Non si tratta di mala gestio. Il danno non deve essere parcellizzato ma valutato nella sua interezza

di Lucia Izzo - È condannato per appropriazione indebita e non per mala gestio dell'amministrazione condominiale, l'amministratore che ha trasferito sul proprio conto personale denaro di spettanza condominiale. Il danno deve essere valutato nella sua interezza e non parcellizato in relazione alla "quota-danno" incidente sui singoli condomini. 

Il fatto che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, i quali sono rappresentati dall'amministratore, non comporta la parcellizzazione, essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condomini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore dell'ente-condominio. 


Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 37666/2015 (qui sotto allegata) sul ricorso presentato da un uomo, quale amministratore di condominio, condannato dalla Corte d'Appello di Bologna alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione, più una multa di 800 euro, per appropriazione indebita, avendo trasferito sul conto personale suo e della moglie del denaro di spettanza condominiale. 


Gli Ermellini confermano la decisione dei giudici del gravame, ritenendo che tale condotta non rappresentasse una cattiva gestione dell'amministrazione condominiale, come avanzato dal ricorrente, il quale aveva altresì evidenziato che alcuni debiti del condominio erano stati pagati proprio con le somme prelevate dal conto corrente


Infondate anche le doglianze con cui l'imputato deduce la scarsa incidenza dell'attività delittuosa sul patrimonio dei singoli condomini. 

Il danno, deve infatti essere valutato nella sua interezza e non parcellizato in base alla quota danno che incide sui singoli condomini come richiesto dalla difesa. 

In conformità ai principi giurisprudenziali, la Corte territoriale ha ritenuto ingente il danno complessivamente causato. 


Il trattamento sanzionatorio irrogato dai giudici di merito, appare inoltre valido, nonostante le critiche mosse dal ricorrente che mira ad una nuova valutazione della congruità della pena. 

Una dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti il giudice graduare la pena discrezionalmente in aderenza i principi enunciati dagli artt. 132 e 133 c.p. 


Inammissibile il ricorso e ricorrente condannato al pagamento delle spese. 


Cass., II sez. penale, sent. 37666/15

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