Per la Cassazione la revisione può scattare solo se muta l'assetto patrimoniale di entrambe le parti

di Marina Crisafi - Non può essere ridotto l'assegno divorzile se la sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi non è idonea "a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti".

Così ha deciso la prima sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 15368/2015 (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un uomo costretto a pagare all'ex moglie 2.500 euro al mese pur guadagnandone poco più di mille.

Per la Corte d'Appello, che aveva rideterminato la cifra su reclamo della donna (precedentemente abbassata a 1.500 euro data l'indipendenza economica raggiunta dalle figlie), è vero che il reddito dell'uomo, come risultante dalle dichiarazioni dei redditi era pari a circa 13mila euro annui, ma allo stesso modo ciò era irrilevante a fronte delle rendite finanziarie e degli investimenti realizzati dall'uomo, come evidenziati dalla Ctu, peraltro collaboratore di una srl.

Il marito, non convinto, ricorreva per Cassazione lamentando che la sua situazione patrimoniale era peggiorata mentre l'ex moglie godeva di un reddito più elevato essendo anche titolare di ingenti patrimoni immobiliari. A suo dire, dunque, aveva sbagliato il giudice d'appello a non tenere conto di tutto questo e degli elementi sopravvenuti alla pronuncia di divorzio e, segnatamente, del peggioramento delle sue condizioni economiche date la riduzione del reddito personale a circa mille euro e il depauperamento del patrimonio immobiliare.

Ma il Palazzaccio gli dà picche.

In sede di revisione, ha confermato la S.C. dando ragione alla corte territoriale, "il giudice non può procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o dell'entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale". Nel caso di specie, ha quindi concluso la Cassazione, il ricorrente si è limitato a riproporre la valutazione comparativa del reddito di entrambi già posta a fondamento della pronuncia di divorzio, "non evidenziando circostanze sopravvenute idonee ad alterare il quadro economico di riferimento". Per cui, in definitiva, ricorso rigettato e ricorrente condannato a pagare le spese.

Cassazione sentenza n. 15368/2015

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