2014 posto che i fatti di omissione contributiva previdenziale inferiori al limite annuo di 10.000 euro avrebbero dovuto ritenersi depenalizzati già solo per effetto di detta previsione, di immediata valenza precettiva.
Gli Ermellini precisano che il delitto previsto dall'art. 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463 (convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638), che punisce l'omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, non può ritenersi abrogato per effetto diretto dalla legge richiamata, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest'ultimo, fino all'emanazione dei decreti delegati, non può essere considerato violazione amministrativa.
Tuttavia, nelle more dell'impugnazione, è stata esercitata la delega conferita con la predetta legge, portando all'abolitio criminis a seguito di depenalizzazione del reato per effetto dell'art. 3, comma 6, del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8.
A mente di tale norma, infatti, la formulazione della previsione riguardante il delitto di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, è stata sostituita nei seguenti termini: "L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l'importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto della violazione".
Affermando che il reato è integrato solo ove l'importo sia superiore a quello di 10.000 euro annui, il legislatore non si è limitato semplicemente ad introdurre un limite di "non punibilità" delle condotte lasciando inalterato, per il resto, l'assetto della precedente figura normativa (che nessun limite prevedeva), ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell'anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività che viene a segnare, tra l'altro, il momento consumativo dello stesso.
In altri termini, precisa il Collegio, il reato deve ritenersi già perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l'importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell'anno considerato, superi l'importo di 10.000 euro senza che le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno sino al mese finale di dicembre possano "aprire" un nuovo periodo e, dunque, dare luogo, in caso di secondo superamento, ad un ulteriore reato.
Ricorre, alla stessa stregua di altre figure criminose, una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell'ultima mensilità, ovvero, come noto, con il termine del 16 del mese di gennaio dell'anno successivo.
Ciò comporta che, rispetto alla precedente figura di reato, il momento consumativo sia evidentemente diverso: in precedenza il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile, mentre attualmente la consumazione appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell'importo di euro 10.000 ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o con l'ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell'anno successivo.
La struttura del "nuovo" reato impone inoltre di tenere conto, al fine dell'individuazione o meno del superamento del limite di legge di 10.000 euro, di tutte le omissioni verificatesi nel medesimo anno e, dunque, nella specie, anche di quelle eventualmente estinte per prescrizione: del resto, precisa la Cassazione, la mera declaratoria di estinzione del reato per ragioni connesse al decorso del tempo non può significare elisione della materiale sussistenza del fatto di omesso versamento.
In definitiva, il legislatore non ha affatto inteso abrogare il reato di cui all'art. 2, comma 1 bis, L. n. 638 del 1983 ma, lasciandone immutata la condotta omissiva, ha inteso introdurre la necessità del superamento di un importo di per sé significativo, anche in ragione della mutata realtà socio - economica, caratterizzata da maggiori difficoltà di liquidità e del contemperamento con le esigenze connesse al sistema previdenziale-pensionistico, dell' indice di necessaria offensività della condotta.
Si rammenta, infine, che ai sensi della nuova normativa, le disposizioni del decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative devono applicarsi anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili; ex art. 9 del decreto, deve farsi luogo alla trasmissione, all'autorità amministrativa competente, degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.
Nel caso di specie, annullata la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato, deve essere disposta la trasmissione degli atti alla competente sede INPS in relazione alle mensilità non prescritte al momento dell'entrata in vigore della legge.
Cass., III sez. pen., sent. n. 37232/2016