Può avere rilevanza penale il comportamento del lavoratore che sfrutta i permessi per scopi personali

di Lucia Izzo - Se il lavoratore abusa dei giorni di permesso retribuito, previsti dalla legge 104/1992 per l'assistenza al familiare invalido, il suo comportamento può costargli il posto di lavoro, ma anche integrare un'ipotesi di reato.

Si tratta di un'affermazione da tempo sostenuta in giurisprudenza, che trova una puntuale affermazione nella recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 9749/2016 (qui sotto allegata).


Non merita accoglimento, per gli Ermellini, il ricorso del dipendente contro il suo licenziamento, intimatogli dall'azienda poichè nelle ore in cui aveva fruito di permessi ex lege n. 104 del 1992, concessi per l'assistenza alla suocera disabile, si era invece più volte recato ad effettuare lavori in alcuni terreni di proprietà, come rilevato dagli investigatori privati assoldati dal datore di lavoro.


I giudici di Piazza Cavour sottolineano che l'utilizzo improprio dei permessi giustifica il licenziamento, non solo stante il disvalore sociale alla stessa attribuibile, ma per l'idoneità a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, indipendentemente dall'entità del danno eventualmente arrecato a cagione della condotta addebitata.


Si tratta, precisano i giudici, di un danno che non ricade sul solo datore di lavoro che si vede privare illegittimamente della prestazione lavorativa, ma soprattutto di un comportamento che viola i doveri imposti dalla convivenza sociale  e che costringe l'intera collettività a sopportarne l'indebito costo.


Se i permessi ex lege n. 104 del 1992 vengono utilizzati non per l'assistenza al familiare disabile, bensì per attendere ad altre attività, si verifica, in sostanza, un abuso del diritto suscettibile di rilevanza anche penale.

Ciò rende, pertanto, pienamente legittimo l'intervento di un'agenzia

investigativa: queste, per operare lecitamente, non devono sconfinare nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria, ma resta giustificato il loro intervento non solo per l'avvenuta perpetrazione di illeciti e l'esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione


L'ipotesi che l'abuso dei permessi previsti dalla legge 104/92 integri una condotta penalmente rilevante era già stata sostenuta dal Tribunale di Pisa, che aveva parlato di vera e propria truffa laddove il lavoratore avesse utilizzato i permessi retribuiti previsti dall'art. 33 della legge menzionata per svolgere attività personali e non per la cura del disabile: nel caso di specie era stata disattesa la tesi difensiva che sosteneva la possibilità di utilizzare tali permessi anche per il recupero delle energie psicofisiche spese per la cura e l'assistenza del congiunto.


Anche il Tribunale di Genova aveva parlato di reato commesso ai danni dello stato e dell'azienda, tale da consentire di intraprendere un procedimento penale; a ciò, secondo il giudice ligure, si accompagnava anche l'indebita percezione del trattamento economico ai danni dell'INPS. 

Cass., sezione lavoro, sent. 9749/2016

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