La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che riduceva del 10% la pensione per i matrimoni con differenza d'età

di Lucia Izzo - È costituzionalmente illegittima la disciplina che prevede una decurtazione del 10% dalla pensione di reversibilità in caso di matrimonio contratto da una persona di oltre 70 anni d'età con altra che ne abbia 20 o oltre in meno. Tale disposizione si fonda un'ingiusta presunzione assoluta che il vincolo matrimoniale sia stretto per frodare l'erario.

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 174, (qui sotto allegata) depositata il 14 luglio 2016 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111.

La questione di legittimità è sollevata nell'ambito di un giudizio riguardante il coniuge superstite di un titolare di pensione diretta, che ha chiesto il riconoscimento del diritto di percepire la pensione di reversibilità, senza la decurtazione percentuale sancita dalla disposizione impugnata, e la conseguente condanna dell'INPS a rideterminare l'importo della pensione, con interessi e rivalutazione monetaria.

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, giudice unico delle pensioni, dubita della legittimità costituzionale di tale normativa, in riferimento agli artt. 3, 29, 36 e 38 della Costituzione.

La disposizione censurata prevede che "Con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012 l'aliquota percentuale della pensione a favore dei superstiti di assicurato e pensionato nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è ridotta, nei casi in cui il matrimonio

con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiori a settanta anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a venti anni, del 10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di rispetto al numero di 10".

Si aggiunge che "Nei casi di frazione di anno la predetta riduzione percentuale è proporzionalmente rideterminata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di presenza di figli di minore età, studenti, ovvero inabili. Resta fermo il regime di cumulabilità disciplinato dall'articolo 1, comma 41, della predetta legge n. 335 del 1995".

Il giudice rimettente ravvisa un contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della violazione del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza.

Le decurtazioni introdotte nel 2011 devono considerarsi irrazionali e irragionevoli, collegate a meri fattori futuri, incerti e sicuramente estranei alle regole proprie dell'istituto "pensione di reversibilità" quali la durata del matrimonio e l'età del coniuge pensionato, in assoluto e relativamente a quella dell'altro coniuge.

Inoltre,il giudice rimettente ritiene tale disciplina lesiva del principio di eguaglianza tra i coniugi, "operando nei confronti del coniuge superstite (apoditticamente individuato nel più giovane) un palese vulnus del suo diritto a quella garanzia di continuità nel sostentamento ai superstiti, riconosciuta dalla Corte nella sentenza n. 286/1987".

Ancora, si enfatizza il conflitto con l'art. 29 Cost. in quanto sarebbe così limitata "la libertà dell'individuo ad operare le scelte più intime e personali della propria esistenza", in virtù dell'introduzione di elementi esterni fortemente incidenti sulla sua capacità di determinazione familiare.

In particolare, l'individuo sarebbe posto di fronte all'alternativa di formare un nucleo familiare secondo la più ampia accezione di libertà oppure non accedervi nella consapevolezza che a quel nucleo non potrà, di fronte all'evento morte, assicurare una vita dignitosa a causa delle decurtazioni volute dalla disciplina in esame.

Il giudice rimettente prospetta anche la violazione degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.: la decurtazione imposta dalla legge, suscettibile di configurare una misura sprovvista di ogni limite temporale e di ogni legame con le contingenti esigenze di natura finanziaria, determinerebbe un'irragionevole e definitiva riduzione della pensione, che si caratterizza come "retribuzione differita", pur nell'indispensabile bilanciamento con le concrete e attuali disponibilità delle risorse finanziarie.

La disposizione censurata contrasterebbe con i princìpi che sanciscono la proporzione del trattamento pensionistico alla qualità e alla quantità del lavoro prestato e l'idoneità a garantire al lavoratore e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa e una vecchiaia nella quale non manchino i mezzi adeguati a un altrettanto dignitoso sostentamento.

Tale ricostruzione è avallata dalla Corte Costituzionale che, in prima battuta, rammenta che l'ordinamento configura la pensione di reversibilità come "una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell'interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l'effettivo godimento dei diritti civili e politici".

In virtù di tale connotazione previdenziale, chiarisce il Collegio, nella pensione di reversibilità erogata al coniuge superstite, la finalità previdenziale si raccorda a un peculiare fondamento solidaristico.

Tale prestazione, difatti, mira a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire lo stato di bisogno che può derivare dalla morte del coniuge.

L'art. 18, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 si inquadra in una manovra di stabilizzazione finanziaria che include svariati provvedimenti di contenimento della spesa previdenziale: il disegno di legge escludeva il diritto alla pensione di reversibilità nell'ipotesi di età avanzata di uno dei coniugi (settant'anni), di elevata differenza di età tra i coniugi, superiore a vent'anni, e di durata del matrimonio inferiore a tre anni.

La relazione di accompagnamento stigmatizzava come "malcostume" l'attribuzione delle pensioni di reversibilità "a persone che non ne avrebbero, sul piano morale, diritto" e si poneva in risalto l'obiettivo di arginare il fenomeno dei matrimoni "di comodo".

La ratio della misura restrittiva risiede nella presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant'anni con una persona di vent'anni più giovane traggano origine dall'intento di frodare le ragioni dell'erario, quando non vi siano figli minori, studenti o inabili.

Si tratta di una presunzione di frode alla legge, connotata in termini assoluti, che preclude ogni prova contraria. La sua ampia valenza lascia trasparire l'intrinseca irragionevolezza della disposizione impugnata

Tuttavia, nell'attribuire rilievo all'età del coniuge titolare di trattamento pensionistico diretto al momento del matrimonio e alla differenza di età tra i coniugi, la disposizione in esame introduce una regolamentazione irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità, che ne determina la finalità previdenziale, presidiata dagli artt. 36 e 38 Cost. e ancorata dal legislatore a presupposti rigorosi. Una tale irragionevolezza diviene ancora più marcata, se si tiene conto dell'ormai riscontrato allungamento dell'aspettativa di vita.

La disposizione, precisa la Consulta, opera a danno del solo coniuge superstite più giovane e si applica esclusivamente nell'ipotesi di una considerevole differenza di età tra i coniugi. Si conferisce, in tal modo, rilievo a restrizioni a mero fondamento naturalistico che la giurisprudenza di questa Corte ha già ritenuto estranee all'essenza e ai fini del vincolo coniugale, con peculiare riguardo all'età avanzata del contraente e alla durata del matrimonio.

Infine, il Collegio evidenzia che l'esclusione dell'operatività delle norme che, in presenza di figli, limitano l'erogazione della pensione di reversibilità, non attenua i profili di contrasto con i princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza. Il vulnus ai diritti previdenziali del coniuge superstite appare ancor più evidente in una normativa che subordina tali diritti alla circostanza, del tutto accidentale ed eccentrica rispetto alla primaria finalità di protezione del coniuge, che vi siano figli minori, studenti o inabili all'epoca del sorgere del diritto del coniuge.

Corte Costituzionale, sent. n. 152/2016

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