di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione VI, sentenza n. 15748 del 24 Giugno 2013. In tema di divorzio e per il caso in cui il coniuge obbligato sia venuto in possesso dell'eredità

paterna durante la convivenza matrimoniale essendo la separazione successiva a tale fatto, l'assegno va rapportato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma indice di tale tenore può essere l'attuale disparità reddituale dei coniugi,  anche se il coniuge erede afferma che i relativi beni immobili erano all'inizio scarsamente produttivi di reddito: il tenore di vita cui deve tendere l'assegno divorzile, non è solo quello in atto ma pure quello potenziale. Per questo, il notevole patrimonio ereditato poteva essere messo a frutto ovvero parzialmente alienato per far fronte ai bisogni famigliari. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 24 giugno 2013, n. 15748.

Il caso riguarda un procedimento di divorzio

nel quale alla moglie era stato assegnato l'assegno per i figli e per la medesima. La Suprema Corte precisa che non può effettuarsi una comparazione tra i regimi di separazione e divorzio, stante la differenza nei presupposti, natura e caratteri dei due assegni (per tutte, Cass. N. 18433/2010). Per quanto riguarda la possibilità di corrispondere l'assegno direttamente al figlio maggiorenne, la Corte di Cassazione precisa che, giurisprudenza consolidata, anche dopo l'entrata in vigore dell'articolo 155 quinquies, codice civile, ritiene legittimato alla richiesta il genitore convivente con il figlio maggiorenne, salvo evidentemente diversa scelta dello stesso, pacifica essendo in causa tale convivenza.

 

In relazione, invece, al mantenimento dei figli minori, l'importo dell'assegno deve tenere conto della loro crescita e delle loro aumentate esigenze, come ad esempio quelle concernenti lo studio.

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