Per il Tribunale di Roma non è motivo di addebito il tradimento se la crisi di coppia è dovuta alla convivenza con suoceri invadenti

di Lucia Izzo - Nessun addebito della separazione al marito che, costretto dalla moglie a vivere con i suoceri, intrattiene una relazione extraconiugale. In tal caso,il tradimento è intervenuto quando la crisi matrimoniale era già in atto e determinata anche dalla convivenza con dei suoceri invadenti.

A dirlo è il tribunale di Roma (sentenza 14531/2015) che però ha anche chiarito che non per questo la separazione va addebitata alla moglie non indipendente dai propri genitori.


Nel caso di specie la moglie aveva contestato al marito l'inizio di una relazione extraconiugale che nel 2009 lo aveva portato ad abbandonare la casa coniugale, mentre il marito aveva richiesto a sua volta l'addebito alla moglie che era rimasta succube dei genitori con cui la coppia aveva convissuto per anni e contro la volontà dello stesso. I suoceri per di più si erano intromessi nelle decisioni riguardanti famiglia e i figli, causando continui litigi.

Per il Tribunale, tuttavia, entrambe le domande vanno respinte. Nella sentenza si fa poi notare che l'ingerenza dei suoceri nella vita di coppia aveva prodotto un deterioramento del rapporto, anche sotto il profilo intimo, spingendo l'uomo ad allontanarsi a matrimonio in crisi.

Il tribunale capitolino nella stessa sentenza ha anche affrontato diverse interessanti questioni come quella relativa al mantenimento, di cui abbiamo più volte avuto modo di intervenire in questo postale (v. la guida sull'assegno di mantenimento).

Nella fattispecie è stato escluso l'obbligo del marito di mantenere l'ex consorte anche perchè nella comparazione dei redditi di entrambi si è tenuto conto del fatto che la casa coniugale assegnata alla donna era stata acquistata con un mutuo e lui ne stava pagando le rate. Inoltre l'uomo si era trovato a dover sostenere ulteriori spese per pagare un canone di locazione per una la nuova abitazione.

Diverso il ragionamento per il mantenimento della prole, che può essere addirittura aumentato rispetto a quanto inizialmente previsto in sede presidenziale se sono mutate le esigenze dei figli ormai cresciuti.

In particolare, non impedisce l'aumento della somma per il mantenimento il fatto che la figlia, ormai maggiorenne e affetta da vari disturbi, percepisca un assegno di invalidità di 290 euro mensili: infatti, chiarisce il Tribunale, il trattamento previdenziale assume finalità ben diverse essendo destinato a coprire esigenze peculiari; pertanto l'assegno di invalidità può essere cumulato con il mantenimento, stimato in 500 euro mensili per entrambi i figli, senza incidere sul quantum stabilito.

Le spese straordinarie, quando necessarie, rimangono da dividere tra i genitori in misura pari al 50%.


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