Nota di commento a Cassazione n. 3875 del 26 febbraio 2016

Avv. Paolo Accoti - Sul condominio e, per esso, sull'amministratore, incombe un generale obbligo di controllo, venendosi a trovare sostanzialmente nella posizione di custode dei beni condominiali.

A tal proposito giova ricordare che, in virtù dell'art. 1117 c.c., sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà

individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Ciò posto, in considerazione del dovere di custodia degli anzidetti beni comuni, se dagli stessi derivi un danno a terzi, il Condominio potrebbe essere ritenuto responsabile dello stesso e, pertanto, obbligato al risarcimento conseguente, salvo che provi il caso fortuito, ex art. 2051 c.c.

A tal proposito, prima di entrare nel merito della questione, poniamo l'attenzione su due importanti aspetti. Il primo relativo alla possibile responsabilità personale dell'amministratore, il secondo sull'esigibilità del danno anche nei confronti di un solo condomino.

Come accennavamo, in considerazione del più generale obbligo dell'amministratore di controllo, venendosi lo stesso a trovare sostanzialmente nella posizione di custode (ex art. 2051 c.c.) dei beni condominiali, in quanto tale, potrebbe anche essere chiamato a rispondere personalmente degli eventuali danni, nel caso emergesse una propria responsabilità individuale (In tal senso: Cass. civ., 16.10.2008, n. 25251. Nello stesso senso si veda anche: Cass. civ., 30.09.2014, n. 20557; Cass. civ., 9.07.2009, n. 16126).

D'altro canto, in siffatti casi, si consideri ad esempio il danno provocato da scale (parte comune dell'immobile) danneggiate o pericolanti, la cui custodia ovviamente spetta al Condominio, l'obbligazione derivante, una volta accertato e quantificato il danno, risulta esigibile nei confronti anche del singolo condomino per l'intero, e ciò pure nella vigenza della nuova normativa.

In altri termini, contrariamente a quanto accade per le altre obbligazioni condominiali, per le quali vige il principio di parziarietà, nel senso che i singoli condòmini rispondono esclusivamente pro-quota, per le obbligazioni derivanti da risarcimento del danno ex art. 2051 c.c., gli stessi possono essere chiamati a rispondere con l'intero loro patrimonio, trattandosi di una obbligazione solidale.

Detto principio è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte, chiamata a giudicare in merito ai danni provocati ad un magazzino posto al piano scantinato e ai locali adibiti a esercizio commerciale, da infiltrazioni di acqua e ristagni provenienti da beni condominiali.

In quella occasione è stato ricordato come l'applicabilità dell'art. 2055 c.c. (che opera un rafforzamento del credito evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota) ai danni da cosa condominiale in custodia trova una prima conferma, innanzi tutto, in alcuni precedenti della Suprema Corte, come Cass. n. 6665/09, che ha ritenuto il condomino danneggiato quale terzo rispetto allo stesso condominio cui è ascrivibile il danno stesso (con conseguente inapplicabilità dell'art. 1227 c.c., comma 1); Cass. n. 4797/01, per l'ipotesi di danni da omessa manutenzione del terrazzo di copertura cagionati al condomino proprietario dell'unità immobiliare sottostante; Cass. n. 6405/90, secondo cui i singoli proprietari delle varie unità immobiliari comprese in un edificio condominiale, sono a norma dell'art. 1117 c.c. (salvo che risulti diversamente dal titolo) comproprietari delle parti comuni, tra le quali il lastrico solare, assumendone la custodia con il correlativo obbligo di manutenzione, con la conseguenza, nel caso di danni a terzi per difetto di manutenzione del detto lastrico, della responsabilità solidale di tutti i condòmini, a norma degli artt. 2051 e 2055 c.c..

Ciò posto, è stato stabilito il principio per cui: "Il custode non può essere identificato né nel condominio, interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi, invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni ex art. 1117 c.c. Se ne deve trarre, pertanto, che il risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, 1 comma c.c., individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili" (Cass. civ, 29/01/2015, n. 1674).

Tanto premesso, la Corte di Cassazione, Sez. VI, con la sentenza n. 3875, del 26.02.2016 (qui sotto allegata), ha rigettato il ricorso proposto da una signora, al fine di ottenere il risarcimento del danno, a seguito di una caduta dalle scale del Condominio, asseritamente intrise da materiale viscido e oleoso.

La domanda attorea è stata respinta sia in primo che in secondo grado e, nondimeno, anche dal Supremo Collegio.

Per motivare detta decisione, la Corte, evidenzia come è stato accertato - con una valutazione non sindacabile nel giudizio di legittimità, in considerazione della circostanza per cui la ricostruzione dei fatti è esercizio di un tipico potere devoluto al giudice di merito - che la danneggiata ha dimostrato di essere caduta sui gradini della scala condominiale ma che, tuttavia, mancherebbe la prova certa in merito alle modalità della caduta stessa, difettando a tal uopo la prova relativa alla presenza sui gradini del materiale scivoloso che avrebbe indotto la caduta stessa.

A tal proposito, infatti, sussiste: "l'obbligo del danneggiato di provare l'esistenza del nesso di causalità, anche nell'ipotesi di cui all'art. 2051 del codice civile".

Dall'istruttoria, nel caso di specie, emerge come la sola evenienza idonea a confermare la tesi della danneggiata proviene dal figlio della stessa, teste nel procedimento, il quale ha riferito in merito ad una sostanza del genere di quello che esce dai sacchetti dei rifiuti.

Ebbene, afferma la Corte, "tale circostanza, ove pure fosse stata vera, sarebbe stata tale da escludere ogni responsabilità del Condominio, dato il carattere imprevedibile della medesima", pertanto, conclude ribadendo il principio per cui, per pacifica giurisprudenza: "anche l'applicazione delle regole di cui all'art. 2051 cod. civ. presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sé statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (sentenza 5 febbraio 2013, n. 2660)" (Cass. civ. Sez. VI, 26.02.2016, n. 3875).

Cass. civ. Sez. II, 26.02.2016, n. 3875
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