Se la convivenza ha i caratteri della stabilità, continuità e regolarità, il diritto al riconoscimento dell'assegno divorzile viene meno

di Marina Crisafi - Se la ex avvia una nuova convivenza con un altro partner non ha più diritto all'assegno di mantenimento, a patto però che la nuova unione abbia i caratteri della stabilità, continuità e regolarità, tanto da poter assumere i connotati della famiglia di fatto.

A ribadire questo principio, già affermato dalla recente giurisprudenza della Cassazione, è la Corte d'Appello di Palermo nella sentenza n. 290/2015 allegata, revocando l'assegno divorzile disposto a favore dell'ex moglie dai giudici di primo grado.

Il Tribunale di Trapani, infatti, aveva onerato l'ex marito a corrispondere una somma di 250 euro mensili all'ex moglie, alla quale veniva anche assegnata la casa coniugale.

L'uomo però impugnava la decisione sostenendo che la donna non solo godeva di un reddito sufficiente ma aveva avviato ormai da un biennio una relazione con altro partner.

Il giudice d'appello ha accolto le sue doglianze.

Basandosi sull'indirizzo della giurisprudenza di legittimità, affermato di recente nella sentenza n. 6855/2015 (leggi: "Se la moglie divorziata convive, può dire addio al mantenimento. Lo dice la Cassazione

"), la corte territoriale ha ribadito che se la convivenza more uxorio avviata dall'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile non vale di per sé ad escludere tale diritto, quando invece assume i caratteri della c.d. "famiglia di fatto, connotata in quanto tale, dalla libera e stabile condivisione di valori e modelli di vita" ha piena rilevanza ai fini della revoca dell'assegno medesimo.

La costituzione

di un nuovo "progetto e modello di vita in comune", così come sancito dalla stessa Cassazione, rescinde infatti qualsiasi legame con il tenore di vita che caratterizzava la precedente convivenza matrimoniale, facendo cadere ogni presupposto per il riconoscimento di un assegno divorzile che, quindi, non ha più ragion d'essere.

Ma non solo.

Cadono, per il giudice di secondo grado, anche i presupposti per l'assegnazione della casa coniugale, in quanto non essendoci figli, manca proprio la giustificazione di una previsione del genere che deve rispondere all'interesse della prole a continuare a mantenere una stabilità abitativa. Per cui, in definitiva, la donna può dire addio sia all'assegno che alla casa.

Corte d'Appello, sentenza n. 290/2015

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