Il Consiglio di Stato interviene sull'ipotesi di CU per i ricorsi straordinari al PdR rinviando tutto al legislatore per un'interpretazione autentica della norma

Sono anni che si dibatte sull'obbligatorietà di un contributo unificato per la presentazione del rimedio amministrativo previsto ai sensi del DPR 1199/71 e comunemente inteso come ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Dalla introduzione di un comma, nel quadro normativo generale riguardante i ricorsi giurisdizionali da presentare ai TAR ed al Consiglio di Stato, riguardante l'ipotesi del contributo unificato in occasione di trasposizione e del ricorso straordinario al PdR, rientrante questo sì in una logica giuridica finanziaria tanto è vero che sarebbe a carico del trasponente e non del precedente ricorrente al PdR, alcuni Ministeri hanno inteso, probabilmente più per deflazionare il ricorso all'istituto che per gli introiti possibili, attribuire unilateralmente quel contributo al ricorso straordinario al PdR, che nulla ha a che vedere con quell'impostazione normativa prevista all'art. l'art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Da quel momento parecchi ricorrenti hanno inteso non pagare questo illegittimo balzello, funzionale non a fare cassa, se si pensa che nel 2014 lo Stato ha introitato appena 1.738.750,00 euro per 2.675 ricorsi presentati a fronte di 5.694 presentati nel 2010, ma a deflazionare il ricorso a questo strumento di difesa finora gratuito e di immediata proposizione.

Questo ha innescato parecchi problemi di natura tributaria per i Ministeri che sono chiamati per legge a istruire i ricorsi straordinari, soprattutto quando si devono porre nei confronti del ricorrente come "ente impositore" per il "mancato pagamento del CU".

Per tale motivo, con nota 2 settembre 2013 n. 2257, il Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto: Ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica ai sensi degli art. 8 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del 1971. Verifica di regolarità contributiva ai sensi degli articoli 13, commi 6-bis e 6 -bis.1., 247, 248 e 249 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), mentre con relazione del 9 agosto 2013 n. 3678, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato su un altro quesito in oggetto: Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Accertamento e relativa riscossione in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato.

Nel merito entrambi i pareri sono stata affidati al Consigliere di Stato Elio Toscano, già Capo di Stato Maggiore dell'Arma dei Carabinieri, il quale, rispetto ai due quesiti, incardinati rispettivamente al Numero Affare 03162/2013 e Numero Affare 03070/2013, ha correttamente inquadrato, sotto quasi ogni profilo giuridico, la complessiva vicenda consigliando alla Presidenza del Consiglio di rinviare il tutto al legislatore per un'interpretazione autentica della norma.

Sinteticamente il Consiglio di Stato nell'Adunanza di Sezione del 26 novembre 2014 e del 10 giugno 2015 esprime le seguenti perplessità:

Natura del ricorso: "il ricorso straordinario, che conserva la sua natura di rimedio amministrativo, pur se recenti interventi legislativi ne hanno accentuato la connotazione giustiziale." e "Tuttavia, il ricorso al Presidente della Repubblica è un rimedio atecnico, che non richiede l'assistenza di un difensore, in quanto erede di un istituto risalente, riconducibile alla cosiddetta giustizia ritenuta amministrata dal sovrano che si poneva al disopra dell'ordinamento costituito.";

Capziosità del dettato normativo: "a fronte della concisione del testo normativo, emerge la necessità di uno sforzo esegetico per adattare le modalità applicative del contributo, plasmate sul contenzioso giurisdizionale, al procedimento previsto dal d.P.R. n. 1199 del 1971 per il ricorso straordinario, che conserva la sua natura di rimedio amministrativo, pur se recenti interventi legislativi ne hanno accentuato la connotazione giustiziale.";

Violazione del principio di cui all'art 3 della Carta Costituzionale: "Allorché, poi, il legislatore ha esteso la corresponsione del contributo unificato al ricorso straordinario [art. 13, comma 6-bis, lettera e) del T.U.] ha inserito la relativa disposizione nell'ambito del comma 6-bis detto, che disciplina la misura del contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi e al Consiglio di Stato, limitandosi ad affermare che "…per il ricorso straordinario, nei casi in cui è ammesso, il contributo è determinato nella misura unica di 650 euro".In assenza di altre specifiche disposizioni normative e in applicazione del principio "quod lex voluit dixit", è consequenziale che al ricorso straordinario debbano essere estese, per quanto reso possibile dalle tipicità del rimedio, le regole generali per determinare la misura del contributo unificato in sede giurisdizionale, compresi i casi di esenzione previsti dall'art. 10 del t.u." e "…Allo stesso comma 3 rinvia anche il successivo comma 6-bis, lettera b), dell'art. 13 per le controversie concernenti i rapporti di pubblico impiego, allorché stabilisce la misura del contributo per i ricorsi proposti dinnanzi ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, sicché risulta rafforzata la previsione, espressa anche all'art. 9, comma 2, del t.u., che rende omogenei sotto il profilo tributario gli oneri che gravano sul proponente per i ricorsi in materia di lavoro privatizzato e per quelli in materia di pubblico impiego.";

Violazione dell'art. 53 della Carta Costituzionale: "Si può quindi a ragione ritenere che de iure condito le esenzioni elencate nell'art. 10 del t.u. e qualsiasi altra disposizione dell'ordinamento che consenta in via generale l'esenzione dal contributo in esame sono applicabili al ricorso straordinario"; e "Nel prosieguo del quesito, l'Amministrazione chiede se sia applicabile al ricorso straordinario l'istituto del patrocino a spese dello Stato per i soggetti non abbienti, stante anche l'entità non trascurabile del contributo unificato da più parti lamentata.

Al riguardo si considera che l'art. 74, comma 2, del t.u. stabilisce che il patrocinio a spese dello Stato "È, altresì, assicurato nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate".

La disposizione è conforme al dettato dell'art. 24 della Costituzione, che nel riconoscere il diritto alla difesa statuisce che lo stesso "deve essere inteso come potestà effettiva della assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valer le ragioni delle parti" (Corte cost. n. 46/1957).";

Violazione del principio di ragionevolezza: " In assenza di deroghe espresse, sarebbe comunque irragionevole ritenere che la riduzione a metà del contributo non si applichi al ricorso straordinario, adducendo a supporto di tale convincimento la concisa formulazione della lettera e) del comma 6-bis dell'art. 13, nella parte in cui dispone l'applicazione del contributo unificato al ricorso straordinario.

Infatti, nel caso di disposizioni di incerta applicazione e in ossequio all'indirizzo espresso dalla Corte costituzionale, deve essere privilegiata l'interpretazione conforme a ragionevolezza, in quanto principio che concorre a delimitare gli spazi della discrezionalità legislativa.".

Erroneità dell'impostazione del corpo normativo: "I su esposti elementi di criticità dipendono dall'avvenuto inserimento della previsione del contributo unificato in sede di ricorso straordinario in un corpo normativo avente ad oggetto il ricorso giurisdizionale senza considerare la diversa struttura e natura del rimedio alternativo del ricorso straordinario.".

Il relatore conclude poi con le seguenti eccezioni finali e complessive: " Non si può in conclusione non osservare che dall'analisi condotta emergono elementi di imperfezione e di incompletezza della fonte normativa esaminata concernenti:

1) la previsione della misura minima delcontributo unificato identica per il ricorso straordinario e per quello giurisdizionale;

2) la possibilità che il ricorrente non abbiente non paghi alcuncontributo unificato in caso di accoglimento del ricorso, mentre tale possibilità non appare sussistere per il rimedio alternativo del ricorso straordinario;", disponendo, ai sensi dell'art. 58 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dello stesso tenore risulta il parere dato con Adunanza di Sezione del 3 dicembre 2014 e del 10 giugno 2015, esternando anche in questo caso le seguenti eccezioni di natura amministrativa, ma soprattutto tributaria, in relazione particolarmente alla" competenza a verificare la regolarità del contributo versato e la possibilità di continuare a demandare, ove possibile, all'Agenzia delle entrate gli adempimenti necessari per la riscossione coattiva, ricorrendo al procedimento previsto per l'imposta di bollo.".

Anche in questo secondo caso rilevano dunque perplessità dell'Estensore in merito alla: "concisione del testo normativo",da cui"emerge la necessità di uno sforzo esegetico per adattare le modalità applicative del contributo, plasmate sul contenzioso giurisdizionale, al procedimento previsto dal d.P.R. n. 1199 del 1971 per il ricorso straordinario, che conserva la sua natura di rimedio amministrativo, pur se recenti interventi legislativi ne hanno accentuato la connotazione giustiziale.".

Altre perplessità riguardano anche gli strumenti e gli organi preposti all'ipotetica riscossione del contributo, ricadendo la disciplina prettamente nell'alveo della giustizia tributaria, come peraltro recentemente affermato anche dalla Commissione Provinciale Tributaria di Roma, in relazione all'illegittimità dell'invito al pagamento esperito dal Ministero "istruttore" e controparte nel ricorso presentato, tanto da sollevare recentemente la questione in sede Costituzionale: "Sul punto non si può sottacere che si tratta di adempimenti molto più complessi di quelli richiesti alle pubbliche amministrazioni per l'imposta di bollo, ai quali tuttavia non è possibile sottrarsi, dovendosi applicare la disciplina prevista dagli artt. 247, 248 e 249 del t.u." e "Sul punto va chiarito che se anche il t.u. non menziona i Ministeri quali enti impositori e invero neppure gli enti che hanno emanato gli atti impugnati, è pur vero che la scelta del legislatore di estendere lo specifico tributo al ricorso straordinario non può essere vanificata da difficoltà applicative, ma impone di reperire nell'ordinamento vigente le soluzioni più appropriate, osservando le regole interpretative espresse nell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale.", nonché "In conclusione tuttavia la Sezione osserva che il quesito posto è indicativo di obiettive difficoltà che incontrano le Pubbliche Amministrazioni nel procedere agli adempimenti in questione e che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è certamente una delle amministrazioni più gravate, ove soltanto si consideri che sul Dicastero confluiscono i ricorsi straordinari avverso i provvedimenti degli 8.047 Comuni italiani in materia di urbanistica e di edilizia.".

Il Relatore conclude anche in questo caso che: "Parallelamente, dall'analisi condotta emergono elementi di imperfezione e di incompletezza della fonte normativa esaminata, concernenti la mancanza di disposizioni specifiche aventi ad oggetto l'accertamento per le iscrizioni a ruolo in caso di mancato o insufficiente versamento del contributo per il ricorso straordinario.

I su esposti elementi di criticità dipendono dall'avvenuto inserimento della previsione del contributo unificato in sede di ricorso straordinario in un corpo normativo avente ad oggetto il ricorso giurisdizionale senza considerare la diversa struttura e natura del rimedio alternativo del ricorso straordinario.", segnalando alla Presidenza del Consigli dei Ministri: "…l'opportunità di un intervento legislativo che, nel ridurre l'entità del contributo unificato, rendendolo coerente con la natura del ricorso straordinario di strumento di tutela semplificato, alternativo a quello giurisdizionale (in tal senso il coevo parere della Prima Sezione su affare n. 3162/2012), ripristini il procedimento previsto per l'imposta di bollo. L'Amministrazione competente all'istruttoria dell'atto impugnato avrebbe così soltanto l'obbligo di segnalare all'Agenzia delle entrate l'avvenuta presentazione del ricorso con l'indicazione del contributo concretamente versato.".

Da tutto ciò si evidenzia un quadro generale di effettiva insufficienza normativa che induce alla fine a concludere che il Consiglio di Stato nell'analisi della vicenda è partita da presupposti erronei, un così detto "peccato originale", evidenziato poi nelle perplessità stesse su elencate e che inducono ovviamente a ritenere che il legislatore alla fine non intendesse introdurre un tale, oneroso ed inutile ai fini del gettito fiscale, contributo unificato ma che lo stesso sia frutto invece di una capziosa e distorta interpretazione di un testo che afferisce tutt'altro che i ricorsi straordinari al PdR come istituto ma invece all'unico istituto previsto dall'art. 10 del DPR 1199/71 e 48 del CPA e cioè la trasposizione giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Pertanto sarebbe stato auspicabile che sia i Ministeri interessati che, su loro domanda, anche il Consiglio di Stato si fossero espressi su questo aspetto fondante della questione, che paradossalmente avrebbe eliminato ab origine ogni altro tipo di dubbio finora riportato all'attenzione della Suprema Corte Amministrativa e che invece, come nei due casi qui analizzati, ha distratto la stessa da quello che effettivamente è il problema giuridico principale e cioè l'insussistenza ex lege di un obbligo a pagare un qualsivoglia contributo unificato.

Dr. Carmelo Cataldi

Consiglio di Stato, numero affare 03162 2013
Consiglio di Stato, numero affare 03070 2013

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