Gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco, difensori di Antonino Speziale, nel presentare ricorso contro la sentenza del tribunale per i minorenni, che ha affermato la responsabilità penale del proprio assistito in relazione all'omicidio preterintenzionale dell'ispettore Filippo Raciti avvenuto durante gli scontri allo stadio Massimino nel febbraio 2007, durante il derby Catania - Palermo, hanno evidenziato diverse lacune dell'impianto accusatorio.
Nell'appello i legali mettono in evidenza tra le altre cose l'esistenza di un "buco" nelle immagini in atti in cui, come aveva già rilevato in origine il GIP, non risulta ripreso "né lo Speziale, uscito dal campo d'immagine della telecamera, né la vittima".
Su autorizzazione degli avvocati Lipera e Coco pubblichiamo il testo dell'atto di appello.

ALL'ECC.MA CORTE DI APPELLO PENALE
CATANIA
ATTO DI APPELLO
Quali difensori di
SPEZIALE Antonino Filippo, nato a Catania il 5/7/1989, ivi residente in Via G. Poulet n. 57/A, imputato nell'ambito del procedimento penale n. 156/07 R.G.N.R. e n. 88/08 Reg. Gen., propongono formale
APPELLO
avverso la sentenza n. 12/2010 emessa in data 9/2/2010 e depositata il 5/5/2010 (assegnatisi il termine di giorni novanta per la motivazione) dal Tribunale per i Minorenni di Catania, che ha ritenuto SPEZIALE Antonino Filippo colpevole del reato di cui agli artt. 110, 584, 585 in relazione agli artt. 61 n. 1 e 2, 61 n. 10 c.p., omicidio preterintenzionale, così riqualificato il fatto ascrittogli in rubrica (omicidio volontario), e, valutata la diminuente della minore età, con giudizio di equivalenza con le contestate aggravanti, condannandolo alla pena di anni quattordici di reclusione, per cui è doveroso premettere
IN FATTO
Com'è tristemente noto, nel corso del derby calcistico Catania -Palermo del 2 febbraio 2007, vi furono a Catania dei gravi tafferugli, tra le tifoserie avversarie e tra queste e le Forze dell'Ordine.
In detta occasione perse tristemente la vita l'Ispettore della Polizia di Stato Filippo RACITI.
Le immagini televisive di quei tristi incidenti di Catania, trasmesse continuamente dai tg nazionali ed esteri, fecero il giro del mondo.
La città rimasta attonita, si fermò per diversi giorni.
Il 5 febbraio, proprio in concomitanza della famosa festa di S. Agata, santa patrona della Città etnea, furono celebrati in forma solenne i funerali di Stato del Funzionario, ove intervennero le più alte cariche istituzionali; la commozione generale fu enorme: non si può accettare il sacrificio umano di un tutore dell'ordine per una partita di calcio.
Il Ministro dell'Interno (Giuliano Amato) in persona partecipò alle esequie.
Intervenne anche l'allora Capo della Polizia Prefetto dott. Gianni De Gennaro.
La rabbia emotiva dei cittadini, i giornali nazionali e locali che stampavano quegli avvenimenti sempre in prima pagina e a otto colonne, i TG come prima notizia, insomma si creò un clima a Catania che non si era mai visto.
Il giorno dopo la visita di Gianni De Gennaro a Catania partono i primi arresti dei tifosi ritenuti (presuntivamente) coinvolti negli scontri, le associazioni degli ultras vengono perquisite, per farla breve inizia la reazione dello Stato (già al Governo e in parlamento si discute - e così sarà - di fare delle Leggi speciali).
La Città - assorta improvvisamente agli onori della cronaca mondiale - vuole un colpevole di quella ingiusta morte; a tutti i costi!
SPEZIALE Antonino, diciassettenne, insieme a tanti altri giovani viene fermato e arrestato dalla Polizia proprio il 6 febbraio.
Il giorno otto successivo viene convocato davanti al GIP per il reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale.
Mentre è in corso l'interrogatorio, giunge alla Procura presso il Tribunale per i Minori un rapporto di denuncia a suo carico: E' LUI L'ASSASINO DELL'ISPETTORE FILIPPO RACITI (il giorno successivo, su tutti i giornali del pianeta, uscirà non solo questa notizia ma anche il falso clamoroso della sua confessione, circostanza che obbligherà i difensori a difenderlo anche sul piano mediatico, ma quella è un'altra storia).
Con C.N.R. datata 8/2/2007, a firma congiunta del Dirigente dalla Squadra Mobile (Dott. G. Signer) di Catania e del Dirigente della DIGOS (Dott. F. Guarino) di Catania, infatti, il minore SPEZIALE Antonino Filippo veniva denunciato alla locale Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni per omicidio volontario aggravato dell'Ispettore Capo della Polizia di Stato RACITI Filippo, per averlo "colpito con un oggetto che gli provocava uno shock emorragico consecutiva rottura post traumatica del fegato".
Con provvedimento del 27/2/2007, depositato il 28/2/2007, il GIP (Dott.ssa Alessandra Chierego) presso il Tribunale per i Minorenni di Catania emetteva ordinanza di custodia cautelare in I.P.M. nei confronti dell'indagato ritenendo (erroneamente) sussistenti gravi indizi di colpevolezza a suo carico.
Tuttavia, già in quell'originario provvedimento, il GIP non può fare a meno di affermare quanto segue "Vi è innegabilmente un "buco" nelle immagini cristallizzate nei DVD, agli atti, ove non viene ripreso né lo Speziale, uscito dal campo d'immagine della telecamera, né la vittima, perché non più ripresa dalla telecamera n°7 che, posizionata sulla semianta del cancello della curva Nord, ruotava verso la parte interna della curva ed oltre il muro di cinta, in conseguenza dell'avvenuta chiusura di metà cancellata da parte delle forze dell'ordine (…) tuttavia, a parere del Giudicante, tale mancanza di immagini, se valutata in una con gli elementi acquisiti agli atti, non vale a scardinare l'impianto accusatorio" (questo è quanto affermava il GIP - Dott.ssa Alessandra Chierego - così motivando il provvedimento restrittivo citato, atto formale con cui nasceva - molto male a dire la verità - questo processo nella sua fase istruttoria, rectius di indagini preliminari).

Successivamente all'applicazione della misura cautelare in I.P.M., in accoglimento di un'apposita istanza del P.M., il G.I.P. presso il Tribunale per i Minorenni di Catania, Dott.ssa Alessandra Chierego, in data 27/3/2007 conferiva un incarico di perizia tecnica al Ten. Col. Luciano GAROFANO, al Magg. Adolfo GREGORI, al Cap. Paolo FRATINI ed al Cap. Aldo MATTEI, in servizio presso il RIS Carabinieri di Parma, formulando i seguenti quesiti:
"rilevato che sono state rilevate sul giubbotto, così una soluzione di continuità sulla fibra (GORE-TEX), ubicata sul lato inferiore destro dell'indumento, come delle tracce di colore chiaro;
considerato che appare opportuno procedere a perizia chimico-fisica sul sottolavello e sul giubbotto indossato dalla vittima, al fine di ricercare sull'uno e sull'altro dei reperti in sequestro residui di materiale o sostanze omogenee tra loro e, se del caso, con la muratura dei servizi igienici dai quali il lavello venne divelto in data 2/2/2007, in occasione dell'incontro di calcio tra le squadre del Catania e del Palermo;
vista l'ulteriore richiesta del Pubblico Ministero in sede di procedere a perizia di tipo "fisico" volta ad accertare l'idoneità dello strumento individuato quale "strumento offensivo" (sottolavello in metallo) a cagionare la soluzione di continuità nel giubbotto di gore-tex indossato dalla vittima, Raciti Filippo, in data 2/2/2007, e ciò alla luce anche dei filmati acquisiti agli atti del procedimento che documentano la condotta offensiva, quantomeno allo stato degli atti, posta in essere dall'indagato Speziale Antonino Filippo;…e, ai sensi dell'art. 398 c.p.p., disponeva procedersi con le forme e le garanzie dell'incidente probatorio "a perizia chimico-fisica sul sottolavello e sul giubbotto meglio indicati in premessa"
Le attività peritali iniziavano, lo stesso giorno del conferimento dell'incarico (27/3/2007), con un sopralluogo presso lo stadio "A.Massimino" di Catania, teatro degli scontri tra le tifoserie e le Forze dell'Ordine, e sono proseguite prevedendo degli incontri per l'espletamento delle prove alle quali sono state invitate ad assistere così la Difesa, come l'Accusa, ogni parte assistita dai propri consulenti (per la Difesa: il Geom. Francesco PRIVITERA, perito aeronautico, per l'Accusa: la Dott.ssa Paola ASILI, biologa presso la Direzione Centrale Anticrimine di Roma, il Dott. Francesco CAMANA, fisico presso la Direzione Centrale Anticrimine di Roma, la Dott.ssa Daniela COZZA, fisico presso il GIPS di Bari, il Dott. Leonardo NUCCETELLI, geologo, della Direzione Centrale Anticrimine di Roma) in un clima di totale collaborazione e trasparenza, oltre che (neanche a dirsi) di estrema serietà e professionalità.
A seguito dell'espletamento della perizia, da parte dei detti Ufficiali dei CC, depositata in data 25/5/2007 e ampiamente ed a lungo discussa all'udienza di incidente probatorio del 28/5/2007 (interamente fono registrato e riprodotto con la stenotipia, che varrebbe veramente la pena di leggere attentamente), nonché alle risultanze della stessa ("In tale quadro ed alla luce delle conclusioni medico-legali e dei filmati a disposizione, pur non potendo esprimersi per una diagnosi definitiva, l'ipotesi dell'inidoneità, sembra riunire maggiori elementi di probabilità"), in accoglimento di una precisa istanza di scarcerazione proposta in data 26/5/2007 dalla Difesa di SPEZIALE Antonino Filippo (con ordinanza circostanziata, analitica, motivata e precisa), il GIP - la stessa Dott.ssa A. Chierego - in data 3-4/6/2007 revocava la misura della custodia cautelare applicata al giovane indagato il 27/2/2007, per sopravvenuta mancanza di indizi, disponendone la immediata scarcerazione.
Avverso il suddetto provvedimento proponevano appello i PP. MM. presso il Tribunale per i Minorenni di Catania che operavano in definitiva una critica generale all'operato dei RIS di Parma, alle metodiche adottate e, ovviamente, ai risultati delle prove svolte che hanno condotto alle conclusioni di inidoneità del sottolavello a produrre lacerazioni sul giubbotto in uso all'Isp. Raciti il 2/2/2007.
Invero, l'appello così definiva la perizia tecnica d'Ufficio di, ben 116 pagine, redatta dai RIS di Parma nominati dal Giudice: "l'asserita approfondita sperimentazione si è rivelata in realtà un ACCERTAMENTO POCO RIGOROSO; INCOMPLETO E NON PRIVO DI ERRORI METODOLOGICI.", di conseguenza contestava il revirement del GIP e clamorosamente giungeva a chiedere l'annullamento dell'impugnata ordinanza "essendo rimasto immutato (ed anzi arricchito) il quadro indiziario"(sic!).
Sostanzialmente nell'atto di appello veniva reinterpretata la impostazione data dai periti di quegli elementi ritenuti a favore e a sfavore della idoneità del sottolavello a produrre tagli simili a quelli repertati: gli elementi ritenuti a favore non venivano neanche presi in considerazione, gli elementi ritenuti a sfavore venivano completamente stravolti e messi sotto accusa, senza mai indicare cosa di ulteriore o di diverso avrebbero dovuto fare i periti nominati per giungere ad un risultato scientificamente valido.
Ecco gli elementi a sfavore della idoneità: 1) l'andamento dei tagli e l'aspetto delle fibre; 2) la presenza nella soluzione di continuo della giacca in sequestro di un limitato numero di particelle di acciaio costantemente abbondanti nei tagli ottenuti sperimentalmente; 3) l'assenza nel taglio e nella giacca in sequestro di tracce riconducibili alla pellicola protettiva a base di polietilene apprezzate nei contatti ottenuti sperimentalmente; 4) gli effetti prodotti nel corso dei test sperimentali impattando con forza le giacche di gore-tex.
La prima censura dell'atto di appello del P.M. aveva ad oggetto la valutazione che è stata fatta dai periti del R.I.S. riguardo all'andamento dei tagli e l'aspetto delle fibre in seguito alle prove d'urto effettuate in sede di sperimentazione dinamica: "In primo luogo è stato ritenuto probante come elemento a "sfavore" dell'accusa l'andamento dei tagli e l'aspetto delle fibre. Ci si riferisce agli esami delle soluzioni di continuità residuate dopo n. 14 prove di impatto con il manichino (cd. "dummy"). Tali prove (14) solo in cinque casi hanno dato soluzioni di continuità. Ebbene il misero campione di 5 tagli è stato ritenuto un campione scientificamente valido" (Cfr. atto di appello a pag. 3).
La relazione di perizia dei R.I.S. di Parma depositata si occupa della suddetta questione nel Capitolo 6 pagg. 102-112: ecco perché quello che i PP.MM. definiscono "misero campione" è stato ritenuto un campione sufficiente e soprattutto scientificamente valido: "STUDIO E CARATTERIZZAZIONE DELLE SOLUZIONI DI CONTINUO DELLE PROVE SPERIMENTALI"
I due giubbotti utilizzati per le prove sperimentali descritte nel capitolo 3 sono stati sottoposti ad attento esame, macroscopico e microscopico, al fine di studiare le caratteristiche morfologiche delle soluzioni di continuo, prodotte dall'urto con il sottolavello.
Le caratteristiche morfologiche delle soluzioni di continuo sperimentali sono state poi confrontate con quelle della soluzione di continuo del giubbotto della vittima, per accertare se il sottolavello, utilizzato con le modalità descritte nel capitolo 3, sia idoneo a produrre soluzioni di continuo analoghe a quella in reperto.
Le soluzioni di continuo prodotte nelle prove #1 e #2 sono caratterizzate da un andamento lineare, esteso per una lunghezza rispettivamente di ~7 cm e di ~5,5 cm, con un parziale sfilacciamento del tessuto.
Soluzione di continuo ottenuta nella Prova #1
La soluzione di continuo della Prova #1 osservata dal lato esterno, della lunghezza di ~7 cm, è caratterizzata da un andamento lineare, passante il tessuto per ~3,8 cm con sfilacciamento della trama in prossimità dei bordi. Il segno sul tessuto continua con una lacerazione superficiale delle fibre, non passante con andamento curvilineo, della lunghezza di ~3,8 cm.

Le fibre del tessuto della soluzione di continuo osservate al microscopio elettronico presentano due tipologie di estremità. La prima tipologia è caratterizzata dai bordi di forma regolare e ben definita, tipica di un'azione di taglio. La seconda tipologia, invece, è caratterizzata dai bordi di forma irregolare, dall'andamento obliquo e allungato, tipico di un'azione di strappo.

La soluzione di continuo della Prova #1 osservata dal lato interno mostra una lacerazione della pellicola bianca di GoreTex, della lunghezza di ~3,8 mm, caratterizzata da un andamento lineare, dai bordi frastagliati, da un orientamento obliquo della trama del tessuto nella direzione della trazione, caratteristiche tipiche di un'azione combinata di taglio e strappo.

Soluzione di continuo ottenuta nella Prova #2
La soluzione di continuo della Prova #2 osservata dal lato esterno, della lunghezza di ~7 cm, è caratterizzata da un andamento lievemente curvilineo, passante il tessuto per ~8 mm con sfilacciamento della trama in prossimità dei bordi. Il segno sul tessuto continua con una lacerazione superficiale delle fibre, non passante con andamento curvilineo, della lunghezza di ~6,2 cm.

Le fibre del tessuto della soluzione di continuo osservate al microscopio elettronico presentano due tipologie di estremità. La prima tipologia è caratterizzata dai bordi di forma regolare e ben definita, tipica di un'azione di taglio. La seconda tipologia predominante rispetto alla prima è caratterizzata dai bordi di forma irregolare, dall'andamento allungato e allargato, tipico di un'azione di strappo.

La soluzione di continuo della Prova #2 osservata dal lato interno mostra una lacerazione della pellicola bianca di GoreTex, della lunghezza di ~8 mm, caratterizzata da un andamento irregolare a forma di "E" rovesciata con dai bordi frastagliati, caratteristiche tipiche di un'azione di strappo.

Soluzione di continuo ottenuta nella Prova #12
La Prova #12 ha prodotto due distinte soluzioni di continuo, la prima è superficiale, non passante il tessuto, e ha una lunghezza di ~4 cm, mentre la seconda è costituita da una doppia lacerazione superficiale delle fibre con andamento lievemente curvilineo, passante il tessuto per ~4 mm.

Le fibre del tessuto della soluzione di continuo osservate al microscopio elettronico presentano le estremità caratterizzate dai bordi di forma irregolare e appiattita, dall'andamento allungato e allargato, tipico di un'azione combinata di compressione e strappo. In alcuni punti della lacerazione sono stati individuati alcuni agglomerati di fibre fuse prodotte da una forte azione meccanica di compressione.

La soluzione di continuo della Prova #12 osservata dal lato interno mostra una lacerazione della pellicola bianca di GoreTex, della lunghezza di ~4 mm, caratterizzata da un andamento lineare con i bordi frastagliati.

Soluzione di continuo ottenuta nella Prova #13
La soluzione di continuo della Prova #13 osservata dal lato esterno, della lunghezza di ~5 cm, è caratterizzata da un andamento lievemente curvilineo, passante il tessuto per ~1 mm, da una doppia lacerazione parallela superficiale delle fibre.

Le fibre del tessuto della soluzione di continuo osservate al microscopio elettronico presentano le estremità caratterizzate dai bordi di forma irregolare e appiattita, dall'andamento allungato e allargato, tipico di un'azione combinata di compressione e strappo.

La soluzione di continuo della Prova #13 osservata dal lato interno mostra una lacerazione della pellicola bianca di GoreTex, della lunghezza di ~1 mm, caratterizzata da un andamento irregolare.

Soluzione di continuo ottenuta nella Prova #14
La Prova #14 ha generato una lacerazione del tessuto, della lunghezza di ~4 mm, caratterizzata da un andamento irregolare, passante il tessuto per ~4 mm, con sfilacciamento della trama in prossimità dei bordi.

Le fibre del tessuto della lacerazione osservate al microscopio elettronico presentano due tipologie di estremità. La prima tipologia è caratterizzata dai bordi di forma regolare e ben definita, tipica di un'azione di taglio. La seconda tipologia è caratterizzata dai bordi di forma irregolare, dall'andamento allungato e allargato, tipico di un'azione di strappo.

La soluzione di continuo della Prova #14 osservata dal lato interno mostra una lacerazione della pellicola bianca di GoreTex, della lunghezza di ~4 mm, caratterizzata da un andamento irregolare con i bordi frastagliati, caratteristiche tipiche di un'azione di strappo esercitata in modo puntuale.

Accertamenti chimico-merceologici a cura del Magg. CC. Adolfo GREGORI.
In relazione poi all'ulteriore elemento della maggiore presenza di particelle di acciaio nelle prove comparative rispetto alla quantità presente nel giubbotto sequestrato indossato dall'Isp. RACITI la sera del 2 febbraio, addirittura si legge che "Avuto riguardo alla maggior presenza di particelle di acciaio nelle prove comparative piuttosto che in quelle realizzate le imprecisioni, le omissioni e gli errori metodologici svelati attraverso l'esame dei periti hanno annullato quasi del tutto la valenza dei risultati"(Cfr. atto di appello a pag. 4).
Riportiamo di seguito la parte della consulenza che tratta delle suddette questioni.
Materiale corpuscolare distaccatosi dal sottolavello in reperto, marca "CVS INOX"
Sullo stub "1-2-3" sono stati osservati degli aggregati inorganici molto eterogenei sia per il loro aspetto morfologico-dimensionale, sia per la loro composizione chimica elementare. A fattor comune è possibile riferire che tali aggregati sono perlopiù costituiti dai vari silicati di magnesio, alluminio, ecc…
Sugli stub "4" e "4bis" sono state ritrovate molte particelle di acciaio (FeNiCr) con tracce di titanio ed anche con tracce di silicati di alluminio.
Sugli stub "L1"; "L2" e "L3" sono state osservate molte particelle di acciaio (FeNiCr), ulteriormente caratterizzanti il materiale di cui è costituito il lavello in reperto.
Sugli stub "A" ÷ "D" relativi a microaree della parte anteriore e posteriore, sono stati osservati degli aggregati inorganici molto eterogenei sia per il loro aspetto morfologico-dimensionale, sia per la loro composizione chimica elementare. A fattor comune è possibile riferire che tali aggregati sono perlopiù costituiti dai vari silicati di magnesio, alluminio, ecc… ma vi sono anche particelle di acciaio (FeNiCr), ferro, nichel, zinco, ecc… nonché particelle di ottone (CuZn).
Sullo stub "air", relativo ai prelievi del ritaglio di tessuto della giacca in sequestro classificato con la lettera "a", sono stati osservati degli aggregati inorganici eterogenei sia per il loro aspetto morfologico-dimensionale, sia per la loro composizione chimica elementare.
Sullo stub "air-red", relativo ai prelievi di parte della sostanza rossastra sul ritaglio di tessuto della giacca in sequestro classificato con la lettera "a", sono stati osservati degli aggregati inorganici eterogenei.
Sullo stub "bir", relativo ai prelievi sul ritaglio di tessuto della giacca in sequestro classificato con la lettera "b", sono stati osservati degli aggregati inorganici eterogenei.
Sullo stub "T", relativo ai microprelievi effettuati in corrispondenza della soluzione di continuo presente sulla giacca in sequestro, sono stati osservati degli aggregati inorganici molto eterogenei sia per il loro aspetto morfologico-dimensionale, sia per la loro composizione chimica elementare. A fattor comune è possibile riferire che tali aggregati sono perlopiù costituiti dai vari silicati di magnesio, alluminio, ecc… ma vi sono anche particelle di acciaio (FeNiCr), ferro, nichel, zinco, ecc… nonché di ottone (CuZn).
In base ai risultati relativi agli stub "A" ÷ "D" sono stati successivamente esaminati gli stub "A1" ÷ "D1" (effettuati su superfici più ampie dell'indumento: prelievi areali) ponendo attenzione, questa volta, alla quantità di quegli aggregati e/o particelle aventi particolare rilevanza investigativa come, ad esempio, l'acciaio (FeNiCr), l'ottone (CuZn), il ferro (Fe), ecc… In tale ottica è stato esaminato anche lo stub "T" relativo ai microprelievi effettuati limitatamente alla soluzione di continuo della giacca, nonché lo stub "9" relativo ai prelievi effettuati sulla faccia anteriore della maschera antigas.
Nelle tabelle nn.5.1 e 5.2 sono riassunti i risultati analitici evidenziando, separatamente, anche la presenza delle particelle dello sparo ritrovate sui vari stub (PbBaSb / BaSb / PbBa / PbSb).
In base agli esiti analitici ottenuti sui reperti esaminati, i risultati relativi alle due giacche in "gore-tex" sperimentali sono stati raggruppati nelle tabelle nn.5.3 e 5.4, ponendo attenzione alla quantità di quegli aggregati e/o particelle aventi particolare rilevanza investigativa come, ad esempio, l'acciaio (FeNiCr), l'ottone (CuZn), il ferro (Fe), ecc… Separatamente, sono state indicate anche le particelle dello sparo ritrovate sui vari stub (PbBaSb / BaSb / PbBa / PbSb).
Il frammento asportato dal sottolavello sperimentale e raccolto sullo stub "Lsp" è costituito d'acciaio (FeNiCr), così come dimostrato analiticamente nelle sottostanti immagini.
Analisi a cura del Capitano Paolo Fratini, coadiuvato dal Tenente Lorenzo Puzzi e gli "Assistenti di Laboratorio" Maresciallo Ordinario Fabrizio Tortora e Carabiniere Scelto Luigi Manna.
In realtà nell'atto di appello sostanzialmente veniva contestato in relazione ai residui repertati, l'uso di due giubbotti di comparazione usati oltre che le metodiche relative alla effettuazione di stub non in seguito ad ogni prova ma in base ad una selezione che i PP.MM. definivano "secondo valutazioni esclusivamente personali", quando durante l'udienza di discussione di incidente probatorio è stato chiarito dagli Ufficiali dei Carabinieri del RIS di Parma che non si trattava di un criterio personale bensì di una scelta logica oltre che scientifica: dal momento che il giubbotto indossato dall'Isp. RACITI presentava una lacerazione sulla fibra, occorreva andare a verificare se le particelle di acciaio fossero presenti ed in quale quantità nel caso in cui l'impatto avesse prodotto dei tagli, proprio al fine di effettuare il test soltanto in una situazione del tutto analoga a quella verificatasi.
Si proseguiva con una serie di supposizioni e mere critiche labili relative anche alle vicende che avrebbero interessato il giubbotto, che si rivelavano in verità del tutto ultronee oltre che tardive, dal momento che quelle vicende erano note per primo alla pubblica accusa che aveva richiesto che si procedesse all'incidente probatorio, così come poi effettivamente è stato.
Un ulteriore punto criticato era il fatto che i periti avessero ritenuto elemento a sfavore della idoneità del sottolavello a produrre tagli l'assenza nel taglio e nella giacca che fu indossata dall' Isp. RACITI la sera del 2 febbraio, di tracce della pellicola che ricopriva il sottolavello, tracce riscontrate invece sul giubbotto di comparazione.
Nell'atto di gravame si contestava la circostanza della attribuzione di valenza probante ad un indice di verificazione del 20%.
Così invece i periti nominati dal Giudice hanno ben esposto le risultanze dei test effettuati in riferimento ai residui di "pellicola" repertati (Capitolo 6, da pag.93 in poi).
Campione "Pellicola protettiva"
Lo strato protettivo di colore bianco prelevato dal sottolavello è costituito da una pellicola polimerica di polietilene e da una massa adesiva di colore nero a base di isoprene.
CARATTERIZZAZIONE DEI CAMPIONI OTTENUTI DALLE PROVE SPERIMENTALI
Analisi chimica del materiale presente sui giubbotti sperimentali
Sul giubbotto utilizzato per le prove sperimentali con il Dummy ed un sottolavello identico a quello in reperto, sono state osservate, in varie prove, tracce di depositi di materiale bianco sia polverulento che compatto. Nei paragrafi che seguono, sono riportate le immagini e le analisi delle tracce riscontrate.
Prove # 2 e #9
Con particolare evidenza nelle prove #2 e #9 sono state osservate alcune tracce di depositi consistenti di materiale bianco non polverulento.
L'analisi di tali tracce ha permesso di stabilire che queste sono riconducibili al materiale plastico della pellicola protettiva bianca della lamiera del sottolavello. L'energia e la pressione prodotta nell'urto del sottolavello con il tessuto del giaccone, provoca la pressofusione e l'applicazione della pellicola sul tessuto.

Prova # 12_92
Nella prova 12_92 sono state osservate alcune tracce di depositi di materiale bianco polverulento riconducibili al carbonato di calcio, presente sul bordo esterno del lavello sperimentale, ed una traccia composta da un agglomerato di carbonato di calcio e residuo di pellicola protettiva.
Infine veniva contestato il quarto motivo di inidoneità, ossia gli effetti prodotti nel corso dei test sperimentali.
Secondo gli appellanti i periti "ancora una volta pur non richiesti introducono elementi estremamente suggestivi per un lettore disattento. La sperimentazione eseguita pertanto non è stata per niente approfondita ma ha risentito di imprecisioni e di metodologie che certamente potevano essere migliori e maggiormente conducenti"
Alle prove d'urto, tanto duramente contestate, gli Ufficiali dei R.I.S. di Parma dedicano un intero capitolo: Capitolo 3 "Sperimentazione sulla dinamica"
PREMESSA
Poiché l'esame dei filmati analizzati non ha consentito di determinare se, ed in quale modo, il sottolavello marca "CVS INOX" in reperto abbia colpito la vittima, i periti hanno ritenuto opportuno effettuare una sperimentazione che riproducesse le varie ipotesi sulla dinamica.
Pertanto, in data 3 maggio 2007 alla presenza delle parti, è stata effettuata una sperimentazione dinamica presso il RIS di Parma, utilizzando un sottolavello analogo a quello in reperto ed un apposito manichino dotato di sensori computerizzati ("dummy" impiegato nei crash-test) fornito dalla Società "HI-TEC srl", sita in Milano - Via Agrigento n°9.
La sperimentazione in parola ha permesso di studiare le varie modalità, con cui un sottolavello analogo a quello in reperto possa essere fisicamente2 impugnato per colpire una persona, similmente a quanto in ipotesi potrebbe essere accaduto all'Ispettore Capo RACITI il giorno 2 febbraio 2007.
All'uopo il "dummy" (che ha l'ovvio scopo di simulare la vittima) è stato vestito con una giacca in "gore-tex" dotata della relativa imbottitura interna ed è stato percosso nella parte anteriore dell'area toracica mediante il sottolavello sperimentale impugnato nei vari modi ragionevolmente possibili.
In questa maniera è stato possibile studiare anche le conseguenze generate sia in termini di effetti prodotti sul "gore-tex" sperimentale (vedasi il trasferimento di materiale sulla giacca; le tipologie di lacerazioni prodotte sul tessuto; la morfologia dei segni d'impatto; ecc…), sia in termini dell'energia ceduta sul bersaglio.
STRUMENTAZIONE UTILIZZATA
Nella sperimentazione sono stati utilizzati i seguenti materiali e strumenti:
* un sottolavello marca "CVS INOX" analogo a quello in reperto per forma, dimensioni e peso. Infatti, in data 13 aprile 2007, è stato prelevato presso lo Stadio "Massimino" di Catania un sottolavello come quello in reperto;
* due giacche in "gore-tex" dotate della relativa imbottitura interna, analoghe a quella in reperto fornite dalla Polizia di Stato;
* vari dispositivi fotografici e di videoripresa, al fine di documentare i test effettuati;
* un "dummy" modello "Hybrid III 50th", matricola HIII-958, il cui certificato di taratura n.2547 è allegato alla presente relazione.

SPERIMENTAZIONE
Il primo risultato della sperimentazione è stato di verificare la remota possibilità che due o più persone di media corporatura possano impugnare contemporaneamente e, soprattutto, in modo naturale un sottolavello come quello in reperto, al fine di utilizzarlo come mezzo contundente.
Tale impossibilità è dovuta a molteplici fattori, tra cui la forma dell'oggetto che vincola gli "aggressori" in una scomodissima posizione di impugnatura e la assoluta mancanza di praticità nei movimenti che, addirittura, potrebbe causare il ferimento di chi impugna il sottolavello.
Ciò premesso i successivi test sperimentali di seguito descritti sono stati realizzati, ipotizzando una sola persona di media corporatura che utilizza il sottolavello come mezzo contundente.
Per ciascun test il "dummy" ha fornito un parametro derivante dai sensori di spostamento presenti nell'area toracica, il quale è proporzionale all'energia ceduta sul bersaglio.
Tutti i test effettuati sono stati documentati mediante un filmato contenuto in un supporto informatico DVD che si allega alla presente relazione.
PROVA #1
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, mantenendolo all'altezza del fianco destro con le due ali rivolte verso sinistra ed in posizione pressoché parallela al piano.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica destra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile una soluzione di continuo classificata con il numero 1 (vedi Capitolo 6 relativo agli accertamenti chimico-merceologici). Il materiale presente sul segno d'impatto #1 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento trascurabile, così come si può evincere dal grafico sottostante.

PROVA #2
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, mantenendolo all'altezza del fianco destro con le due ali rivolte verso sinistra ed in posizione pressoché parallela al piano.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica destra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile una soluzione di continuo classificata con il numero 2 ed un alone biancastro sopra la soluzione di continuo stessa (vedi Capitolo 6 relativo agli accertamenti chimico-merceologici). Il materiale presente sul segno d'impatto #2, nonché sull'alone biancastro, è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 2 e 4mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.

PROVA #3
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, mantenendolo con le due ali rivolte verso sinistra ed in posizione pressoché parallela al piano.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente alla zona toracica destra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 3. Il materiale presente sul segno d'impatto #3 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 2 e 4mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #4
AGGRESSORE: impugna il sottolavello con le due ali rivolte verso sinistra ed in posizione pressoché parallela al piano.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente alla zona toracica destra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo - solo apparenti graffi) classificato con il numero 4. Il materiale presente sul segno d'impatto #4 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento9 massimo compreso tra 4 e 6mm , così come si può evincere dal grafico sottostante10.
PROVA #5
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, colpendo con il lato frontale dello stesso mediante una parziale rotazione del busto.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente al basso torace.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 5. Il materiale presente sul segno d'impatto #5 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 2 e 4mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #6
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, colpendo con il lato frontale dello stesso mediante una parziale rotazione del busto.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 6.
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 4 e 6mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #7
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, mantenendolo quasi al disopra della spalla destra con le due ali rivolte verso l'alto.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica sinistra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 7. Il materiale presente sul segno d'impatto #7 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 8 e 10mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.

PROVA #8
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, mantenendolo quasi al disopra della spalla destra con le due ali rivolte verso l'alto.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica sinistra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 8. Il materiale presente sul segno d'impatto #8 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 6 e 8mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #9
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, mantenendolo quasi al disopra della spalla destra con le due ali rivolte verso l'alto.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente alla parte alta del torace.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto con un alone biancastro (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 9. Il materiale presente sul segno d'impatto #9 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 0 e 2mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #10
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, lanciandolo dal disopra della spalla sinistra con le due ali rivolte verso l'alto.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente alla parte alta del torace.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 10.
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento trascurabile, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #11
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, lanciandolo dal disopra della spalla sinistra con le due ali rivolte verso l'alto.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente alla parte alta del torace.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" I è visibile un segno d'impatto (senza soluzione di continuo) classificato con il numero 11.
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 6 e 8mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #12
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, colpendo con un'ala dello stesso mediante una rotazione del busto.
DUMMY: svincolato dall'appoggio alle spalle e attinto anteriormente alla zona toracica sinistra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" II è visibile un segno d'impatto con due aloni biancastri con soluzione di continuo, classificato con il numero 12 e 92 (vedi Capitolo 6 relativo agli accertamenti chimico-merceologici). Il materiale presente sul segno d'impatto #12 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo compreso tra 6 e 8mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
PROVA #13
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, colpendo con un'ala dello stesso mediante una rotazione del busto.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica sinistra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" II è visibile un segno d'impatto con soluzione di continuo classificato con il numero 13 (vedi Capitolo 6 relativo agli accertamenti chimico-merceologici). Il materiale presente sul segno d'impatto #13 è stato prelevato in laboratorio mediante stub tampone, al fine di essere avviato per gli accertamenti di microscopia elettronica (vedi Capitolo 5).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo di circa 6mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.

PROVA #14
AGGRESSORE: impugna il sottolavello, colpendo con un'ala dello stesso mediante una rotazione del busto.
DUMMY: appoggiato con le spalle ad un vincolo stabile e attinto anteriormente alla zona toracica sinistra.
EFFETTO PRODOTTO: sulla giacca in "gore-tex" II è visibile un segno d'impatto ed una soluzione di continuo classificato con il numero 14 (vedi Capitolo 6 relativo agli accertamenti chimico-merceologici).
SEGNALE RILEVATO: i sensori del "dummy" hanno rilevato uno spostamento massimo di circa 6mm, così come si può evincere dal grafico sottostante.
Inoltre, veniva contestato, in relazione alle prove d'urto, il fatto che il sottolavello con cui erano stati effettuati i test sarebbe stato soltanto "simile" a quello in sequestro ("… non è dato sapere se è stato accertato il profilo della sagoma, se i due lavelli avevano le stesse deformazioni, se i punti taglienti erano uguali in tutti e due i sottolavelli")
Si contestava l'utilizzazione di due giubbotti di comparazione usati (…. non hanno pensato né a lavarli, né di effettuare degli stub cd. "in bianco" al fine di verificare quali tracce di metallo o di altre sostanze fossero già presenti sui tessuti. Cfr. appello a pag.4).
Insomma, venivano mossi tutta una serie di banali e inconsistenti rilievi (mai mossi prima dai Funzionari della Polizia Scientifica di Roma durante le operazioni peritali), senza però fornire o indicare una metodica alternativa e senza che siano state espletate altre prove secondo altri criteri; i PP.MM. sostanzialmente si limitavano ad asserire che la perizia non fosse valida, ma senza mai indicare le loro fonti di convincimento tecnico-scientifiche e le loro esperienze, senza mai neanche citare il lavoro dei propri consulenti.
Ma v'è di più: le critiche sono state mosse soltanto quando la perizia è stata depositata, nonostante ogni prova sia avvenuta nel pieno contraddittorio di tutte le parti e nulla avessero mai avuto da osservare o suggerire i periti dei PP.MM. sul metodo o sul rigore scientifico adottato.
Dopo di che l'atto di appello criticava aspramente l'operato del GIP, reo di avere "smentito se stesso", in relazione alla rivisitazione ed alla rilettura dell'intero quadro indiziario.
Insomma a quanto pare il GIP, pur essendo giunto a dubitare fortemente della validità e della coerenza del costrutto accusatorio, in seguito alle risultanze dell'incidente probatorio, avrebbe dovuto restare ancorato alle iniziali ed originarie posizioni per dimostrare di essere fedele a se stesso: allora sì che avrebbe avuto l'approvazione della pubblica accusa!
Il Tribunale della Libertà per i Minorenni di Catania decideva, erroneamente ed illegittimamente, con l'ordinanza emessa in data 30/6/2007 e depositata il 2/7/2007, di accogliere il gravame proposto dai Pubblici Ministeri in sede disponendo la misura cautelare restrittiva di SPEZIALE.
Ma avverso il suddetto provvedimento la difesa proponeva tempestivo ricorso dinnanzi la Suprema Corte di Cassazione per motivazione illogica e contraddittoria e, a tratti, del tutto inesistente, come per esempio in ordine ai rilievi difensivi formulati all'udienza camerale di discussione dell'appello, nonché per il totale travisamento o stravolgimento delle risultanze peritali (inspiegabile contrasto con la perizia dei R.I.S.); censurando altresì le valutazioni dei Giudici territoriali sulla persistenza dell'efficacia degli indizi di colpevolezza (nell'ordinanza impugnata, infatti, non vi era un solo riferimento a quanto rappresentato dalla Difesa al Tribunale durante la discussione dei motivi di appello proposti dai PP.MM.); da questo punto di vista, infatti, l'ordinanza emessa dal Tribunale per i Minorenni era palesemente carente di motivazione: non una sola parola per spiegare perché quanto sostenuto dalla difesa in udienza non fosse stato ritenuto meritevole di pregio giuridico o scientifico (considerata la materia oggetto di discussione).
Nel corpo del provvedimento impugnato venivano recepite tout court le critiche già mosse dai PP.MM. nell'atto di appello, anzi in certi casi il Tribunale andava addirittura oltre le suddette critiche, senza mai indicare di quali fonti scientifiche si fosse avvalso e sulla scorta di quali conoscenze fosse approdato alle conclusioni ivi rassegnate.
Incredibilmente il Tribunale giungeva ad affermare che la perizia depositata dagli ufficiali del RIS di Parma - che oggettivamente conclude per l'inidoneità del sottolavello a produrre le stesse lacerazioni riscontrate sul giubbotto indossato dal RACITI "In tale quadro ed alla luce delle conclusioni medico-legali e dei filmati a disposizione, pur non potendo esprimersi per una diagnosi definitiva, l'ipotesi dell'inidoneità, sembra riunire maggiori elementi di probabilità", Capitolo 7, pag. 116 della Perizia dei RIS di Parma - "offre pieno riscontro del contatto dei due oggetti (sottolavello e giubbotto)" (ordinanza del Trib. Libertà a pag. 4), operando nel suo provvedimento un totale ribaltamento degli esiti cui erano pervenuti i periti, senza fornire una spiegazione scientifica del loro convincimento, né semplicemente logica.
Invero, il Tribunale giungeva alla suddetta conclusione stravolgendo completamente quello che era stato il ragionamento scientifico e logico adottato dai RIS di Parma e la valutazione di due elementi: la presenza di materiale murario e la presenza di particelle di acciaio.
Le suddette circostanze che erano state ritenute entrambe non probanti, nell'ordinanza emessa dal Tribunale per i Minorenni in data 30/6/2007 diventavano elementi a favore della idoneità, sulla scorta di una mera deduzione apodittica.
Come se non fosse stata depositata alcuna perizia, i giudici del Tribunale per i Minorenni avevano interpretato, senza rendere conto del perché e del come, le risultanze scientifiche a modo proprio.
Invero, gli ufficiali dei R.I.S. di Parma, hanno ritenuto che la presenza di particelle di acciaio e di materiale murario rinvenute sul giubbotto della vittima, pur potendo costituire in astratto elementi a favore della idoneità del sottolavello a provocare le stesse soluzioni di continuo, da soli non possano in alcun modo essere probanti di alcunché, e chiosano infatti la loro stessa affermazione rilevando che "Si consideri comunque sul punto che particelle di acciaio sono state trovate anche sulla parte posteriore della giacca in sequestro e che il materiale murario, per la aspecificità della sua composizione, potrebbe essere stato veicolato anche attraverso il lancio di pietre/sassi, staccati dai bagni dello Stadio" (V. Perizia RIS, Capitolo 7, pag. 116, nota 2).
Peraltro, i limiti oggettivi (che poi sono proprio i limiti del materiale accusatorio) sono stati evidenziati dagli stessi Ufficiali dei CC, sia nella premessa della loro consulenza, che durante la discussione dell'incidente probatorio avvenuta il 28/5/2007.
Capitolo 2, pag 9 e sgg.,"PIANO DI LAVORO. La prima fase dell'indagine è consistita nell'analisi oggettiva del segnale video registrato sui DVD in reperto. Tale accertamento è volto a verificare la qualità delle riprese contenute nel supporto digitale, nonché lo stato di conservazione dello stesso.
Sulla base degli esiti delle analisi preliminari condotte, sono state scelte le tecniche di ottimizzazione dei segnali da adottare, al fine di garantire il miglior risultato.
Le sequenze in reperto sono state acquisite da telecamere a circuito chiuso, collegate ad un sistema di videoregistrazione digitale del tipo Time Lapse variabile.
Dopo aver selezionato gli spezzoni utili all'accertamento, sono stati estrapolati i singoli fotogrammi e, successivamente, sono stati ottimizzati, cercando di evitare il più possibile tutte quelle elaborazioni che potessero modificare i contorni ed i particolari originali.
Inoltre, si è proceduto ad effettuare un'analisi delle intere sequenze filmate, applicando tecniche di ottimizzazione ed opportuni filtri che consentono di migliorare la qualità del singolo frame, ma che impiegano anche informazioni desunte dai fotogrammi che seguono o precedono quello in esame
L'analisi delle immagini si è avvalsa di particolari software di ottimizzazione, restoration ed enhancement che permettono di migliorare caratteristiche qualitative dell'immagine, sia generali, che particolari.
La qualità della registrazione del materiale filmato in reperto è risultata scadente a causa di vari motivi, tra i quali:
1. non idonea installazione delle telecamere per fini di polizia giudiziaria, con il conseguente verificarsi di inconvenienti, tra cui:
* inquadratura di campi troppo vasti e spesso privi di interesse ai fini investigativi;
* mancata copertura di campi visivi, in particolare quello in cui può essere verosimilmente avvenuto il contatto tra l'indagato e le forze dell'ordine;
* scarsa illuminazione o retro-illuminazione dei soggetti;
2. impianto di videoregistrazione del tipo Time Lapse variabile con intervalli di campionamento inadeguati alle esigenze degli accertamenti tecnici. Il sistema, che consente di memorizzare su un unico supporto di memoria immagini di più telecamere in un congruo lasso di tempo, presenta lo svantaggio di avere una scarsa contiguità degli eventi campionati (al massimo otto frame per secondo, nel caso di specie);
3. telecamere di risoluzione non idonea agli scopi di polizia giudiziaria, che causano disturbi quali la sgranatura e/o il basso contrasto delle immagini, utilizzate anche in modalità notturna, con perdita delle informazioni relative al colore, brandeggiabili da un operatore in regia, con conseguente repentina variazione dei campi di ripresa e che assemblano obiettivi in grado di realizzare una corretta messa a fuoco solamente per limitate porzioni del campo visivo.
CONSTATAZIONI
1. Così come delineato nei precedenti paragrafi, le sequenze a disposizione, risultano essere affette da pesanti limitazioni dovute a:
a. scarsa definizione delle immagini, causata sia all'elevata compressione dei filmati, sia al funzionamento delle telecamere, anche in modalità notturna;
b. campi di ripresa limitati da ostacoli che impediscono la visione delle fasi salienti del contatto tra il sottolavello e l'Ispettore Capo Raciti;
c. particolari angolazioni delle riprese, dovute al posizionamento delle telecamere ed al loro brandeggio da parte degli operatori;
d. scarsissime condizioni di illuminazione;
e. considerevole distanza intercorrente tra il sottolavello, i soggetti di interesse investigativo e le telecamere.
2. Per quanto precedentemente affermato, le attività di ottimizzazione delle immagini non hanno consentito di poter documentare le fasi del contatto tra il sottolavello e l'Ispettore Raciti, né di delineare secondo quale dinamica l'indagato abbia agito.

3. Pur tuttavia, le residue informazioni contenute nelle sequenze filmate sono state impiegate per formulare alcune ipotesi circa le possibili/probabili modalità di contatto tra il sottolavello e l'Ispettore Capo Filippo Raciti e sono state utilizzate per predisporre le attività sperimentali, al fine di meglio delineare le procedure analitiche oggetto di perizia.
4. Infine, pur tenuto conto che il sottolavello non viene ripreso per un intervallo temporale di 5 secondi circa, l'analisi delle immagini ha permesso di determinare quale lato dell'oggetto sia stato presumibilmente rivolto verso le forze dell'ordine.
E' evidente che quello che veniva erroneamente e immotivatamente ritenuto un limite oggettivo dal Tribunale in relazione quindi all'impossibilità di avere un lavoro scientifico valido, è perfettamente noto ai periti nominati dal GIP i quali così affermano nel Capitolo 3 della premessa: "Poiché l'esame dei filmati analizzati non ha consentito di determinare se, ed in quale modo, il sottolavello marca "CVS INOX" in reperto abbia colpito la vittima, i periti hanno ritenuto opportuno effettuare una sperimentazione che riproducesse le varie ipotesi sulla dinamica".
Sostanzialmente venivano ritenute fondate e quindi recepite totalmente le stesse critiche all'operato dei RIS contenute nell'atto di appello dei PP.MM., ed in premessa enunciate, ma omettendo in toto di esternare come il Tribunale fosse giunto ad un simile convincimento negativo, considerato il fatto che, pur essendo i giudici periti peritorum, non hanno delle nozioni o delle competenze nella materia della perizia.
Anzi, a dire il vero, il Tribunale faceva riferimento alla "nozione di comune esperienza" sostenendo che tutti (tranne i RIS) sanno, secondo i giudici del Collegio, che "la dispersione di particelle da un tessuto per effetto di agenti meccanici è maggiore ove le particelle abbiano una forma tondeggiante (...)", tutto ciò per sostenere la ipotesi che le particelle diverse da quelle di acciaio, che invece sono di forma irregolare non tondeggiante, non sarebbero state riscontrate all'esame microscopico sul tessuto, in quanto, avendo le stesse forma regolare tondeggiante, sono andate disperse.
Incredibile!
Al di là del riferimento alla comune esperienza, il suddetto ragionamento risultava oltremodo forzato ed artatamente capzioso.
Peraltro, un ulteriore motivo di evidente disapprovazione era dato dal fatto che il Collegio da una parte disconosceva la scientificità della perizia depositata, dall'altra, dopo averne ribaltato le risultanze, la "utilizzavano", con un colpo di bacchetta magica, a favore dalla tesi accusatoria "la perizia offre pieno riscontro del contatto tra i due oggetti (sottolavello e giubbotto)" (ordinanza 30/6/2007, pag. 4).
Ad avviso del Collegio "la mancata identità della morfologia delle fibre in corrispondenza delle lesioni del tessuto non fornisce ulteriore riscontro positivo della circostanza che il taglio sulla giacca della vittima è stato prodotto dal sottolavello in sequestro ma non è di per sé idonea ad escluderla"(pag. 10 dell'ordinanza).
In pratica, anche quello che indubbiamente viene considerato, e non può essere altrimenti,nelle conclusioni della perizia "elemento a favore della inidoneità" viene valutato tamquam non esset.
Insomma delle due l'una: o la perizia non era valida e priva di valore scientifico oppure le si riconosceva il valore che i suoi autori le hanno dato.
In relazione poi alla persistente efficacia degli indizi di colpevolezza a carico di SPEZIALE, nella seconda parte della ordinanza impugnata, il Collegio accoglieva ancora una volta de plano quanto asserito dai PP.MM., così motivando: "condividendo le censure e richiami dell'appellante (vedi alla pag. 8 dell'appello la contestazione, mossa dalla procura al GIP, di avere smentito se stessa giungendo alla non condivisibile e solo apparentemente motivata conclusione che gli stessi [n.d.r. indizi] abbiano perduto l'originaria connotazione della univocità) (...) ", per poi concludere che non sarebbe stato in alcun modo indebolito il valore degli indizi di attribuibilità all'indagato dell'omicidio quali quelli costituiti da alcune frasi pronunciate dalla vittima prima di morire.
In particolare, sarebbe emerso che si trattava di un soggetto alto e grosso, capo della A.N.R., "con i capelli un po' così".
Ora il Tribunale affrontava tale questione con delle improbabili ed illogiche spiegazioni e forzature: con un ragionamento simile ad una acrobazia circense di altissimo rischio, si spingeva fino a spiegare che in realtà: "i capelli un po' così" sarebbero stati compatibili con il taglio corto dello SPEZIALE ed addirittura arrivava a sostenere che l'Isp. RACITI poco prima di morire avrebbe fornito ai suoi colleghi, non la descrizione di chi lo avrebbe colpito in quel frangente, bensì la descrizione del soggetto così come noto alle Forze dell'Ordine e che in fondo lo SPEZIALE faceva parte del gruppo degli "skizzati" e che quindi poteva anche essere lui!
Nel provvedimento, riguardo l'intercettazione audio-video del 6/2/2007 alle ore 21,40, il ripensamento del GIP in relazione al moto involontario del capo dello SPEZIALE che era stato in precedenza frainteso come una tacita ammissione della responsabilità della morte dell' Isp. RACITI , anche alla luce del fatto che il contenuto della suddetta intercettazione non era stato ritenuto dal GIP, nemmeno in sede di applicazione della misura custodiale, come elemento particolarmente significativo, veniva anch'esso criticato.
In ultimo, contraddittoriamente il Tribunale della Libertà reputava priva di riscontri l'ipotesi circa la causa di decesso dell' Isp. RACITI, alternativa a quella dell'emorragia del fegato prospettata dai consulenti di parte Prof. Carlo Torre e Dott. Giuseppe Caruso, che veniva definita come effettuata "sulla base del solo esame degli atti"! (ma su cosa avrebbe dovuto fondare il proprio convincimento il Prof. Torre e il Dott. Caruso se non sulla documentazione fotografica relativa all'esame autoptico dell' Isp. RACITI oltre che alle realzioni medico-legali presenti in atti? Non dobbiamo dimenticare che l'autopsia venne effettuata quando ancora non era stata formalizzata l'accusa di omicidio nei confronti di alcuno, pertanto qualunque altro medico di parte, non avrebbe potuto fare altro se non che esaminare gli atti. Ciò di per sé non può essere una valida ed unica ragione della nulla valenza scientifica della consulenza deposita dal Prof. Torre, il quale si è avvalso per giungere alle sue conclusioni anche della sua significativa e riconosciuta esperienza professionale.
Orbene, all'udienza camerale del 7/12/2007, avanti la Prima Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il P.G. Dott. CEDRANGOLO, con argomentata requisitoria, chiedeva l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza del 30/6/2007 emessa dal Tribunale della Libertà per i Minorenni di Catania.
Il ricorso proposto dalla difesa veniva accolto dalla Corte Suprema di Cassazione, Sez. I Penale, che annullava con rinvio l'ordinanza di custodia cautelare emessa il 30/6/2007 dal Tribunale della Libertà per i minorenni di Catania, censurando il "vizio di palese contraddittorietà e, dunque, di manifesta illogicità, da un lato criticando come inaffidabili i metodi di indagine e le conclusioni peritali e dall'altro opinando che i risultati conseguiti, pur ritenuti inficiati da vistosi errori metodologici, convalidino l'assunto accusatorio, ciò facendo, in difetto di rilievi di sorta da parte del consulente del P.M., in base a proprie personali valutazioni di natura tecnica che, travalicando il ruolo pur tradizionalmente riconosciuto al giudice di peritus peritorum, da condurre con gli esclusivi strumenti della logica, finiscono spesso per porsi come autonomi giudizi specialistici, talvolta espressi in forma dubitativa, congetturale o meramente assertiva, in materie riservate alla valutazione di esperti." (cfr. sentenza a pag. 2).
"Non adeguatamente motivata stimasi, altresì, l'affermazione che l'individuazione sul giubbotto di Raciti di particelle di carbonato di calcio e di silicato di alluminio…sia di per sé confermativa dell'avvenuto impatto tra detto sottolavello ed il giubbotto indossato dalla vittima, avendo il g.i.p., in contrario, osservato (come evidenziato dai periti) che detti elementi potrebbero con altrettanta probabilità essere derivati dal lancio, effettuato dai rivoltosi, di sassi e materiali vari contenenti dette particelle.
Palesi incongruenze logiche si ravvisano, infine, laddove, esaminando il quadro indiziario preesistente alla perizia, il tribunale ritiene, attraverso illazioni e congetture riferibili allo Speziale le indicazioni fornite dal Raciti su un soggetto "alto e grosso", "con i capelli un po' così", "capo della DNR (recte ANR), laddove si dà, contestualmente, atto che l'indagato (non si dice se effettivamente alto e grosso) indossava un cappello che gli nascondeva i capelli e che lo stesso apparteneva ad un diverso club di tifosi, non essendone, peraltro, il capo" (cfr. sentenza a pag.3).
Dopo l'annullamento con rinvio della Suprema Corte, l'udienza per il nuovo esame dell'appello dei PP.MM. avverso l'ordinanza di revoca della misura custodiale per il reato di omicidio volontario nei confronti di SPEZIALE emessa il 3 giugno 2007 dal GIP presso il Tribunale per i Minorenni, veniva quindi fissata per il giorno 24/1/2008.
La discussione dell'appello avveniva dinnanzi agli stessi giudici del medesimo Tribunale che lo aveva già accolto e il giorno stesso, il 24/1/2008, veniva … nuovamente accolto.
A questo punto la difesa (costretta a farlo) riproponeva nuovo ricorso dinanzi alla Suprema Corte, ritenendo che il Tribunale della Libertà per i Minorenni si fosse limitato a ripetere acriticamente le stesse deduzioni già ritenute insufficienti dalla Corte di Cassazione, ma questa volta gli Ermellini annullavano senza rinvio, così motivando:
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Ci si è soffermati in maniera approfondita sulla fase cautelare del provvedimento restrittivo emesso dal T.L. e sulle sentente della Corte Suprema di Cassazione (cioè sugli indizi ritenuti sussistenti dal Tribunale della Libertà per i Minorenni e totalmente assenti dal Supremo Collegio - cfr. "incolmabile la lacuna di gravità indiziaria" Cass. Prima 29/4/2008), poiché in realtà il successivo dibattimento non ha apportato elementi nuovi ed ulteriori, idonei a fondare una pronuncia di colpevolezza.
Infatti, l'accusa ha ostinatamente chiesto ed ottenuto dal G.U.P. (Dott. Francesco Monaco) il rinvio a giudizio sulla base dei medesimi elementi e senza alcun fatto nuovo, contravvenendo alle disposizioni (vigenti all'epoca) previste dall'art. 405 comma 1 bis c.p.p. ("il P.M. … formula richiesta di archiviazione quando la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'art. 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini"), che imponevano al P.M. di disporre l'archiviazione del procedimento.
Ad onor del vero, ed è bene comunque evidenziare, prima che la perizia dei R.I.S. venisse depositata, dopo numerosi incontri tra le parti, nessuno dei consulenti della Polizia Scientifica di Roma aveva mai sollevato rilievi e critiche relativamente alla metodica adottata dagli Ufficiali dei R.I.S. di Parma, anzi in data 17/5/2007 tutti i consulenti del P.M. inviavano una nota alla Procura della Repubblica per i Minorenni in cui così si esprimevano: "Premesso che gli accertamenti delegati ai periti, per quanto osservato fin'ora da noi consulenti tecnici, sono stati espletati correttamente e secondo strategie analitiche condivise dai sottoscritti" (v. nota del 17/5/2007, Prot. 225/C 2007, in carta intesta della Polizia Scientifica di Roma).

Al momento del deposito della perizia, in data 25/5/2007, quando venivano rese note le conclusioni dei periti (RIS di Parma) che contrastavano decisamente con l'ipotesi accusatoria, improvvisamente i consulenti del P.M., e quest'ultimo, mutavano completamente avviso sull'operato dei periti nominati d'ufficio.
Inoltre, successivamente, a sostegno delle loro tesi i consulenti del P.M. effettuavano "privatamente" (ad onor del vero "semiprivatamente", poiché veniva invitato a partecipare il coindagato MICALE Daniele, il maggiorenne che sarà poi processato dalla Corte di Assise di Catania) una loro soggettiva e personale ricostruzione dell'evento (eufemisticamente definita dagli stessi inquirenti "ricostruzione tridimensionale"), forse nel tentativo disperato di colmare il famoso "buco" delle immagini di quei concitati momenti e l'esito negativo della perizia dei RIS di Parma.
In verità la fiction in parola rappresenta una vera e propria forzatura, nel senso che altro non è che lo sforzo di riprodurre la dinamica (a tutti costi favorevole per la tesi accusatoria!) di un impatto a cui incredibilmente nessuno ha assistito e che non è stato riprodotto da nessuno dei fotogrammi delle telecamere di sorveglianza.
Con riferimento poi alla fase dibattimentale, il Tribunale dopo avere escusso innumerevoli testi, sentito i consulenti di parte (Giuseppe Ragazzi per l'Accusa, nonché Giuseppe Caruso e Carlo Torre per la Difesa) ed acquisito materiale documentale, riteneva opportuno, "sua sponte", disporre in data 23/4/2009 una perizia collegiale conferendo incarico al Prof. Pietrantonio Ricci, Prof. Giancarlo Umani Ronchi, Prof. Gatetano Pietro Bulfamante e Ing. Gionata Fragomeni, con i seguenti quesiti:
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Incidenter tantum: va detto che con assoluta ed inspiegabile simultaneità dei tempi, identica ordinanza, contenente tali e quali quesiti e nominando medesimi periti, veniva emessa dalla Corte di Assise di Catania - Pres. Russo, rel. Panzano - avanti cui pendeva analogo procedimento penale a carico del maggiorenne MICALE Daniele (poiché secondo l'ipotesi accusatoria il lamierino - ritenuto arma del delitto - era tenuto in mano da SPEZIALE da un lato e da MICALE da un altro).
La "super" (sic!!!) perizia veniva depositata il 17/11/2009.
A questo punto vi è un colpo di scena finale: P.M. (BUSACCA e VASSALLO) del Tribunale per i Minorenni e P.M. (BONOMO) della Corte di Assise, che fino a quel momento avevano sostenuto in udienza l'accusa per omicidio volontario, modificano il capo di imputazione dei due ragazzi, nei rispettivi processi: da omicidio volontario si passa a quello preterintenzionale.
Come mai?
Cosa era cambiato?
Gli autori della "super" perizia venivano escussi (e controesaminati) all'udienza dibattimentale del 13/1/2010.
All'udienza dell'8/2/2010 il T.M. rigettava le richieste ex art. 507 c.p.p. formulate dalla difesa ed in particolare rigettava di acquisire per intero al fascicolo del dibattimento il fascicolo del P.M., ritenuto il parere contrario del P.M..
All'udienza del 9/2/2010 il T.M. "rigettava l'istanza avanzata dalla difesa, la quale chiedeva, a sostegno delle sue argomentazioni, di introdurre in aula un sottolavello in acciaio della medesima foggia e fattura di quello in sequestro", e ciò dopo che i due PP.MM. di udienza ben ebbero e poter svolgere la loro requisitoria facendo rivedere ripetutamente al Tribunale e al pubblico presente in aula le immagini degli scontri dello Stadio e la fiction (pardon: la ricostruzione tridimensionale dell'evento che nessuno ha visto).

Sentite le parti, come da rito, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, il T.M. emetteva sentenza di condanna alla pena di anni quattordici di reclusione.
IN DIRITTO
La sentenza che si impugna con il presente atto è erronea, ingiusta ed illegittima e merita di essere riformata per i seguenti

MOTIVI
1. PRELIMINARMENTE E NEL RITO

Si impugnano tutte le ordinanze emesse nel corso del dibattimento di primo grado e specificatamente l'ordinanza emessa l'8/2/2010, che rigettava la richiesta di acquisizione al fascicolo del dibattimento il fascicolo del P.M..
L'art. 431 comma 2 c.p.p., citato impropriamente dal Tribunale, è una disposizione posta a tutela delle parti private del processo; il P.M. non è parte privata e non può opporsi affinché gli atti del suo fascicolo (che è pubblico e non privato) vengano acquisiti al fascicolo del dibattimento, ciò del resto contrasterebbe con l'art. 111 comma 3 della Costituzione, che obbliga "l'acquisizione di ogni mezzo di prova" a favore della persona accusata.
Che senso avrebbe?
Solitamente è il P.M. semmai che si batte per fare travasare gli atti del suo fascicolo nel fascicolo del dibattimento e ciò non può avvenire, a tenore della norma richiamata, se non c'è l'accordo delle altre parti processuali, parti private si intende (imputato, parte civile, responsabile civile).
Ma P.M. e parti private, P.M. e difensori sono sullo stesso piano?
Certamente no: il P.M. ha l'obbligo di indagare anche a favore dell'imputato, il P.M. può chiedere l'assoluzione dell'imputato etc., etc., di contro il difensore non potrà svolgere mai indagini contro il proprio assistito né potrà mai chiedere la condanna dello stesso se questi si protesta innocente.
Insomma sono talmente ovvie queste considerazioni da apparire veramente banali.
Si reitera, pertanto, la richiesta di acquisizione integrale del fascicolo del P.M. nel fascicolo del dibattimento.
Si reitera altresì la richiesta della prova testimoniale di NICOSIA Andrea, NICOSIA Santo e RUFFINO Anna Maria, nonché della richiesta di trascrizione delle intercettazioni ambientali intercorse tra i predetti all'interno della sala colloqui della Casa Circondariale di Piazza Lanza del 16/2/2007.
Gli interlocutori tra loro parlano dei fatti avvenuti la sera del 2 febbraio 2007, facendo riferimento alla morte di Filippo RACITI che sarebbe avvenuta perché colpito da un colpo di sportello, così come riferito a NICOSIA Santo da un tale Nuccio Buonamico, elettrauto (V. nota della Questura di Catania, a firma del Dirigente della DIGOS dott. GUARINO, del 21/2/07 alla Procura Distrettuale della Repubblica, con cui trasmette verbale di ascolto e video registrazione tra presenti, proc. n.1146/07 RGNR Ignoti, che migliore scienza qui riportiamo:
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Si reitera infine la richiesta di sentire i RIS di Parma, periti, nella persona di Luciano GAROFANO, Adolfo GREGORI, Paolo FRATINI e Aldo MATTEI.

2. NEL MERITO
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI AVREBBE DOVUTO MANDARE ASSOLTO L'IMPUTATO PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE OVVERO PERCHE' NON LO HA COMMESSO O COMUNQUE PERCHE' NON E' STATA RAGGIUNTA LA PROVA CHE LO ABBIA COMMESSO , AL DI LA' DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO.
La sentenza impugnata è fondata esclusivamente su ipotesi suggestive (come lo stesso Tribunale arriva ad ammettere numerose volte nella stessa sentenza e cioè che il verdetto si basa su indizi e non su prove).
Invero, il Collegio non ha neppure chiarito e motivato adeguatamente per quali ragioni abbia ritenuto dei meri indizi idonei a fondare una sentenza di condanna, peraltro quando è evidente che un'imputazione di questo genere avrebbe meritato senz'altro ulteriori approfondimenti e delle vere proprie prove a carico dell'imputato.
In realtà la sentenza non è altro che il recepimento acritico di tutte le dissertazioni fantasiose portate avanti dall'Accusa già nella fase delle indagini, nonché nella opinabilissima interpretazione delle argomentazioni ipotetiche dei periti dell'ultim'ora, ritenute inspiegabilmente e apoditticamente ineccepibili, nonostante, ripetiamo, le stesse non siano altro che mere ipotesi e teorie, come da i medesimi più volte candidamente ammesso.
Addirittura, così si legge testualmente a pag. 99 della sentenza: "ritiene questo Tribunale che sia incongruo e forviante tentare di indicare un grado di probabilità al di sopra del quale può dirsi raggiunta la certezza processuale".
Invero quanto sopra indicato è un'esplicita ammissione di quello che è stato il criterio ispiratore del Tribunale nella valutazione degli elementi processuali, erroneamente ritenuti indizi a carico dello SPEZIALE, ovvero quello di limitarsi alla probabilità, quando invece al contrario avrebbero dovuto raggiungere la certezza processuale.
Ancora il Collegio a pag. 100 scrive: "Il Tribunale, infatti, non può prendere in esame, a favore dell'imputato, elementi o tesi in sostanza irragionevoli e che non trovano conforto nelle molteplici e convergenti risultanze istruttorie, poiché, così operando giungerebbe a dubitare di ogni cosa, perdendo di vista la realtà".
Quindi, ancora una volta il Tribunale impone il suo dictat e non motiva il proprio assunto, dimostrando di voler rimanere ancorato alla realtà prospettata dall'Accusa, nonostante gli enormi e giganteschi dubbi di questa vicenda, certamente non fugati dalla sentenza emessa.
Non si comprende, inoltre, per quali ragioni i giudici di prime cure escludano a priori le tesi a favore dell'imputato o comunque alternative, senza mai indicarle e specificarle come sarebbe stato giusto fare.
___________
Il T.M. fa innanzitutto lo stesso errore che ha commesso il P.M. prima e il G.U.P. dopo: non tiene conto minimamente del fatto che il processo parte con un ordinanza di scarcerazione per mancanza di indizi, ordinanza che viene avallata per ben due volte da due diversi Sostituti Procuratori Generali della Corte Suprema di Cassazione, da una prima sentenza della Cassazione (7/12/2007) e per ultimo dalla finale sentenza della Corte Suprema di Cassazione del 29/4/2008, che, annullando definitivamente e senza rinvio l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal T.L. per i Minorenni, lapidariamente dichiarava "incolmabile la lacuna di gravità indiziaria".
Or non si comprende, e non si comprenderà mai, come quegli elementi che non furono ritenuti sufficienti indizi per l'emissione di un provvedimento cautelare riescano come per magia, senza alcun fatto nuovo, elevarsi a rango di prove, addirittura certe per pronunziare sentenza di condanna.

____________

Vale dunque la pena di riassumere gli elementi che avrebbero indotto erroneamente a ritenere SPEZIALE Antonino Filippo colpevole del reato ascrittogli, e segnatamente:
1. l'avere egli ammesso in sede di interrogatorio davanti al P.M. in data 8/2/2007, di aver afferrato il sottolavello scagliandolo;
2. l'essere stata la condotta dello Speziale, filmata dalle telecamere n. 7 e n. 8 collocate nei pressi del cancello e del parterre della curva nord, fino al momento in cui, nell'immediatezza del presunto impatto, il sottolavello impugnato dallo Speziale ed il medesimo imputato, scompaiono dal campo di ripresa delle telecamere per un arco di tempo quantificabile in 5,5 secondi (dalle ore 19,08.10.04 alle ore 19,08.15.61);
3. asserita assenza di altri eventi lesivi di rilevanza tale da condurre alle riscontrate lesioni e dunque alla morte del Raciti;
4. la perizia collegiale disposta d'ufficio;
e) alcune intercettazioni audio-video in cui l'imputato parlava con altri fermati dei gravi fatti del 2/2/07.

Posti dunque tali elementi a carico dell'imputato, fermo restando l'innegabile dato che nessun filmato esiste e mai esisterà, così come alcuna dichiarazione testimoniale diretta esiste circa il fatto che il Raciti sia stato effettivamente attinto dal sottolavello impugnato dall'imputato, appare opportuno prendere in esame le testimonianze rese durante il lungo dibattimento, in particolare quelle di tutti quei soggetti appartenenti alle Forze dell'Ordine, sia di coloro che si trovavano proprio nella Squadra di Raciti sia di quelli appartenenti ad altre Squadre, che hanno avuto contatti o soltanto visto il Raciti prima del malore.
Invero, non c'è stato un solo soggetto, tra coloro che pur hanno riferito di essersi trovati fianco a fianco all'Ispettore Raciti nel momento dell'asserito impatto, né tra coloro che a breve distanza si trovavano in quel frangente dinanzi la porta della curva Nord, che abbia riferito di aver visto il contestato impatto tra il sottolavello e il corpo dell'Ispettore o di aver sentito il predetto lamentarsi o almeno raccontare di essere stato colpito tanto violentemente; tuttavia, incredibilmente, il Tribunale non ha ritenuto anomala tale circostanza negativa e non ne ha minimamente tenuto conto, così come non ha tenuto conto delle inesattezze, delle approssimazioni e della confusione delle dichiarazioni di chi ha cercato di rivivere quei momenti.
Elencheremo a questo punto quelle testimonianze che appaiono più significative e rilevanti, in particolare di coloro che, secondo la ricostruzione accusatoria, si trovavano alle 19,07-19,08 insieme al Raciti davanti alla porta della curva nord; quelle testimonianze che sono state citate anche in sentenza, ma valutate dai Giudicanti in maniera manifestamente erronea e quanto mai imprecisa.
Premettiamo innanzitutto una circostanza importantissima e rilevantissima: nei filmati (delle ore 19,07), che risultano allegati al processo, si vedono dei poliziotti e carabinieri, tutti indossanti il casco protettivo, quindi assolutamente irriconoscibili, mentre corrono a passo svelto verso il noto portone della curva nord dello stadio "Massimino".
Ancora un altro elemento che si trae dal fotogramma n. 1 pag. 3 della C.N.R. dell'8/2/2007 della Squadra Mobile di Catania: I FATTI DALL'ARRIVO DEL CONVOGLIO ALLA CARICA: l'Ispettore Capo RACITI dirigeva la squadra ROMA COMO 25-26, comandato di servizio di scorta ai tifosi del Palermo (sei pullman, oltre auto private) sul Pullman contrassegnato dal numero 3; in particolare il predetto viaggiava sul sedile anteriore lato passeggero del mezzo Land Rover Discovery con colori d'istituto c.d. "grigliato", condotto dall'assistente LAZZARO Salvatore.
Il convoglio giungeva presso la struttura sportiva alle ore 19:06:44, come si evince chiaramente dal fotogramma n°1 pag.3 C.N.R., tratto dai filmati registrati dagli operatori della Polizia Scientifica della Questura di Catania.
Mentre i pullman in testa al convoglio arrivarono dinnanzi all'ingresso del settore ospiti, il pullman n° 3, scortato dalla squadra dell'ispettore RACITI, fu costretto, di conseguenza, a bloccarsi in via Cifali (v. verbale di S.I. rese da POLI Carmelo, Agente Scelto, del 4/2/2007, confermate avanti i P.M. per i Minorenni, Dott. A. Busacca e S. Vassallo, il 13/2/2007).
A quel punto i tifosi del Palermo scendevano dai pullman dirigendosi di corsa verso l'ingresso del settore ospiti e fecero lo stesso gli appartenenti alle forze dell'ordine.
Ecco cosa afferma l'agente POLI in relazione a quei frangenti: "Dopo alcuni minuti di ricerca (…) ho visto l'Ispettore RACITI uscire dal settore ospiti. Ci siamo ricomposti come squadra nella Piazzetta Boggiolera, sicuramente io, l'Ispettore RACITI e l'assistente BALSAMO" (S.I. del 4/2/2007). E ancora: "Preciso che quando l'Ispettore RACITI è uscito dal settore ospiti non mi ha raccontato di avere avuto alcun contatto fisico o alcuno scontro con i tifosi del Palermo (…)" (S.I. del 13/2/2007).
Tale circostanza è confermata dalle dichiarazioni rese dall'autista del Discovery Assistente Capo Scelto LAZZARO Salvatore "mentre la squadra capeggiata dall'Ispettore RACITI era entrata all'interno dello Stadio (n.d.r. tribuna ospiti), io mi sono occupato di parcheggiare il mezzo. Sono entrato anch'io all'interno del settore ospiti, e investito dal fumo dei lacrimogeni sono ritornato fuori senza avere la possibilità di verificare se vi fossero i miei compagni di squadra. Trascorsi alcuni minuti ci siamo ricompattati" (S.I. 5/2/2007).
Considerato che il presunto contatto fatale - sempre secondo l'ipotesi accusatoria - sarebbe avvenuto alle ore 19:08:09, l'Ispettore RACITI dalle 19:06:44 (ora di arrivo dell'intero convoglio) alle 19:08:09 (quindi in un minuto e venticinque secondi) sarebbe sceso dal mezzo, avrebbe percorso Via Cifali, sarebbe entrato all'interno dello Stadio sino al settore ospiti, sarebbe uscito dallo Stadio per poi ricongiungersi con i colleghi in Piazzetta Boggiolera, avrebbe organizzato la carica, l'avrebbe effettuata e avrebbe ricevuto il colpo addirittura mortale.
I tempi, così come ricostruiti nella C.N.R., appaiono palesemente inverosimili: è umanamente impossibile che in poco più di un minuto l'Ispettore abbia potuto svolgere tutte le su indicate attività.
Invero apparirebbe più verosimile che la carica di alleggerimento alla quale RACITI ha preso parte sia quella avvenuta alle ore 19:10, in quanto più plausibile da un punto di vista temporale, e come dimostra il fotogramma n°3 (pag.5 della C.N.R.) in cui si potrebbe riconoscere il predetto che in testa ad un gruppo di appartenenti alla FF.OO. di corsa si dirige verso il cancello di ingresso della curva nord per fare rientrare in curva i tifosi così come anche dichiarato dall'Agente Scelto POLI Carmelo "Notando che alcuni catanesi uscivano da una delle porte della curva nord più prossime al settore ospiti ci siamo avvicinati correndo per farli di fatto rientrare in curva. Siamo entrati di circa un metro attraverso l'anzidetta porta, allargandoci, giacchè nel contempo il grosso dei tifosi catanesi era indietreggiato" (vedi verbale S.I. del 4/2/2007 confermato nel verbale 13/2/2007 avanti ai P.M. per i Minorenni).
La suddetta carica delle 19:10, tra l'altro l'unica e sola riferita e descritta dall'agente POLI, trova conferma nelle scene riprese dalla telecamera (n°7 impresso a monitor il n°21) posizionata sul perimetro esterno sopra l'ingresso della curva nord, dalle quali risulta con evidenza la presenza di alcuni tifosi all'esterno della curva che vengono contrastati e fatti rientrare dalla carica capeggiata dall'Ispettore RACITI.
Gli elementi esteriori, che caratterizzano la divisa dell'Ispettore RACITI e che la distinguerebbero da quella di tutti gli altri agenti, consentendo al Dirigente GAMBUZZA di identificarlo con più certezza nel filmato n° 7 del progressivo 19:10 (fotogramma 7 e 8), sono gli stessi che però caratterizzano quella dell'Ispettore DI MAURO (v. S.I. del Dirigente GAMBUZZA Pietro del 6/2/2007 allegato alla C.N.R.).
Vi erano dunque due individui che si distinguevano da tutti gli altri: RACITI e DI MAURO, che si trovavano entrambi negli stessi posti.
Quest'ultimo, secondo la ricostruzione degli eventi effettuata dal V. Sov. della Polizia di Stato SPITALERI Francesco, si trovava anch'esso nei pressi della curva nord (v. S.I. del 6/2/2007 confermato il 13/2/2007 avanti ai P.M. Procura Minorenni).
Tutte le circostanze sopra descritte conducono verso una unica possibile conclusione: l'Ispettore RACITI ha preso parte ad un'unica carica di alleggerimento, quella delle 19:10 e non a quella delle 19,07.
I FILMATI
I filmati allegati alla C.N.R., ritenuti rilevanti ai fini investigativi, sono innanzitutto quelli che alle ore 19:07 ritraggono un drappello di uomini delle FF.OO. che si avvicinano correndo ad uno degli ingressi della curva nord, esattamente la seconda uscita di sicurezza, al fine di chiudere il portone rimasto aperto ed arginare l'uscita dei tifosi (telecamera di video sorveglianza n°7 impresso a monitor n°21, vedi anche fotogramma n°2 a pag. 5 della C.N.R.).
Alle ore 19:08:09 si nota un gruppo di tifosi che sorreggendo un oggetto apparentemente a forma di panca, si dirigono verso l'uscita.
Orbene secondo gli inquirenti, nel gruppo di uomini appartenenti al reparto mobile nelle immagini delle ore 19:07 vi sarebbe l'Ispettore RACITI.
Ma non è arrivato alle 19:06:44?
Ma come avrebbe potuto in 16 secondi trovarsi già lì, considerate tutte le attività dallo stesso svolte in base a quanto raccontato dai suoi stessi colleghi di squadra?!
In realtà l'immagine non ci dà la benché minima certezza sulla presenza dell'Ispettore RACITI in quel gruppo di agenti in quell'orario: era sera, i fumi rendevano scarsissima la visibilità, tutti andavano di corsa, tutti erano in divisa, lo stesso dirigente del X Reparto Mobile (Dr. GAMBUZZA) fa riferimento al modo per individuare RACITI (casco differente da quello dei colleghi ed i gradi sulla divisa), ma si dice più sicuro del riconoscimento in relazione alla carica delle 19:10 e non delle 19:07, né d'altronde vi è qualcuno dei suoi compagni che dice che il predetto avesse partecipato alla stessa.
Or secondo la difesa questi dubbi permangono ancora oggi, a nulla rilevando quanto riferito in proposito dal Vice Questore Aggiunto Giuseppina Neri, Dirigente della Polizia Scientifica di Catania, la quale all'udienza del 19/11/2008 ribadisce quanto dichiarato a s.i.t. rese avanti il P.M. il 13/3/2007 (un mese e cinque giorni dopo la C.N.R. CHE è DELL'872707), secondo la quale le telecamere del circuito chiuso dello Stato e quelle mobili in uso a diversi operatori non erano sincronizzate tra di loro.
Cosa è una "sanatoria" questa dichiarazione della dott.ssa NERI?
Premesso, innanzitutto che la Dott.ssa Neri viene sentita il 13/3/2007 dopo che la difesa di SPEZIALE aveva già rilevato l'incongruenza degli orari, riteniamo che il dubbio evidenziato persista: posto che il Funzionario non è operatore delle telecamere, né sovraintendeva la regia televisiva delle telecamere, per rendere valida la sua testimonianza avrebbe dovuto quanto meno riferire e chiarire come ha fatto questo accertamento tecnico, posto che non basta solo quella sua labiale affermazione.
Per concludere non vi è la prova che in quel drappello delle Forze dell'Ordine, quelli della carica delle 19.07 per essere precisi, vi sia presente l'Ispettore Raciti.

Ma andiamo avanti nell'esame di quanto avviene in pubblico dibattimento.
All'udienza dell'1/12/2008 viene sentito SPITALERI Francesco, vice sovrintendente della Polizia di Stato, in servizio il 2 febbraio 2007.
Sulle modalità del presunto impatto, ecco cosa riferì il suindicato teste: "quello davanti lo portava all'altezza delle spalle come per lanciarlo, quello dietro invece lo teneva sempre sotto le braccia" (Cfr. verbale di udienza dell'1/12/2008 a pag. 6).
E ancora, quando gli venne mostrato uno dei filmati prodotti dall'accusa, il teste nel descrivere l'azione relativa proprio al momento in cui il sottolavello veniva impugnato, ecco cosa disse "Questo è quando l'ha sollevato e l'ha portato all'altezza delle spalle quasi".

(Domanda del P.M.)"L'ha portato all'altezza quasi delle spalle quello davanti."
"Si".
Alla precisa domanda del P.M. "Ha visto se ha impattato qualcuno?" ecco cosa rispose lo SPITALERI: "No, questo, questo momento, quest'attimo non l'ho visto".
E pensare che si era sempre parlato di impugnatura "a mò di ariete" come di quella modalità che avrebbe consentito all'oggetto in questione di assumere una maggiore capacità lesiva!
Invece, dalle dichiarazioni di SPITALERI nulla fa pensare ad un uso del sottolavello "a mò di ariete", ma al contrario tutto ci farebbe pensare al fatto che l'imputato (insieme all'altro soggetto imputato dinnanzi ad altro Collegio, poiché maggiorenne) l'avrebbe meramente lanciato in aria (questo dato fattuale, lungi dall'essere poco rilevante, può altresì ritenersi acclarato nella sentenza n. 15/08 del 12/2/2008 Tribunale per i Minorenni di Catania, Pres. M. Francesca Pricoco, resa nel procedimento n. 578/07 R.G.N.R. e n. 76/07 R.G. contro il medesimo SPEZIALE Antonino Filippo, accusato di resistenza a pubblico ufficiale e che lanciava contro le FF.OO. … un <>, basti leggere a pag. 16 della citata sentenza, ormai passata in cosa giudicata e quindi fa stato, ove vi è scritto testualmente "lancio in aria del sottolavello").
Ed appare altresì rilevante il fatto che il teste, pur trovandosi tra coloro che cercavano di contenere i tifosi dinnanzi alla porta della curva, nel medesimo momento in cui era lì anche l'Isp. Raciti, non abbia assistito ad alcun impatto, ma il Tribunale erroneamente non l'ha ritenuto tale, anzi ha citato brevemente la suddetta testimonianza (cfr. pagg. 32 e 33 della sentenza), dando risalto soltanto ad una parte della stessa ed omettendo palesemente di prenderla in considerazione per intero, come invece avrebbe dovuto fare!
Quanto al Tenente dei CC. ALLEGRETTI Dario, Comandante del nucleo operativo di Messina Sud, in servizio il 2 febbraio 2007, sentito all'udienza dell'1/12/2008, rileviamo che il teste, essendosi trovato dinnanzi alla porta della Curva Nord, nel momento in cui gli agenti di Polizia tentavano di chiudere la porta, proprio per dare loro manforte, riferì di avere avuto accanto in quel frangente l'Isp. Raciti ("Sì, io praticamente guardandolo sulla destra, ho visto la sua spalla che era più o meno la stessa altezza mia" (cfr. verbale udienza 1/12/2008 a pag. 17), tuttavia alla precisa domanda della difesa "Ricorda, è in grado di riferire al Tribunale, se detta lamiera abbia colpito qualcuno?" rispose "No" (cfr. verbale di udienza 1/12/2008 a pag. 17).
E ancora quando gli venne domandato se fosse in grado di riconoscersi nelle immagini sottopostegli in visione, disse "No" (cfr. verbale udienza 1/12/2008 a pag. 19), circostanza che avvalora la tesi difensiva che pone un dubbio fondato sul presunto riconoscimento, tra i componenti del drappello delle FF.OO. del Raciti (lo stesso Tenente Allegretti non riconosce se medesimo, figuriamoci come fanno gli altri a riconoscere il Raciti).
Tuttavia, il Tribunale a pag. 27 della sentenza, cita anche la testimonianza dell'ALLEGRETTI, che in realtà non è stato in grado di fornire spunti o elementi rilevanti sull'asserito impatto, anzi ha evidenziato il fatto che, pur essendo stato spalla a spalla con l'Isp. Raciti non ha saputo riferire alcunché su un qualsiasi tipo di impatto o di azione lesiva nei confronti dello stesso.
E' assolutamente inverosimile che un soggetto, che sia stato accanto all'Isp. Raciti durante la fase di contenimento dei tifosi, in cui si assume sia avvenuto l'impatto poi rivelatosi fatale, non abbia visto nulla!
Ma il Tribunale evidentemente (e con estrema superficiliatà) non ne ha tenuto conto!
Ma all'udienza dell'1/12/2008 viene sentito come teste anche CARTABELLOTTA Giuseppe Armando, Maresciallo Capo dei Carabinieri in servizio al XXII battaglione Sicilia di Palermo, in servizio il 2 febbraio 2007.
Su precisa domanda del Presidente che chiedeva al teste se avesse visto che l'oggetto colpiva qualcuno, così rispondeva: "la mia risposta è, non ricordo, sicuramente l'ho vista cadere a terra … e non ricordo materialmente che questa lamiera abbia colpito qualcuno" e ancora "…in questo varco che era stato creato … i manifestanti all'interno sicuramente ci tiravano qualsiasi cosa avessero a disposizione, tra le cose c'era questa lamiera che è proprio uscita a getto dalla porta praticamente" (cfr. verbale udienza 1/12/2008 pagg. 25-26).

È chiaro che la dinamica descritta dal teste non ha niente a che vedere con quella proposta dall'accusa ovvero suggerita dal consulente nominato Dott. Giuseppe Ragazzi, medico-legale, il quale dichiarava che "presupposto essenziale di tale meccanismo deve essere considerato l'uso dell'oggetto in argomento a guisa di ariete"; il testimone ha invece parlato di un lancio, e che è cosa diversa di usarlo a mò di ariete.
Ma ancor più eloquente è la testimonianza di BARTILONA Massimiliano, carabiniere scelto, in servizio al XII battaglione Sicilia di Palermo, sentito all'udienza dell'1/12/2008.
A domanda del P.M. che gli sottopone il filmato dell'azione, così risponde a proposito del sottolavello: "allora io quell'oggetto l'ho visto volare e dalla mia visuale in pratica ho visto solo che usciva dalla porta , cadeva a terra e strisciava per qualche metro" e ancora su domanda del P.M. "ricorda se il suddetto oggetto a colpito qualcuno?", Risposta: "No" (cfr. verbale udienza 1/12/2008 pag. 29).
Il suindicato teste, non preso minimamente in considerazione dal Tribunale, invero si rileva un teste fondamentale ai fini della ricostruzione della dinamica dell'azione, poiché lo stesso riferisce di non avere mai perso di vista l'oggetto, in quanto lo ha visto volare, cadere a terra e strisciare per qualche metro, ma soprattutto non ha visto colpire nessuno.
Ci domandiamo: per quale ragione il Tribunale non ha preso in considerazione questa testimonianza?
Forse non è stato ritenuto attendibile questo teste?
Ma se così fosse il Tribunale avrebbe dovuto spiegare per quale motivo non abbia ritenuto veritiero il ricordo del BARTILONA, mentre ha ritenuto tale il ricordo di altri soggetti che invece dicevano di non ricordare e che hanno avuto bisogno dei suggerimenti dell'accusa e dei chiarimenti del Presidente per descrivere il fatto.
Peraltro, questa descrizione è assolutamente compatibile con quanto si può constatare dalla visone serena e obbiettiva dei filmati che riprendono la suddetta scena (cosa che la Corte di Appello avrà modo di fare).
All'udienza dell'1/12/2008 viene sentito come teste anche CASELLA Claudio, carabiniere scelto, in servizio al XII battaglione Sicilia di Palermo; in effetti la ricostruzione del Bartilona è riscontrata e confermata.
Infatti, il Casella Claudio, su domanda del P.M. "Lei questo oggetto l'ha visto portare o no?" così rispose "no io l'ho visto strisciare, è arrivato lanciando e poi ha strisciato per terra" (cfr. verbale udienza 1/12/2008 pag. 31).
Interviene il difensore e domanda: (Avv. Lipera) "scusi, carabiniere scelto, lei ha visto questa lamiera colpire qualcuno?" RISPOSTA: "questo non lo posso dire". Avv. Lipera: NESSUN'ALTRA DOMANDA!
Lasciamo adesso i carabinieri e passiamo ai poliziotti.
BALSAMO Giuseppe, in servizio al X° Reparto Mobile di Catania, anch'egli in servizio il 2 febbraio 2007, viene sentito all'udienza del 18/12/2008.
BALSAMO Giuseppe, faceva parte della stessa squadra dell'Ispettore RACITI, al momento della visione dei filmati si riconosce, dopo una contestazione in aiuto alla memoria da parte del P.M., accanto all'Ispettore Raciti, tuttavia quando il P.M. gli domanda se abbia visto il sottolavello, così risponde: "No, non sono riuscito a vedere" (cfr. verbale udienza 18/12/2008 pag. 33).
La risposta di BALSAMO è chiara (come le altre del resto) e non si può interpretare diversamente: non è riuscito a vedere nulla perché in realtà il sottolavello non ha colpito l'Ispettore RACITI, atteso che quest'ultimo non si è neanche preoccupato di dirlo al collega che gli stava accanto e che faceva parte della stessa squadra.
Riassumendo: dalle numerose testimonianze (e ricordando sempre che non vi sono immagini), si giunge ad un'unica, incontrovertibile ed ineluttabile conclusione certa che è diametralmente opposta rispetto a quella che invece ha raggiunto apoditticamente, illogicamente ed ingiustamente il Tribunale, considerando che le dichiarazioni di coloro che hanno vissuto realmente e personalmente quei momenti risultano certamente più attendibili di qualsiasi ipotetica ricostruzione che invece vorrebbe farsi nella sentenza impugnata, che peraltro trascura inspiegabilmente tutti questi dati certi e non ipotetici.
ANALISI DEI FILMATI
L'attento e oggettivo esame delle dichiarazioni testimoniali avrebbe dovuto peraltro ricondurre il Tribunale ad una diversa conclusione sulla durata effettiva dell'azione asseritamente delittuosa.
Sostiene il Tribunale che dall'attento esame del timer delle videoriprese della telecamera n. 7 sarebbe trascorsi circa 5,5 secondi (dalle ore 19.08.10.04 alle ore 19.08.15.61) tra l'attimo in cui l'imputato sparisce dalla visuale e l'attimo in cui il sottolavello si vede sull'asfalto.
Secondo il Tribunale "questo breve lasso di tempo è certamente sufficiente e compatibile con gli eventi descritti dai testimoni oculari e in particolare con la caduta dell'oggetto vicino al cancello …" (cfr. sentenza a pag. 35).
E sin troppo evidente che il Collegio non ha affatto ben attenzionato i filmati!!!
Risulta infatti indiscutibile che SPEZIALE Antonino sparisce dalla visuale alle ore 19:08:10:04 ma ricompare nell'atto di ritornare verso lo Stadio circa due secondi dopo e segnatamente alle ore 19:08:12:12: si può osservare, infatti, SPEZIALE Antonino Filippo che di spalle si allontana dal cancello della Curva nord dirigendosi verso l'interno dello stadio.
L'azione dell'imputato, pertanto, è durata dalle ore 19:08:10:04 alle ore 19:08:12:12, appena meno di due secondi e non come invece erroneamente sostiene il Tribunale circa 5,5 secondi (cfr. fotogrammi telecamera n. 7 dalle ore 19:08:10:04 alle ore 19:08:12:12).
Pertanto, due secondi (appena) non sono certamente un lasso di tempo sufficiente e compatibile con la ricostruzione proposta dall'Accusa e negligentemente avallata dal Tribunale.
Certo, se è vero che la capacità lesiva dell'oggetto è direttamente proporzionale alla durata dell'azione ed alla spinta esercitata sullo stesso, è evidente che la capacità lesiva effettivamente realizzatasi in quel brevissimo frangente sarebbe stata veramente minima.
L'USO A … MO' DI ARIETE (ovvero teoria Ragazzi)
E' certo però che l'oggetto non è stato utilizzato "a mò di ariete", poiché una simile azione richiede di per sé il protrarsi della pressione esercitata sul corpo che agisce e su quello che oppone resistenza.
Inoltre l'utilizzazione dell'oggetto "a mò di ariete" risulta categoricamente esclusa dalla visione del filmato effettuato dalla videocamera interna alla curva n. 8 impressa a monitor n. 22, ove viene riprodotto il lancio (dicasi lancio!) dell'oggetto che ha una traiettoria ascendente, ossia viene lanciato in aria con un movimento delle braccia verso l'alto.
Si ribadisce inoltre che dalle stesse immagini si evince limpidamente che nel momento del lancio nell'area antistante il portone non vi era la presenza di alcun soggetto appartenente alle forze dell'ordine, verosimilmente a causa del fatto che gli stessi non rimanevano statici di fronte ad una situazione di pericolo, ma tentavano di impedire ai tifosi di fuoriuscire senza rischiare di essere colpiti.
Dati comunque che vengono riscontrati dalle dichiarazioni testimoniali avanti riferite dettagliatamente ed analiticamente.

POSSIBILI ULTERIORI EVENTI LESISI
GLI SPOSTAMENTI DI RACITI SUCCESSIVI ALLA CARICA DELLE 19:10.
Erroneamente il Tribunale è giunto alla conclusione, anch'essa assolutamente apodittica, che l'Ispettore RACITTI nel corso della serata del 2 febbraio all'esterno dello Stadio Massimino di Catania non potesse essere stato attinto da ulteriori corpi contundenti o che comunque non potesse essere stato coinvolto in altri situazioni di pericolo per la sua incolumità, tali da cagionare la lesione al fegato da cui derivò la morte dello stesso.
Quel che sostiene il Tribunale è assurdo e completamente fuori dalla realtà.
Come chiunque ha potuto tristemente constatare (a livello mediatico, poiché hanno fatto il giro del globo), infatti, le immagini hanno riprodotto scene di vere e propria guerriglia urbana in cui gli Agenti delle Forze dell'Ordine erano bersaglio di lanci di oggetti di tutti i generi: ceramiche divelte dai servizi igienici dello Stadio, estintori, spranghe di ferro, grosse pietre e pezzi di calcinacci, etc. etc.; circostanza evidenziata durante il dibattimento da tutti gli agenti in servizio quella sera nonché da medici, autisti preposti ai soccorsi ed infine dallo stesso Primario del Reparto di Rianimazione dell'Ospedale Garibaldi di Catania, Prof. Sergio Pintaudi, il quale all'udienza del 19/2/2009 così significativamente descriveva il Nosocomio cittadino: "… perché chi ha avuto modo ed occasione di trovarsi all'Ospedale Garibaldi quella sera ha piena contezza del fatto che sembrava un ospedale da guerra e non un ospedale cittadino …" (cfr. pag. 10 verbale udienza del 19/2/2009).
A tal proposito, vi sono le dichiarazioni dei compagni di squadra di Raciti (BALSAMO Giuseppe e LAZZARO Salvatore) che descrivono le fasi di contenimento dei tifosi e più specificatamente il BALSAMO Giuseppe all'udienza del 18/12/2008 che così riferisce: "Si, già ci trovavamo sotto un fitto lancio qualunque tipo di corpi contundenti, pietre, bombe" (cfr. verbale udienza del 18/12/2008 pag. 29).
Nel momento in cui l'Ispettore si accasciava ecco cosa riferisce BALSAMO: "praticamente ci arrivavano tutte pietre, bombe dalla parte alta sulla destra e l'ho fatto posizionare a sinistra dove ci sono i passamani rossi" (cfr. verbale udienza del 18/12/2008 pag. 39).
Altro compagno di Squadra del RACITI, LAZZARO Salvatore, sempre all'udienza del 18/12/2008, in relazione alle situazioni di pericolo in cui si trovavano su domanda del P.M.: "il vostro discovery veniva attinto da pietre altri corpi contundenti?", così rispondeva: "più che pietre direi, anche estintori, blocchi di cemento…" enfatizzando giustamente la gravità della situazione e l'altissimo livello di rischio cui erano esposti in quel frangente, tanto è vero che i mezzi blindati in dotazione alle Forze dell'Ordine riportarono gravissimi danni, così descritti: " diciamo un po' tutta la carrozzeria, i vetri, si sono rotti dei vetri" ed ancora "gli specchietti, dal mio lato si è rotto…" e ancora "staccati completamente" (cfr. verbale udienza del 18/12/2008 pag. 57).
Sentiamo una voce chiedersi: come ha fatto il Tribunale ad escludere che altri corpi contundenti dotati di notevole capacità lesiva abbiano potuto attingere l'Ispettore RACITI in quei momenti, quando dai racconti degli stessi compagni di Squadra è emersa chiaramente l'eccezionalità della situazione, l'enorme confusione che c'era e la gravità degli attacchi talmente violenti da danneggiare fortemente gli stessi mezzi blindati, figuriamoci le persone?
A sostegno del fatto che quella sera diversi appartenenti alle Forze dell'Ordine furono costretti a ricorrere alle cure dei sanitari, vi sono le testimonianze rese in dibattimento dal Dott. VANARIA Fabrizio, medico della Polizia di Stato, in servizio il 2/2/2007 presso lo Stadio Cibali e di DI STEFANO Luigi, autista dell'ambulanza della Questura di Catania, anche lui in servizio quella sera.
All'udienza dibattimentale del 19/2/2009 il Dott. VANARIA così dice: "… feci più o meno gli interventi furono una sessantina. Questo è un numero approssimativo …" e poi ancora "nei vari soccorsi gran parte dei ferimenti erano dovuti o per il lancio di oggetti, o … erano soprattutto traumi contusivi oppure ferite lacero contuse, cioè dovute o alla contusione diretta di oggetti lanciati o a seguito degli scontri stessi, quindi o oggetti lanciati o scontri diretti, almeno da quello che riferivano" (cfr. verbale dell'udienza del 19/2/2009 pag. 5).
Quanto riferito dal Dott. VANARIA veniva confermato sempre nella stessa udienza dall'autista dell'ambulanza DI STEFANO Luigi, il quale a proposito degli interventi effettuati così rispondeva: "ma una sessantina, anche di più, ma tutti colleghi …" (cfr. verbale dell'udienza del 19/2/2009 pag. 8).
LA PIETRA!!!
Ma ancora più emblematica è la testimonianza resa dal Dott. FERRINGA Domenico, Medico principale della Polizia di Stato, in servizio la sera del 2/2/2007, il quale in relazione al momento in cui soccorse personalmente l'Ispettore RACITI, evidenziava che: "il Balsamo mi disse che lui era stato colpito da una pietra e che tra lui e Filippo era caduta una pietra tra loro due, questo fu quello che mi disse" (cfr. verbale dell'udienza del 10/12/2008 pag. 14).
Ciò per sottolineare ancora una volta delle innumerevoli occasioni in cui l'ispettore Raciti si trovò esposto a gravi rischi per la sua incolumità.
È importante, oltre che rilevante e conducente, sottolineare che nessuno dei testi escussi in dibattimento ha riferito che l'Ispettore RACITI avesse raccontato loro di accusare di dolori o di disturbi di alcun genere (non dimentichiamo che l'Ispettore ha riportato la frattura di quattro coste, circostanza che chiunque sa essere causa di dolori lancinanti - oltre che di difficoltà respiratorie - vera e propria apoteosi del dolore).
Del resto neanche coloro che hanno avuto modo di incontrare l'Ispettore Raciti poco dopo l'asserito impatto (delle 19,08) hanno riferito di averlo visto sofferente, né di aver ricevuto dallo stesso dettagli sulla modalità di una qualsiasi aggressione che questi avesse ricevuto.
Per altro verso, dalle dichiarazioni rese non si può escludere affatto, ansi è il contrario, che l'Ispettore RACITI abbia potuto subire, proprio nei frangenti avanti ricordati, attacchi la cui lesività sia potuta essere tale e idonea a provocarne successivamente la morte.
In particolare il Dirigente della DIGOS di Catania, Dott. Ferdinando Guarino, all'udienza del 10/12/2008, racconta di avere visto l'Ispettore Raciti in una posizione di pericolo e di averlo invitato ad allontanarsi, più specificatamente riferiva sulla posizione dei tifosi e dell'ispettore Raciti: "erano tutti posizionati sopra dei gradini, sopra la gratinata e da lì lanciavano dei corpi contundenti, oggetti oppure anche dei petardi o non petardi. L'ispettore Raciti era lì che li fronteggiava" (cfr. verbale di udienza del 10/12/2008 pagg. 7-8).
Ma l'Ispettore era determinato a restare perché stava cercando un soggetto che gli aveva fatto qualcosa, in quella circostanza (sia chiaro e fermo restando che quel soggetto non corrisponde con le caratteristiche fisiche dello SPEZIALE come abbiamo sempre sostenuto e come illustreremo in seguito) però lo stesso non ha riferito al GUARINO di accusare alcun fastidio fisico.
Vista la grave situazione di pericolo il Dott. GUARINO contattava il Responsabile del Servizio, Dott. LA PIANA Francesco, dicendogli di fare spostare l'ispettore RACITI unitamente alla sua Squadra.
Circostanza confermata dallo stesso Dirigente all'udienza del 24/11/2008, il quale nel ricordare l'incontro con l'Ispettore lo connota con una serie di particolari relativi all'atteggiamento, all'umore e comunque all'apparenza di quest'ultimo che appaiono certamente incompatibili con quelli di un soggetto che aveva una lesione epatica ed un'emorragia in corso oltre quattro coste fratturate.
L'incontro tra Raciti e il Vice Questore La Piana
Peraltro, considerato che il Dirigente ha riferito di non conoscere l'ispettore Raciti fino al quel momento, il racconto risulta essere certamente obbiettivo ed attendibile, proprio perché non poteva essere alterato dalla conoscenza del soggetto e dal carattere dello stesso.
Ecco come lo descrive: "era assolutamente determinato a non andarsene. Addirittura mi sorrise. Proprio mi ricordo questa figura quasi indifferente a quello che succedeva, pienamente … senza alcun timore della situazione, assolutamente non condizionato dagli eventi mi disse ... mi sorrise e mi disse: <>. <>, e lui mi rispose: <>…" (cfr. verbale di udienza del 24/11/2008 pag. 18).
E ancora: "Lui era in piedi, mi ricordo proprio esattamente la posizione che aveva perché era una situazione di estrema eccitazione, lui era anche quasi impassibile, calmo, proprio era messo con le mani così. Aveva, mi ricordo, le mani sui fianchi ed uno sguardo assolutamente sereno, quasi sorridente" (cfr. verbale di udienza del 24/11/2008 pag. 20).
Nella prosecuzione dell'esame testimoniale del Dott. LA PIANA questi collocò temporalmente l'incontro intorno alle ore otto e anche un po' dopo e sino a quel momento l'Ispettore Raciti appariva oggettivamente sereno e sorridente, per come, più volte, riferito dallo stesso, che ha avuto modo di dialogarci personalmente.
Ciò dimostra indiscutibilmente quanto manifestamente errate sia la ricostruzione (cfr. sentenza impugnata pagg. 75 e segg.) del Capo della Squadra Mobile Signer e di chiunque altro, che riferisce di riconoscere (noi lo contestiamo decisamente) RACITI in un filmato di Antenna Sicilia (DVD n.32 della produzione doc. del P.M.) ove si noterebbe l'Isp. RACITI intorno alle ore 20,10 zoppicare fistosamente e trascinare la gamba destra mentre si appoggia al blindato della Polizia. Ciò è inconciliabile con quanto affermato dal LA PIANA ed infatti riguardano il filmato è indiscutibile che quel poliziotto che camminava non è assolutamente riconoscibile (visto peraltro di spalle).
Questo importante elemento, rilevante sicuramente ai fini di valutare quelle che erano le condizione generali dell'Ispettore RACITI in quel momento, successivamente cioè al presunto impatto, stranamente non è stato tenuto in considerazione dal Tribunale, nonostante la difesa anche in sede di arringa finale lo abbia giustamente evidenziato.
Un altro elemento erroneo che il Tribunale ha ritenuto importante, al fine di escludere la sussistenza di altri elementi lesivi, è stata l'asserita identificazione dell'imputato SPEZIALE tramite le parole dell'Ispettore RACITI che avrebbe pronunciato in diversi momenti.
Ad esempio l'Agente POLI, appartenente alla Squadra dell'ispettore, ha raccontato, anche in udienza, che mentre il Discovery era davanti la Curva Nord il Dott. GUARINO ha sollecitato l'Isp. RACITI ad allontanarsi per il rischio cui potevamo essere esposti e che in quell'occasione questi gli parlava di una persona "alta e grossa appartenente ad un gruppo A.N.R." e aggiungeva "poi ve lo farò vedere io questa persona chi è nelle foto". (cfr. sentenza impugnata pag. 70).
Speziale non è alto e indossava un cappuccio
Il GIP (Dott.ssa Alessandra Chierego), nella propria ordinanza di revoca della misura cautelare e di scarcerazione quindi per sopravvenuta mancanza di indizi, aveva giustamente affermato che tale sommaria descrizione non poteva corrispondere alla figura dello SPEZIALE il quale non è alto, ma soprattutto, la sera degli scontri indossava un cappuccio (così come documentato dai filmati) e non è capo di alcuna associazione di tifosi, né tantomeno della A.N.R. (gruppo di ultras catanesi molto noto).
(Tutte queste critiche sono state giustamente e correttamente recepite dalla Corte Suprema di Cassazione nei provvedimenti di annullamento, dell'ordinanza custodiale con e senza rinvio, sopra specificati).
Tuttavia, il Tribunale, che ben conosce lo Speziale, perché ha presenziato in diverse udienze, ha erroneamente ritenuto che il RACITI parlasse dell'imputato, nonostante questi fosse ictu oculi non alto e vistosamente tozzo e tarchiato.
SPEZIALE, infatti, non è più alto di 1,69 mt. e certo non è oggettivamente alto!
Ed inoltre, considerato che RACITI era circa 1,85 mt., non avrebbe mai definito alto un soggetto di gran lunga più basso di lui.
Inoltre, il Tribunale ha inopinatamente interpretato le parole che sarebbero state pronunciate da RACITI, fantasticando su quello che in quei momenti poteva pensare o intendere.
Ancora una volta contraddittorio ed illogico è il ragionamento relativo all'appartenenza dello SPEZIALE al gruppo dell'ANR, atteso che l'imputato non ha mai fatto parte dello stesso e ciò, infatti, non risulta da alcun atto.
Un altro elemento non corrispondente alla realtà è emerso dalla descrizione di questo individuo (che non conosciamo) che è stata riportata dall'Ispettore Capo TINNIRELLO Salvatore all'udienza del 24/11/2008, che nel confermare le dichiarazione del Dott. Guarino aggiungeva un particolare alla descrizione già resa da quest'ultimo ovvero il fatto che il soggetto cui si riferiva l'Ispettore Raciti avesse i "capelli corti".
Ma quali capelli avrebbe dovuto vedere l'Ispettore RACITI?
SPEZIALE Antonino nel momento in cui avrebbe attinto l'Isp. Raciti, secondo la fantascientifica teoria accusatoria accolta dal Tribunale, indossava un cappuccio sulla testa che copriva i capelli, oltre ad essere travisato in volto, avendo indossato la felpa in modo tale che il cappuccio che normalmente è dietro le spalle veniva a trovarsi sulla parte anteriore in modo da coprirsi il viso (come si può osservare tranquillamente dalla visione dei filmati oltre come si può evincere dalla lettura del capo di imputazione relativo al reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravato dalla circostanza del travisamento).
SPEZIALE, pertanto, non era assolutamente riconoscibile perché assolutamente travisato in volto, quindi se RACITI avesse voluto fare riferimento ad un particolare fisico, certamente non avrebbe indicato i capelli che non si vedevano.
Pertanto, considerato che SPEZIALE Antonino non è ALTO, NON E' STATO CAPO E NE' HA MAI FATTO PARTE DELLA A.N.R., NON ERA RICONOSCIBILE IN VOLTO, PERCHE' INTERAMENTE TRAVISATO, è palese che il soggetto a cui si riferiva l'Ispettore RACITI, parlando con GUARINO, LA PIANA, TUNNIRELLO, POLI e BALSAMO, fosse un altro individuo e non SPEZIALE.
Il dato incompatibile con la figura dello SPEZIALE emerge anche nella testimonianza resa da BALSAMO Giuseppe all'udienza del 18/12/2008, il quale riferisce le parole che l'ispettore RACITI avrebbe pronunciato poco prima di perdere conoscenza "fagliela pagare non ho capito bene quello che mi voleva dire nel senso della sigla …" e ancora "fagliela pagare a quel bastardo, quello con i capelli un po' così'".
Ancora una volta il Tribunale ha omesso di motivare come abbia potuto superare l'evidenza e la realtà, concludendo che si riferisse a SPEZIALE Antonino, quando questi, oltre ad essersi travisato completamente il volto e quindi anche i capelli, non ha mai avuto i capelli "un po' così" (espressione che avrebbe dovuto alludere ad una capigliatura particolare per taglio o per colore), ma ha avuto sempre normali capelli corti.
Questi aspetti, peraltro, ribadiamo, sono stati chiariti sia nel provvedimento di revoca della misura custodiale emesso dal G.I.P. Dott.ssa Alessandra Chierego, nonché nei provvedimenti emessi dalla Corte di Cassazione, già sopra citati.
Ci preme evidenziare che il Tribunale utilizza ulteriori, inverosimili ed illogiche argomentazioni per escludere il verificarsi di alternativi eventi lesivi, nel momento in cui asserisce che "tutte le azioni poste in essere dal Raciti ricadono sotto la diretta osservazione, non solo delle numerose telecamere fisse e portatili in funzione la sera del 2 febbraio 2007 (dentro e fuori lo stadio), ma dello stesso dirigente del reparto mobile Dott. Gambuzza" (cfr. sentenza impugnata pag. 74).
Infatti, il Tribunale sembrerebbe voler riconoscere al Dott. GAMBUZZA un ruolo di supervisore, costantemente ed inverosimilmente accanto all'Ispettore RACITI; cosa che non fu ed era assolutamente impossibile, logicamente e umanamente, dato il numero delle persone che si trovavano fuori dallo stadio, tra appartenenti delle Forze dell'Ordine e tifosi, la concitazione del momento, l'ora tarda per cui la visibilità era certamente limitata; la funzione che svolgeva il predetto di Dirigente del Reparto Mobile avrà comportato certamente il fatto di coordinare le varie squadre presenti e non di osservare per tutto il tempo RACITI.
Invece dalla lettura della sentenza sembrerebbe che GAMBUZZA la sera del 2 febbraio fosse esclusivamente dedicato all'Ispettore RACITI; peccato però che neanche lui abbia visto il presunto impatto!!!

LA "SUPER"-PERIZIA DIBATTIMENTALE
L'esame autoptico eseguito sul cadavere dell'Ispettore RACITI ha fatto evidenziare "la presenza di quattro focolai di frattura a carico del fegato unitamente ad una cospicua quantità di sangue nella cavità peritoneale. In particolare, a livello della cupola epatica era presente una frattura a morfologia lineare avente lunghezza di cm. 8; lateralmente a questa, era evidenziabile una soluzione di continuo avente morfologia lineare e lunghezza di cm. 1,5. A carico della faccia laterale della grande ala era presente un'altra soluzione di soluzione di continuo, avente forma irregolare e dimensioni di circa cm. 6,5. Infine, a livello della faccia inferiore dello stesso organo, in corrispondenza della piccola ala, era presente una piccola lesione lineare. Tutto l'organo appariva ecchimotico. I suddetti rilievi ci inducono a ritenere che l'Ispettore Filippo RACITI abbia riportato un grave trauma chiuso dell'addome, il quale ha provocato lesioni epatiche multiple, foriere di emoperitoneo e conseguente quadro di shock emorragico, esitato nel decesso (…)" (vedi nota del 6/2/2007 a firma del Dott. Giuseppe RAGAZZI relativa ai rilievi preliminari inerenti all'esame autoptico eseguiti sul cadavere di Filippo RACITI).
Terminata l'istruttoria dibattimentale, all'udienza del 23/04/2009, sua sponte, il Tribunale conferiva incarico peritale ad esperti di medicina legale, anatomia patologica e bioingegneria industriale (gli stessi che simultaneamente anche la Corte d'Assise di Catania nel processo a carico del coimputato, MICALE Daniele, ha ritenuto opportuno nominare), incaricandoli - con i quesiti sopra riportati - di accertare la causa mortis ed i mezzi che l'hanno prodotta, evidenziando implicitamente che gli aspetti cruciali della vicenda che ci occupa, ovvero l'aspetto medico-legale e l'aspetto tecnico-scientifico, richiedevano ancora un ulteriore vaglio e un necessario approfondimento.
Sostanzialmente, le problematiche che andavano risolte erano:
1) la causa ultima della morte che, secondo il consulente del P.M. fu dovuta a shock emorragico, ma che è sempre stata contestata dal consulente della difesa, Prof. Carlo Torre, il quale invece individuava la causa mortis in un violento trauma compressivo del torace;
2) la compatibilità delle lesioni riportate dall'Isp. Raciti e riscontrate sul tavolo settorio con tutte le attività svolte dall'Ispettore a partire dal momento del presunto impatto fatale (19:08) fino al momento in cui accusava il malore e veniva soccorso (20:30), ben contestate dai medici-legali della difesa, Carlo Torre e Giuseppe Caruso.
3) l'idoneità lesiva del mezzo sequestrato è ritenuto il mezzo con cui furono procurate le lesioni all'Isp. Raciti, contestata dai RIS di Parma, da Carlo Torre e Giuseppe Caruso.
LE CAUSE DEL DECESSO
Nell'immediatezza dei fatti, la diagnosi del medico di turno all'Ospedale Garibaldi fu la seguente "Arresto cardio-respiratorio dopo barotrauma" e causa del ferimento venne ritenuta l'esplosione di una bomba carta che in effetti brillò proprio sotto il blindato dal quale poco prima l'Ispettore e i suoi uomini, tranne l'autista LAZZARO, erano scesi a causa dei densi fumi di un fumogeno che si erano propagati all'interno del mezzo.
È solo questo l'episodio del malore: ore 20,30 l'Isp. Raciti si accasciava e veniva prontamente soccorso dal compagno BALSAMO.
La dinamica dell'accadimento è stata confermata da LAZZARO Salvatore arricchendola di maggiori particolari che appaiono oggettivamente inquietanti e che illustreremo d e t t a g l i a t a m e n t e e con la moviola di qui a poco.
L'assistente BALSAMO Giuseppe, è colui che soccorre l'Ispettore RACITI che sta male e sente la sue ultime parole: "FAGLIELA PAGARE A QUEL BASTARDO … QUELLO ROBUSTO CON I CAPELLI UN PO' COSI' … LA QUESTURA LO CONOSCE … IL CAPO DELLA DNR … " (anche da queste ultime dichiarazioni appare chiaro che l'Ispettore RACITI si riferisse ad altri anziché all'imputato che invece, da come si evince dai filmati, indossava un cappuccio di lana, che tra l'altro gli copriva interamente i capelli, oltre ad avere il cappuccio della felpa che aveva indossato al contrario, proprio per travisarsi il volto, e che non è capo di nessun gruppo di tifosi).
Dopo avere a mala pena caricato l'Ispettore sul blindato, questo si spostava in retromarcia con lo sportello posteriore aperto e tale manovra destava l'attenzione del medico della Polizia di Stato, Dott. FIRRINGA, intorno le ore 20:30, il quale si avvicinava ed entrava nella macchina per verificare le condizioni del ferito che appariva in uno stato di semi-incoscienza, anche se aveva attività cardiaca e respirava.
A quel punto il RACITI veniva trasportato in una barella e poi a bordo di una autoambulanza, con cui il predetto giungeva all'Ospedale "Garibaldi" alle ore 20:40 (v. certificato n. di ordine 33 del 2/2/2007 del Pronto Soccorso "Garibaldi" di Catania).
Nel frattempo il battito cardiaco era venuto meno e i sanitari cercavano di farlo ripartire; tentavano - così riferiscono i sanitari del nosocomio - per circa 90 minuti di salvare l'Ispettore, ma alle 22:15 interrompevano le manovre di rianimazione per sopraggiunta midriasi (v. nota del 4/2/2007 a firma del V. Dirigente Ufficio Sanitario, Dott. FIRRINGA Domenico Savio).
Sulla scorta dei pareri resi dai propri consulenti di parte, Dott. Giuseppe Caruso e Prof. Carlo Torre, i sottoscritti difensori hanno certezza assoluta, che l'Ispettore RACITI non è deceduto a causa del presunto (in realtà mai avvenuto) impatto delle ore 19,08, mai ripreso né tantomeno visto da alcuno dei tanti testimoni presenti in quel frangente.
A ciò si aggiunga che le fratture costali (frattura della 3^, 5^,6^ e 7^ costa di destra), riscontrate sul corpo dell' Ispettore RACITI nel corso dell'esame autoptico, devono aver prodotto al povero Ispettore necessariamente, vista la loro quantità ed entità, dolori lancinanti, di cui però non esiste testimonianza atteso che, al contrario, nessuno, e neppure gli uomini della Squadra di Raciti, dichiara di aver mai notato segni di dolore o udito lamentele, da parte dello stesso, prima delle 20,20 di quella sera del 2/2/2007 (ciò a dimostrazione che le coste ebbero a fratturarsi in quel momento, cioè alle 20,20-20,30, e non alle 19,07-19,08).
A questo punto, ad allargare la nebbia, anziché portare un po' di luce, vi è la "super"perizia disposta dal Tribunale, perizia che nessuno delle parti aveva chiesto.
I periti, nelle "Conclusioni diagnostiche anatomopatologiche" a pag. 57 della perizia, hanno affermato che "la fuoriuscita di sangue, per quanto si deduce dai rilievi istologici, è avvenuta solo dai sinusoidi epatici, vasi di tipo similcapillare, ed ha, pertanto avuto i caratteri del gemizio ematico" .
Escludevano, altresì, la presenza di un danno polmonare acuto, mentre la congestione polmonare apparirebbe coerente con insufficienza cardiaca polmonare.
Inoltre, la condizione terminale di grave emorragia sarebbe testimoniata anche dall'aspetto grinzoso della superficie splenica del rene e dal rilievo istologico di sua deplezione della polpa rossa, conseguenti alla spremitura del viscere che viene messa spontaneamente in atto dall'organismo nelle condizioni di emorragia grave.
Ed ecco, infine, come i super periti hanno concluso riguardo alle cause del decesso dell'Isp. Raciti : "è possibile affermare che il decesso dell'Isp. Filippo Raciti sia stato determinato da arresto cardio-respiratorio terminale per il realizzarsi di un deficit multi organo caratterizzato da edema polmonare acuto-scompenso circolatorio-acidosi metabolica, conseguente alla progressiva ipovolemia da emorragia peritoneale prodottasi a seguito di lacerazioni epatocapsulari dirette" (cfr. perizia a pag. 60).
Secondo i periti l'emorragia epatica ebbe un ruolo cruciale nella patogenesi della morte dell'Isp. Raciti.
Tuttavia, la quantità di sangue ritenuta presente nella cavità peritoneale in corso di autopsia, stimata per circa 1,5 l, in realtà, appare insufficiente a causare la morte di un uomo in salute e robusto come l'Isp. Raciti, così i periti a tal proposito asseriscono che parte del sangue fuoriuscito avrebbe imbibito i tessuti molli periepatici, ivi raccogliendosi, e indicano una foto dell'autopsia, la foto 29, in cui in effetti tale infarcimento dei tessuti non si coglie!
Ma in ogni caso il dato sopraindicato è un dato approssimativo, riconducibile ad una stima per eccesso effettuata dal CT dell'accusa, che, tuttavia. non risulta da alcun atto ufficiale che abbia misurato il sangue presente nella cavità peritoneale, ma al contrario dall'osservazione delle foto dell'autopsia sembra di gran lunga inferiore alla quantità indicata.
Il collegio peritale ha anche cercato di stabilire in quanto tempo si sia realizzata l'ipovolemia emorragica, tenendo in considerazione elementi che però "non potevano essere considerati dai CT degli indagati, per l'inconsistenza dei dati autoptici forniti dalla relazione del CT del PM e per la mancanza assoluta di dati istologici" (cfr. perizia a pag. 64) e facendo delle mere "valutazioni deduttive e non sperimentali" (cfr. perizia a pag. 65), "nonostante questo i dati presentati, pur rappresentando non più che ipotesi, appaiono a nostro avviso di rilievo per comprendere come la raccolta ematica endoperitoneale accorsa nel Raciti non possa essersi prodotta in un lasso di tempo breve, valutato nello specifico dai CT degli imputati intorno ai 10-20 minuti" (cfr. perizia a pag. 66-67).
Ma allora è evidente che i periti hanno così concluso sulla base di mere ipotesi, considerato che i dati a disposizione dei CT di parte erano, per loro stessa ammissione, insufficienti e che non si comprende cosa abbiano avuto di più rilevante a disposizione i periti stessi!
Tuttavia, il Tribunale - pur trattandosi di ricostruzioni ipotetiche, però … "di altissimo livello" (cfr. sentenza a pag. 90), ma pur sempre ricostruzioni, diciamo noi - ha accolto acriticamente, e senza spiegare in alcun modo il perché, le teorie dei periti, condividendo immotivatamente anche le conclusioni raggiunte dagli stessi.
Inoltre, il limite più volte ripetuto e sottolineato dell'esame autoptico effettuato dal CT del PM, Dott. G. Ragazzi - i periti dedicano ben 14 pagine alla critica dell'operato del CT del PM (Giuseppe Ragazzi), da pag. 67 a pag. 81, spiegando come avrebbe dovuto procedere, cosa avrebbe dovuto fare e non ha invece fatto - non può non aver avuto ripercussioni anche sull'indagine e quindi sulle conclusioni dei periti!
Del resto, il limite della indagine autoptica effettuata dal Dott. G. Ragazzi è stato chiaramente ripetuto, ribadido ed evidenziato dal Prof. UMANI RONCHI all'udienza del 13/1/2010 "Signor Presidente il Collegio peritale nell'affrontare questo caso si è trovato di fronte a un compito di particolare difficoltà, anche per le carenze di accertamenti essenziali sulla salma dell'Isp. Raciti- questo da un lato li hanno messi allo stesso livello- e dall'altro per le contrastanti perizie del RIS e della Polizia Scientifica sulla causalità lesiva del tragico evento, del resto contestatissimo. La consulenza disposta dal Pubblico Ministero…..forse in parte per l'urgenza di fornire risposte alle turbative del momento, ha trascurato e/o travisato alcuni aspetti essenziali del caso- basta leggere il capitolo della perizia intitolato "critica allo studio autoptico della lesività riscontrata a carico del cadavere di Filippo Raciti", da pag. 67 a pag. 81, manca un'adeguata descrizione delle lesioni della parete toracica ad esempio……manca l'adeguata descrizione della localizzazione, delle dimensioni, dei tramiti della profondità, delle lesioni; manca un'adeguata documentazione fotografica e radiografica, ad esempio il torace non ci sono delle fotografie diciamo assolutamente probanti per quanto riguarda la situazione sterno costale; lascia un po' perplessi il fatto che ci sia un solo esame quello del piastrone sternale visto dalla parte interna … sarebbe stato comunque essenziale, questa è una lacuna che abbiamo sottolineato, aver a disposizione il prelievo al livello delle fratture costali, perché avremmo potuto avere un'idea della lesività, della vitalità o meno di quelle lesioni … … dico, sarebbe stato comunque per dirimere ogni dubbio aver a disposizione dei reperti da esaminare istologicamente … mancano anche delle cose se vogliamo elementari come il peso e l'altezza del Raciti….però comunque sia forse è un segno della frettolosità e come dicevo prima della mancanza di un'organizzazione tecnico-scientifica che poi in una situazione drammatica di questo tipo naturalmente ha lasciato alcune lacune…."(cfr. verbale udienza 13/1/2010 a pag. 4-6).
La superiore premessa, che non lascia spazi ad una diversa interpretazione, è rilevante e significativa, poiché evidenzia i limiti enormi dell'indagine inizialmente effettuata e getta ombre notevoli sulle conclusioni raggiunte dai periti stessi, i quali comunque hanno lavorato sulla base degli elementi raccolti dal Dott. Ragazzi.
Tuttavia i periti non spiegano, né tanto meno lo fa il Tribunale, come abbiano fatto a giungere a delle conclusioni che dovrebbero essere ritenute, nonostante tutto, scientificamente attendibili e adatte al caso concreto, sulla base di reperti e dati raccolti e selezionati dal CT (Ragazzi) del PM che ha operato in modo non del tutto corretto, proprio come hanno detto e fatto rilevare i periti stessi.
Non spiegano, ad esempio, come mai i consulenti della difesa siano stati tratti in errore a causa dell'insufficienza dei dati e loro stessi incredibilmente no!
Ah!, dimenticavamo, loro non sono meri consulenti, ma super periti!
I super periti del Tribunale si occupano anche di valutare e giudicare delle consulenze di parte depositate agli atti.

In particolare, in relazione alla consulenza del Prof. Carlo Torre, il quale nella sua relazione aveva escluso che l'Isp. Raciti fosse morto per emorragia intraperitoneale conseguente alle lesioni al fegato, ma per trauma toracico coinvolgente l'apparato respiratorio, così asseriscono: "si ritiene che tali affermazioni da parte del Prof. Torre si basino non su dati oggettivamente riscontrabili, ma su dati ipotetici e testimoniali, che di fatto non hanno trovato corrispondenza all'esito degli esami istopatologici" (Cfr. perizia a pag. 82), fondando il loro giudizio su un un'interpretazione degli elementi a disposizione (reperti dei bronchi e delle cavità aree intrapolmonari) evidentemente diversa, ma non scientificamente motivata adottando delle spiegazioni autoassertive e limitandosi ad affermare che la loro interpretazione è quella corretta.
Anche qui il Tribunale si limita ad accogliere la loro interpretazione, verosimilmente perché trattandosi dell'interpretazione proveniente dai super periti viene ritenuta sol per questo più valida rispetto a quella dei consulenti di parte.
Le fratture costali
Un altro elemento di contrasto tra le varie consulenze di parte era quello relativo al riscontro di quattro fratture costali (frattura della 3^, 5^,6^ e 7^ costa di destra), la cui importanza era stata giustamente evidenziata da questa difesa ed invece del tutto sminuita da parte del consulente della Pubblica Accusa (il tempo,l'azione, il dolore).
Invero anche il collegio peritale è giunto a conclusioni diverse rispetto a quelle dei consulenti di parte, arrivando a concludere che "dalla morfologia e dalla localizzazione delle linee fratturative costali, si ritiene che si siano prodotte a seguito delle manovre rianimatorie effettuate dai sanitari intervenuti" (cfr perizia collegiale a pag. 86).
Conclusione, manco a dirlo, totalmente accolta dal Tribunale nella sentenza, senza dubitare minimamente di questo tipo di considerazione, nonostante i periti in sede dibattimentale abbiano espressamente evidenziato quanto sia stata lacunosa l'indagine necroscopica delle fratture costali effettuata dal Dott. Giuseppe Ragazzi, il quale sulle dette fratture non ha effettuato né prelievi istologici, né indagine radiografica (cfr. verbale udienza 13/1/2010 pag. 5 "manca un'adeguata documentazione fotografica e radiografica, ad esempio il torace non ci sono delle fotografie diciamo assolutamente probanti per quanto riguarda la situazione sterno costale; lascia un po' perplessi il fatto che ci sia un solo esame quello del piastrone sternale visto dalla parte interna … sarebbe stato comunque essenziale, questa è una lacuna che abbiamo sottolineato, aver a disposizione il prelievo al livello delle fratture costali, perché avremmo potuto avere un'idea della lesività, della vitalità o meno di quelle lesioni … … dico, sarebbe stato comunque per dirimere ogni dubbio aver a disposizione dei reperti da esaminare istologicamente …"- Prof. UMANI RONCHI).
Quindi in realtà non appare per niente pacifica tale circostanza, che invece il Tribunale propone come se fosse un dato di fatto assodato ed incontestabile, quando così non è!!!
Così del resto hanno ammesso durante l'udienza del 13/1/2010 i periti stessi.
Per chiarire come i periti non avevano affatto neppure loro le idee chiare, fu doveroso l'intervento della difesa.
In particolare il Prof. RICCI, medico-legale, della Magna Grecia di Catanzaro, alla specifica domanda del difensore: "abbiamo certezza per poter stabilire quando queste coste si sono fratturate? Se alle 19,00, se alle 20,30 o successivamente al Pronto Soccorso", la risposta del perito è stata categorica: "NO" (cfr. verbale udienza 13/1/2010 pag. 63).
Ma vi è di più, è lo stesso consulente (Dott. Ragazzi) dell'Accusa ad escludere con precisione e puntualità che questo tipo di fratture sia stato provocato dalle manovre rianimatorie (Ragazzi è l'unico che ha visto il davaere)
Ecco cosa afferma il dott. Giuseppe Ragazzi a riguardo, rispondendo alla specifica domanda del P.M., "le fratture certamente possono essere comunque accentuate, ancorchè teoricamente, da manovre rianimatorie. Una cosa importante che devo necessariamente puntualizzare è questa: di solito le fratture da manovre rianimatorie non sono localizzate in questa sede o almeno non solo in questa sede, sono più a sinistra, perché le manovre rianimatorie si fanno al centro del torace ma a limite, un pochino verso sinistra e certamente più in alto signor P.M..queste sono le ultime coste" e ancora "se c'è già una rima di frattura comunque la forza viva consegutiva alle manovre rianimatorie può trasmettersi ma non è la sede delle fratture da manovre rianimatorie e se il Signor Presidente me lo consente fra l'atro c'è una nota che se notate in corrispondenza delle fratture notate il colorito che è nettamente diverso dalla parte contro laterale. È perché è diverso? Quello è sangue, è sangue infiltrato, per cui pensare a manovre rianimatorie condotte sull'ipocondrio destro e basta da personale specializzato, bè, non lo so, poi naturalmente tutto è possibile ma mi viene un pochettino difficile pensarlo" (cfr. verbale di udienza del 10/12/2008 pag. 49).
In realtà un'analisi attenta delle parole suindicate avrebbe dovuto far sorgere almeno il dubbio al Tribunale, che invece ha dato per scontato che le fratture siano avvenute solo ed esclusivamente in sede di rianimazione, tesi condivisa anche dai CC.TT. della difesa.
L'intervento del Prof. Carlo Torre: chiarissimo e di altissima professionalità (se dovessimo riportare i titoli, le pubblicazioni, il curriculum del docente universitario torinese non basterebbero le pagine di questo appello. Et hoc satis!)
Il Tribunale ha erroneamente disatteso la tesi difensiva proposta dal consulente di parte Prof. Carlo Torre, il quale ha fornito una chiave di lettura di questa vicenda, sia nella prima relazione medico-legale depositata agli atti, sia nei rilievi critici formulati in seguito della perizia collegiale, completamente diversa rispetto a quella prospettata sin dall'inizio dall'accusa e successivamente confermata dai periti d'ufficio.
Invero, secondo il noto cattedratico dell'Università di Torino, titolare dell'Istituto di Medicina-Legale, diversa sarebbe stata la causa mortis, nonché i tempi dell'emorragia.
La morte, secondo il luminare parere di Carlo Torre, sarebbe da ricondurre ad un trauma compressivo del torace con conseguente danno dell'apparato respiratorio (dei polmoni e/o delle vie aeree); la questione, indubbiamente rilevante, è stata ingiustamente liquidata con poche righe dal Tribunale che, a pag. 94 della sentenza impugnata, la esclude facendo riferimento acriticamente al fatto che i periti abbiano negato la presenza di sangue nei polmoni.
Sempre con poche righe affrontano la questione relativa alla milza che appariva "spremuta a capsula grinzosa" (cfr. pag. 59 della perizia).
Circostanza questa che i periti ritengono essere una riprova del danno multi-organo procurato all'Ispettore Raciti dallo shock emorragico.
Le macchie ipostatiche
Ed infine altro aspetto è quello relativo alla presenza di consistenti ipostasi sul cadavere dell'Ispettore Raciti, che sempre secondo il Prof. Torre, sarebbero segni incompatibili con la morte per emorragia (dato - come vedremo meglio avanti - assolutamente obbiettivo).
In realtà secondo il Prof. Torre le macchie ipostatiche presenti sul cadavere e peraltro fotografate dal Dott. Ragazzi (cfr. foto dell'autopsia n. 9 e 11) non si riscontrano in cadaveri vittime di grave emorragia, così come invece è giunto a ritenere il Collegio peritale e di conseguenza il Tribunale, che fa riferimento all'esame istologico senza aggiungere null'altro.
È chiaro che i super-periti, per far quadrare evidentemente il loro ragionamento finale, debbono a tutti i costi sostenere la tesi che la causa mortis è dovuta alla emorragia epatica.
Per dimostrare le contraddizioni dei super-periti la difesa è stata costretta a contro esaminarli in modo da fare emergere la verità e non solo le ipotesi.
Il Prof. Pierantonio Ricci prova lo slalom e, nonostante in aula gli si mostrano le fotografie (n. 9 e 11) del cadavere sul tavolo settorio, tenta di non esporsi sfuggendo e cercando di parlare di fenomeni di riossigenazione.
La difesa lo incalza (v. pag. 60 verbale 13/1/2010), (Avv. Lipera): "non le ho chiesto questo professore, Le ho chiesto se in quelle foto le macchie sono sembrano, abbondanti o scarse se può rispondere risponda, se non può rispondere non risponda".
A questo, punto cosa da non credere, interviene il Presidente (pag. 61) "Presidente Minneci: Avvocato il perito risponde come crede, nel senso che deve dire nell'uno o nell'altro …", fortunatamente il perito Prof. Pierantonio Ricci non si avvede dell'assist del Presidente e risponde alla domanda dell'avvocato, nonostante l' "opposizione" del Presidente; il perito infatti risponde: "apparentemente sembrano estese".
Domanda dell'avv. Lipera: "gli organi erano esanguini o no", il perito: "su questo non posso rispondere …" (il perito ritenta la carta dello slalom e inizia a parlare di dialettica, di quel che anima il collegio peritale, di valenza sociale nel processo penale, etc. etc.).
Ma il difensore non è disposto ai voli pindarici, ancorchè accademici, è pone un'altra domanda, tanto chiara quanto pragmatica, al Prof. RICCI; "è capitato di imbattersi in un cadavere vittima di grave emorragia con macchie ipostatiche e complessivamente così ben sanguificato", il perito risponde: "NO".
Avv. Lipera: "nel corso dell'autopsia del consulente del P.M. risulta che il consulente del P.M. ha esaminato gli organi del collo, la trachea, i bronchi", risposta: "NO".
Non è finita!
Dopo aver negato l'elogio al Pronto Soccorso dell'Ospedale Garibaldi, cosa che invece i super periti fanno nella perizia, la difesa è costretta a rivolgere altre domande al Prof. RICCI e così dimostra cose diverse che essi sostengono nella perizia e il Tribunale nella sentenza.
Avv. Lipera (pag. 62): "c'è un dato oggettivo che riscontriamo, sono le quattro coste rotte, fratturate. Lei sa, perché ha esaminato molto bene tutti gli atti difensivi, accusatori, etc., che c'è il presunto impatto, ipotesi accusatoria delle 19,00 e presunto impatto ipotesi difensiva delle 20,30 e poi le pratiche rianimatorie famose", domanda: "abbiamo certezza per poter stabilire quando queste coste si sono fratturate? Se alle 19,00, se alle 20,30. se al pronto soccorso?" la risposta del Prof. Ricci è davvero eloquente (pag. 63 verbale 13/1/2010): "NO".
Di fronte alle critiche mosse dal prof. Torre alla perizia medico-legale, in sede di rilievi critici depositati in data 13/01/2010, gli stessi periti si sono limitati a ribadire le loro osservazioni, già dedotte in seno alla perizia o, tutt'al più, ad attribuire le innumerevoli incertezze e lacune agli errori commessi dal dott. Ragazzi in sede di autopsia, o al limite generale dell'incarico ricevuto, ovvero al fatto che per certi aspetti si sono dovuti attenere all'esame di semplici fotografie, nella completa assenza di reperti istologici (come nel caso delle coste fratturate o delle macchie ipostatiche nemmeno descritte, né per estensione, né per intensità, né per colore).
Per migliore scienza di chi legge si trascrive interamente il commento del Prof. Torre alla perizia collegiale, depositato in udienza e controfirmato per la sua validità formale dai suoi difensori:

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Sfidiamo chiunque a sostenere che il Prof. Carlo Torre non sia chiaro quando scrive o siano illogiche le sue considerazioni scientifiche e medico-legali.
Il Tribunale, tuttavia, non motiva minimamente in relazione alle suddette critiche e al perché non le abbia ritenute scientificamente valide, disattendendole completamente (ma senza esaminarle) e accogliendo tout court la conclusione dei super-periti.
TEMPI DELL'EMORRAGIA.
A sostegno della tesi proposta dal Prof. Carlo Torre vi è altra circostanza fondamentale relativa ai tempi dell'emorragia, che secondo il predetto consulente non può avere avuto inizio alle ore 19,08 (momento del presunto impatto) ma solo successivamente, atteso che secondo il consulente di parte "è davvero difficilmente proponibile che un uomo corra e svolga una vivacissima e impegnativa attività fisica quando rechi lesioni viscerali coinvolgenti ampiamente il peritoneo; e che, nel corso di queste azioni si produca ulteriori strappi del fegato senza accusare ulteriore esacerbazione del dolore" (cfr. pag. 5 rilievi critici del Prof. Torre alla perizia collegiale).
Ed inoltre, spiega con un calcolo matematico (quindi non opinabile), utilizzando come parametri gli stessi valori ricavati dai super periti nella parte in cui hanno calcolato la quantità di sangue che poteva fuoriuscire dalla lesione epatica (fermo restando il limite che in sede autoptica il Dott. Ragazzi non ha effettuato la misurazione della quantità di sangue presente nel peritoneo), come la suddetta quantità in realtà sia riconducibile anche alle manovre rianimatorie protrattesi per un'ora e mezza circa (dalle 20,40 alle 22,10).
Infatti, il Prof. Torre non contesta, bensì precisa che con il calcolo effettuato dai periti i medesimi non hanno considerato la quantità di sangue che è fuoriuscita durante le manovre di rianimazione, seppur in quantità ridotta del 30%-40%.
Di conseguenza il consulente di parte esclude che il trauma sia avvenuto all'orario dell'asserito impatto (19,07), bensì successivamente, ovvero tra le 20,20 e le 20,30: in modo che nei primi dieci-venti minuti, durante i quali l'Ispettore RACITI aveva ancora un'autonoma attività cardiocircolatoria, la perdita di sangue sarebbe stata nell'ordine di circa mezzo litro, dal momento in cui poi i sanitari iniziarono il massaggio cardiaco esterno (20,40) protrattosi fino alle 22,10, vi sarebbe stata un ulteriore perdita di circa un litro (considerato che la pressione sistolica con un buon massaggio supera gli 80 mm/hg e la gittata cardiaca e dell'ordine del 30% 40% del normale).
Senza dubbio il ragionamento suindicato appare convincente e verosimile, peraltro è scientificamente supportato, considerato che il consulente utilizza gli stessi parametri dei super-periti, evidenziando una lacuna nella loro valutazione; tuttavia il Tribunale inspiegabilmente anche qui trascura totalmente tale circostanza, riconoscendo evidentemente maggiore valore alle parole dei periti nominati rispetto a quelle del Prof. Torre, ma senza spiegare le ragioni.
A parità di specializzazioni, di esperienza pluriventennale, di riconosciuta capacità e professionalità nel proprio settore, dei periti incaricati dal Tribunale e del Prof. Torre, avremmo avuto il piacere di sapere per quale ragione il Prof. Torre è stato ritenuto inattendibile, come se fosse stato un medico alle prime armi…!
Purtroppo ciò non è avvenuto.
Invero, il Tribunale in poche righe liquida le argomentazioni dei consulenti di parte (Torre e Caruso) evidenziando una presunta contraddittorietà tra di loro, contraddittorietà che in realtà non esiste poiché entrambi, con coscienza e onestà scientifica ed in base alle loro rispettive e diverse esperienze medico-legali, giungono comunque alla stessa conclusione ovvero che l'emorragia non può avere avuto le caratteriste del gemizio, escludendo in ultima analisi e all'unisono che il momento traumatico possa essere collocato alle ore 19,07.
L'ipotesi, tutt'altro che peregrina, del c.d.
"fuoco amico"
Inoltre il Tribunale asserisce apoditticamente che l'impatto non possa essere avvenuto tra le 20,20 e 20,30, poiché in quel lasso di tempo non si sarebbe verificato alcun contatto idoneo, a loro avviso, a provocare quel tipo di lesioni.
Qui verrebbe solo da gridare: LAZZARO DOVE SEIIII???
Anche questo ragionamento che fa il Tribunale è illogico ed inaccettabile, perché non si comprende come i giudicanti abbiano potuto raggiungere la certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l'Ispettore Raciti proprio in quel frangente non possa essere stato vittima di un altro tipo di incidente, quando nel processo emerge, in modo evidente, esattamente il contrario.
Al tal proposito, oltre al fatto che dalle testimonianze rese nonché dalla visone dei filmati, è emerso pacificamente che tutti gli agenti all'esterno dello Stadio la sera del 2/2/2007 si sono trovati esposti a innumerevoli pericoli, per il costante lancio di oggetti di tutti i tipi, di petardi e bombe carta, vi fu un episodio in particolare, immediatamente raccontato dal poliziotto LAZZARO Salvatore, autista del Discovery della Polizia, su cui viaggiava l'Isp. Raciti, che ha suscitato l'interesse di questa difesa e che è stato ben evidenziato (particolare che conosce tutta l'Italia!)
La testimonianza di LAZZARO resa all'udienza dibattimentale del 18/12/2008 appare oggettivamente a dir poco … inquietante!!!
In sede di controesame la difesa è stata costretta a contestare formalmente al teste quanto dallo stesso riferito in sede di sommarie informazioni in data 5/2/2007, avanti gli Ufficiali di P.G. della Squadra Mobile (con in testa il Vice Questore Aggiunto Dott. Salvago); il difensore chiedeva innanzitutto al LAZZARO Salvatore se confermava le precedenti dichiarazioni relative in particolare ai momenti prima che l'Ispettore RACITI accusasse il malore.
Questo il tenore testuale del verbale dibattimentale del 18/12/2008.
"Io devo contestare all'assistente quanto rilevo dal verbale del 5 febbraio 2007, verbale reso davanti la squadra mobile. <>?
"Conferma questo?"
Ecco la risposta secca dell'Assistente LAZZARO: "Si" (Cfr. verbale di udienza del 18/12/2008, pag. 61).
In effetti, dalla lettura serena delle parole dell'Assistente Lazzaro appare oltremodo verosimile che il mezzo condotto dal predetto, in seguito alla manovra di retromarcia, repentina e resa certamente difficoltosa dall'enorme caos del momento, avesse attinto involontariamente l'Isp. Raciti, tant'è vero che il teste aveva riferito di aver visto il predetto portarsi le mani alla testa subito dopo aver udito una botta.
Ed è proprio sul significato attribuito dal LAZZARO alla parola "botta" che si è soffermato il Presidente che, senza che intervenisse il P.M., ha ritenuto opportuno rivolgere alcune domande a chiarimento al predetto, secondo noi in maniera alquanto suggestiva … e tutti sanno che le parti di certo non possono opporsi alle domande di chi conduce il dibattimento.
Infatti, anche a pag. 78 della sentenza il Tribunale scrive: "il teste, su precisa domanda del Presidente, ha precisato che ha sentito una <> ossia un'esplosione in prossimità del mezzo dove c'era Raciti e non <>" (precisano tutti insomma).
Quanto asserito dal Tribunale in sentenza non è vero, atteso che il teste nelle dichiarazioni rese nell'immediatezza e confermate all'udienza aveva dimostrato di conoscere la differenza tra una "botta" e un "botto" ed era chiaro che per botta non intendeva un'esplosione.
Infatti, nella dichiarazione il teste utilizza sia la parola "boato", per rappresentare un'esplosione, sia la parola "botta" per intendere non un esplosione bensì un impatto.
È palese che il teste dinnanzi all'autorevole intervento del Presidente, il quale nel formulare la domanda gli richiede una precisazione, si allarmi - del resto tutti al momento del dibattimento erano da tempo a conoscenza della tesi alternativa sostenuta dalla difesa - e sostanzialmente riveda la propria versione allineandosi al suggerimento fornitogli, arrivando a sostenere di essersi espresso male, precisando di avere sentito un botto e non una botta.
Ma la prova più eclatante che LAZZARO mente in aula è data dal fatto che racconta in dibattimento di avere notato Raciti lontano dal Discovery di circa 10 metri, aggiungendo particolari assolutamente inediti e travisando totalmente i fatti rispetto a come li aveva raccontati nell'immediatezza (in effetti, LAZZARO fu sentito la notte del 3/2/2007 alle ore 2,55 negli Uffici della DIGOS dall'Isp. Giuseppe Di Grazia e dopo due giorni, come accennato sopra, avanti altri Ufficiali di P.G. sempre della Questura di Catania).
I verbali di sommarie informazioni rese da LAZZARO Salvatore vengono qui riportati:

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Non vi è chi non veda a questo punto quanto, altresì, illogica e contraddittoria sia la sentenza nella parte in cui addirittura esalta la testimonianza di LAZZARO, laddove indica la posizione dell'Isp. Raciti a circa una decina di metri dietro il discovery, appoggiato sulle transenne (cfr. pag. 79 sentenza).
Qui il teste mente spudoratamente e il Tribunale, dandogli credito, travisa i fatti.
Ma il Tribunale erra ancor di più, perché fa riferimento soltanto ad una parte delle dichiarazioni rese dal teste, il quale più volte aveva detto di aver visto l'Ispettore alla sinistra del mezzo "a vista" mentre che lo soccorreva BALSAMO.
Infatti, detta circostanza era stata riferita e confermata da BALSAMO poco prima (cfr. verbale udienza del 18/12/2008 pag. 38) e viene addirittura riportata a pag. 77 della sentenza: "girandomi ho visto l'Ispettore vicino lo sportello tentennare … e diceva mi manca l'aria e ripeteva non respiro, aiutami".
La contraddizione è palese e non si comprende come abbia fatto il Tribunale a superala.
A conferma della teoria che il RACITI abbia impattato col discovery, nel momento in cui l'autista LAZZARO effettuò una concitata retromarcia, vi sono anche le tracce di frammenti di vernice azzurra, riscontrate dai RIS di Parma sulla maschera antigas che indossava la vittima nonché sugli anfibi (V. pagg. 96 e 97 della Perizia di Ufficio dei RIS), che guarda caso è identica al colore del Discovery.
CONSIDERAZIONI TECNICOSCIENTIFICHE SULL'IDONEITA' E CAPACITA' LESIVA DEL SOTTOLAVELLO.
All'imputato è contestato il fatto di avere attinto l'ispettore Raciti alle ore 19,08 utilizzando un sottolavello ripreso nelle immagini delle videocamere del sistema di vigilanza dello stadio n. 7 e 8 e sequestrato il 6/2/2007 dalla Polizia Scientifica.
Tante teorie sul sottolavello si sono succedute nel tempo (prime fra tutte le considerazioni occhiometriche del Dott. Giuseppe Ragazzi), finchè lo stesso non è stato oggetto di approfondita analisi e sperimentazione in sede di incidente probatorio da parte degli Ufficiali dei Carabinieri dei R.I.S. di Parma, guidati dal Colonello dott. Luciano Garofano.
Le risultante della perizia dei R.I.S. depositata il 25/5/2007 sono state aspramente criticate dall'Accusa, forse anche sulla scorta delle considerazioni postume dei consulenti della Polizia Scientifica che sono state recepite acriticamente e completamente dal Tribunale nella sentenza impugnata, in cui sostanzialmente sono state trasfuse le medesime argomentazioni utilizzate dai consulenti del P.M..
A questo punto prendiamo invece in esame come i periti del Tribunale hanno affrontato la questione tecnica nella loro perizia.
Nel paragrafo 4, intitolato "considerazioni bioingegneristiche" il Collegio peritale dopo avere analizzato la perizia dei R.I.S. e la consulenza tecnica della Polizia Scientifica, ricordiamo sempre che sono due cose diverse, oltre a tutto il materiale a disposizione, affronta la questione dedicando 3 pagine alla sua trattazione così concludendo:Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine.
(cfr. perizia collegiale pag. 22).
Va precisato che i periti comunque sono giunti a tale conclusione senza mai effettuare alcuna sperimentazione sul sottolavello, in quanto in sede di operazioni peritali si sono limitati a: sconfezionare l'oggetto sequestrato e a guardarlo, ripetiamo perché è incredibile, però eravamo presenti alle operazioni peritali e lo abbiamo visto anche noi fare: sconfezionare l'oggetto sequestrato e a guardarlo.
Sicuramente le superiori affermazioni possono applicarsi alla ricostruzione tridimensionale, ovvero alla fiction girata dalla Polizia Scientifica, che altro non è, come affermato in sede dibattimentale dagli stessi consulenti del P.M., che il tentativo di ricostruire una scena assolutamente ipotetica, quando non avremmo mai la certezza che la stessa corrisponda alla realtà dei fatti.
Chiaramente il Tribunale per giungere alla sentenza di condanna ha avallato pienamente il cortometraggio della Polizia Scientifica, nonché dei periti di ufficio che hanno ridotto l'operato di soggetti (R.I.S. di Parma) specializzati e di stimata professionalità ad un lavoro approssimativo, poco rigoroso e non attendibile scientificamente.
Invero questa interpretazione non è condivisibile, così come del resto hanno ritenuto altre Autorità Giudiziarie (vedi la Corte Suprema di Cassazione, due P.G. della S.C., e lo stesso G.I.P. per i Minorenni).
In realtà i periti nominati dal G.I.P., seguendo le indicazioni fornitegli nei quesiti dell'incarico, affrontarono ed approfondirono problematiche che gli altri periti hanno sminuito senza ragionamenti logici e senza tuttavia effettuare ulteriori ed adeguati accertamenti in merito.
Ecco come concludono gli Ufficiali dei R.I.S.:
"Alla luce dei risultati ottenuti e documentati possiamo così rispondere ai quesiti posti dall'Ill.moGIP:
a) Giacca in "gore-tex"
Sul lato anteriore destro, è stata individuata una soluzione di continuo (taglio), passante il tessuto, della lunghezza di ~10 mm, localizzata ad una distanza di ~8 cm dalla cucitura del bordo della cerniera e a ~50 cm dal bordo inferiore. All'esame microscopico essa esibisce un andamento lineare, connotato da un iniziale sfilacciamento della trama del tessuto, con direzione sinistra-destra.
La stessa, osservata dal lato interno, risulta caratterizzata da uno strato di Gore-Tex di colore bianco, lacerato per una lunghezza di ~5 mm con andamento regolare e non frastagliato.
Le fibre del tessuto osservate al microscopio elettronico presentano le estremità caratterizzate dai bordi di forma regolare e ben definita, tipica di un'azione di taglio.
In più punti prossimi al taglio sono state riscontrate tracce polverulente di colore bianco, che analizzate mediante spettrofotometria FT-IR e microscopia elettronica a scansione con microanalisi a dispersione di raggi x (SEM/EDX) sono risultate composte da carbonato di calcio.
I prelievi effettuati mediante stub sulla soluzione di continuo ed analizzati mediante (SEM/EDX) hanno evidenziato la presenza di aggregati inorganici molto eterogenei sia per l'aspetto morfologico-dimensionale, sia per la composizione chimica elementare. A fattor comune è possibile riferire che tali aggregati sono perlopiù costituiti da vari silicati di magnesio, alluminio, ecc… ma vi sono anche particelle di acciaio (FeNiCr), ferro, nichel, zinco, ecc… nonché di ottone (CuZn).
Sullo stesso lato, in prossimità del taglio, è stata rinvenuta una traccia diffusa costituita da microscaglie di alluminio.
Sul lato anteriore sinistro, diametralmente opposto al taglio, sono state rinvenute alcune tracce di colore bianco e di colore rosso bruno, che analizzate con le stesse tecniche, sono risultate composte da carbonato di calcio, silicati di alluminio e magnesio, oltre ad altri elementi e particelle di acciaio (FeNiCr), ferro, nichel, zinco, ecc… nonché di ottone (CuZn), similmente a quanto rinvenuto sul taglio.
Sul lato anteriore sinistro, in posizione leggermente superiore a quella di cui al precedente alinea, è stata rinvenuta una traccia di bicarbonato di sodio.
Sullo stesso lato, sia in posizione adiacente alla precedente, sia più spostata verso la parte centrale del reperto, sono state rinvenute due tracce di natura organica, di consistenza gommosa.
Una di queste ha mostrato la presenza di un frammento di vernice alchidica di colore rosso vivo.
Sul colletto e manica destra sono state riconosciute tracce ematiche ascrivibili ad un soggetto maschile, verosimilmente riconducibile alla vittima.
La giacca ha anche esibito, sia sulla parte anteriore, sia su quella posteriore, una generica presenza di aggregati inorganici eterogenei perlopiù composti da silicati di magnesio, alluminio ed anche particelle di acciaio, ferro, nichel, zinco ed ottone.
b) Sottolavello
Le tracce repertate dal sottolavello mediante stub, analizzate con le tecniche descritte al punto precedente, risultano essere due differenti aggregati inorganici riconducibili a carbonato di calcio in purezza ed una mistura di carbonato di calcio con silicati di magnesio e alluminio.
Le fibre rinvenute nel punto di saldatura del sottolavello sono costituite da poliestere e sono risultate essere differenti per dimensioni e colore rispetto a quelle del giacca in "gore-tex".
Dall'analisi elementare, il sottolavello è risultato essere una lega di ferro, carbonio, nichel e cromo (acciaio inox).
Lo strato protettivo di colore bianco è costituito da una pellicola di polietilene e da una massa adesiva di colore nero a base di isoprene.
c) Materiale murario prelevato dal bagno dello Stadio "Massimino"
I prelievi effettuati sulla parete del bagno hanno esibito la presenza di due differenti tipologie di aggregati inorganici riconducibili a carbonato di calcio in purezza ed una mistura di carbonato di calcio con silicati di magnesio ed alluminio. Sono state osservate, inoltre, alcune tracce di titanio e ferro, nonché particelle di acciaio (Fe,Ni,Cr).
I dati analitici ottenuti, seppur suffragati da una approfondita sperimentazione, non ci consentono di stabilire con certezza scientifica se il sottolavello in sequestro, possa essere stato l'oggetto che impattò violentemente l'Ispettore Capo Raciti.
Possono considerarsi elementi a favore dell'idoneità :
− l'attitudine del sottolavello a produrre dei tagli1;
− la presenza, in corrispondenza del taglio evidenziato sulla giacca di "gore-tex", di aggregati riconducibili all'acciaio e di tracce composizionalmente assimilabili a materiale murario, dello stesso tipo di quelle evidenziate sul sottolavello e di quelle prelevate dalla parete del bagno dello Stadio da cui fu divelto il sottolavello2.
Possono considerarsi elementi a favore dell'inidoneità :
− l'andamento dei tagli e l'aspetto delle fibre3;
− la presenza nella soluzione di continuo della giacca in sequestro, di un limitato numero di particelle di acciaio, costantemente abbondanti nei tagli ottenuti sperimentalmente4;
− l'assenza nel taglio e nella giacca in sequestro, di tracce riconducibili alla pellicola protettiva a base di polietilene apprezzate nei contatti ottenuti sperimentalmente;
− gli effetti prodotti nel corso dei test sperimentali impattando con forza5 le giacche di "gore-tex".
In tale quadro ed alla luce delle conclusioni medico-legali e dei filmati a disposizione, pur non potendo esprimersi per una diagnosi definitiva, l'ipotesi dell'inidoneità, sembra riunire maggiori elementi di probabilità.
Parma, 25 maggio 2007"
Va ricordato altresì che i RIS, a differenza dei CC.TT. del P.M. e dei superperiti, hanno altresì rilevato vi è "impossibilità che due o più persone di media corporatura possano impugnare contemporaneamente e, soprattutto in modo naturale, un sotto lavello come quello in reperto al fine di utilizzarlo come mezzo contundente: Tale Impossibilità è dovuta a molteplici fattori, tra cui la forma dell'oggetto che vincola gli aggressori in una scomodissima posizione di impugnatura e l'assoluta mancanza di praticità nel movimenti che, addirittura, potrebbe causare il ferimento di chi impugna il sottolavello" (V. pag. 22 perizia dei RIS).
Ma ricordiamo e ripetiamo che i consulenti del P.M. (Polizia Scientifica) sino al momento in cui furono rese note le conclusioni dei R.I.S. non hanno mai mosso una critica alle metodiche utilizzate né mai si sono opposti allo svolgimento di determinate prove (una per tutte l'utilizzo del Dammy).
Le suddette conclusioni dei RIS di Parma appaiono certamente più attendibili, rispetto a quelle formulate dai superperiti e dai consulenti del P.M., i quali hanno comunque basato le proprie risultanze su mere ipotesi senza avere effettuato accertamenti, come ha ammesso lo stesso perito Ing. Fragomeni (giovane ricercatore universitario dell'Università di Catanzaro).
Ma anche qui vediamo cosa succede in dibattimento.
A pag 46 del verbale del 13/1/2010 il P.M. Vassallo chiede al perito Fragomeni se ha riscontrato errori di misurazioni o di calcoli, errori nella ricostruzione (chiaramente il P.M. si sta riferendo alla perizia dei R.I.S. di Parma), ma Fragomeni risponde: "ribadisco che siamo nell'ambito delle ipotesi, come d'altronde è scritto nella relazione tecnica".
Al P.M., che non è il difensore, giustamente viene concesso di ripetere la stessa domanda: " … (Vasallo) nell'inserimento dei dati, nelle misurazioni non ha riscontrato errori?", risposta: "NO".
A questo punto interviene l'altro P.M. (BUSACCA), il quale vuole sapere dal perito se ha letto la testimonianza dello SPITALERI e dell'imputato e il perito FRAGOMENI sotto giuramento risponde: "sinceramente non ricordo la testimoniaza".
Anche su questo punto la difesa è costretta ad intervenire per dimostrare inconfutabilmente che le ipotesi dei superperiti sono fondate sul nulla (del resto, come abbiamo scritto sopra, i superperiti si sono limitati a aprire il pacco dove vi era l'arma del presunto delitto, fotografare l'oggetto e impacchettarlo nuovamente).
Queste dunque le domande della difesa al'Ing. Fragomeni (pag. 46 verbale 13/1/2010).
Difensore (Avv. Lipera): "prove non ne avete eseguite giusto?"
Perito (Fragomeni): "No".
Difensore (Avv. Lipera): "avete calcolato gli indici di flessibilità di questo oggetto"
Perito (Fragomeni): "No"
Difensore (Avv. Lipera): "la deformabilità?"
Perito (Fragomeni): " dell'oggetto no"
Difensore (Avv. Lipera): "avete calcolato la velocità oggetto a cui l'oggetto poteva procedere?"
Perito (Fragomeni): "l'abbiamo stimata sulla base dei dati provenienti dalle immagini".
E più avanti: Difensore (Avv. Lipera): "avete considerato gli indumenti che indossava l'Ispettore Raciti?"
Perito (Fragomeni): "in che senso"
Difensore (Avv. Lipera): "quali indumenti indossava l'ispettore Raciti"
Perito (Fragomeni): "vorrei capire meglio la domanda"
Il Difensore cerca di spiegare al perito Fragomeni che ogni indumento che si indossa fa protezione e quindi una cosa è avere la canottiera e camicia, altra cosa è avere canottiera, camicia, giacca, cappotto, impermeabile.
Difensore (Avv. Lipera): "io chiedo se voi sapevate gli indumenti che indossava l'ispettore Raciti e se ne avete tenuto conto" (sottointeso visto che voi superperiti avete formulato ipotesi)
A questa domanda il perito Fragomeni risponde: "no, non ne abbiamo tenuto conto".
A questo punto del controesame riprendono i due PP.MM. e poi anche il Presidente.
La deposizione di Fragomeni, ancor più di quella di RICCI, fa vacillare quel poco che c'era nella superperizia.
Difensore (Avv. Lipera): "visto che parliamo di quello che lei vede, questo oggetto lei lo vede lanciato o usato in maniera diversa? Come lo vede?"
Perito (Fragomeni): "Dalle immagini io non riesco a capire se effettivamente è lanciato o usato diversamente. Non riesco a capire se è lanciato o usato diversamente. Non è chiaro".
Difensore (Avv. Lipera): "non ho altre domande".
Sconcertante a dire il vero è il fatto che i periti prospettano un ulteriore ipotesi, al fine di poter asserire l'idoneità del sottolavello a causare le lacerazioni epatiche riscontrate sull'ispettore Raciti, ovvero ipotizzano che il corpo dello stesso potesse essere ruotato per chiudere il portone della curva nord, con conseguente innalzamento del lobo destro e messa in tensione della sua caspula: "in tali condizioni il mezzo in giudiziale sequestro (sottolavello) potrebbe essere idoneo a causare le lacerazioni epatiche". (cfr. perizia pag. 89-90).
Insomma siamo di fronte all'ennesima fantascientifica ipotesi formulata, al fine di poter affermare a tutti i costi l'idoneità, quantomeno ipotetica, lesiva del sottolavello, che a quanto pare potrebbe essere lesivo solo a condizione che sussistano determinati presupposti (il modo in cui viene utilizzato il sottolavello, la posizione in cui si trovava l'Ispettore Raciti etc. etc.).
A noi difensori che volevano mostrare in aula il reperto, la presunta arma del delitto che si può sollevare con il mignolo di una mano, ci è stato impedito anche questo (così come è stato impedito a Radio Radicale di riprendere integralmente il processo, così come è stato impedito alle emittenti televisive nazionali di riprendere il processo, così come siamo stati costretti a confrontarci con due PP.MM. anziché con uno come è scritto nel codice, così come nel corso delle operazioni peritali abbiamo dovuto sopportare la presenza di due CC.TT. del Ministero dell'Interno, Dott. Grande e Dott.ssa Falcone, Ministero dell'Interno che non può essere parte civile nei confronti dello SPEZIALE in quanto minorenne ove noi patrocinavamo, e dei Proff. Veroux e Bartoloni consulenti del P.M. della Corte di Assise che non ha nulla che vedere con il Tribunale per i Minorenni).
Nonostante tutto è evidente che con la fantasia potremmo formulare decine di ipotesi alternative, ma comunque non risolverebbe il problema principale: nessuno ha visto l'impatto, né lo stesso è stato ripreso, si tratterà sempre di ipotesi!
Anche in questa parte il Tribunale accetta in maniera acritica tutte le ipotesi prospettate dai super periti, recependole come se fossero state delle verità inconfutabili ed indiscutibili.
Ma così non è!
LE INTERCETTAZIONI
In seguito al fermo, effettuato in data 6/2/2007 soltanto per il reato di resistenza aggravata, SPEZIALE Antonino veniva sottoposto ad intercettazioni ambientali, anche audio-video, all'interno della Squadra Mobile di Catania e successivamente del C.P.A. di Via Fianchetti.
Tre delle intercettazioni di cui sopra vengono inspiegabilmente definite dal Tribunale come fortemente significative: si tratta di quella del 6/2/2007 e di quella del 7/2/2007 e dell'8/2/2007.
Le intercettazioni, se osservate attentamente ed integralmente ascoltate, non contengono le ammissioni né le indicazioni che vogliono forzatamente trarre i giudici; in particolare nella intercettazione audio-video del 6/2/2007 presso la Squadra Mobile alla domanda di un tale ZAPPALA' "lo hai ammazzato" lo SPEZIALE risponde di "NO".
Invero un movimento che fa il ragazzo con il capo (movimento abituale dello stesso che si può facilmente costatare dall'osservazione del giovane) viene per forza interpretato come un gesto di assenso e altrettanto fantasiosamente la risposta negativa viene intesa come tentativo di nascondere la verità anche nei confronti del giovane ZAPPALA'. Ma ciò è alquanto inverosimile: considerato che il dialogo si svolgeva tra due giovani coinvolti nei disordini del 2 febbraio, che anche per mera millanteria e voglia di apparire forti dinnanzi al gruppo, non avrebbero mai nascosto una simile circostanza tra di loro.
Per altro in tutte le altre intercettazioni il ragazzo nega la propria responsabilità in ordine al fatto contestato.
Del tutto irrilevante, anche perché assolutamente decontestualizzata è l'intercettazione del 7/2/2007 e quella dell'8/2/2007 presso il C.P.A.
Il Tribunale, anche qui inspiegabilmente, da valenza alle suddette intercettazioni enfatizzando il significato delle stesse, che comunque avevano ad oggetto i dialoghi con i genitori (di SPEZIALE) e con l'allora indagato ZAPPALA Ivan, che inevitabilmente erano influenzate dall'emozione del momento e da ciò che era accaduto la sera del 2/2/2007.
Ribadiamo che l'imputato ha sempre ammesso di riconoscersi nei filmati e la circostanza che il medesimo riferisce anche sul sottolavello è assolutamente irrilevante ai fini di poter ricondurre l'azione dello stesso alla morte dell'Ispettore.
COME OSA IL TRIBUNALE PARLARE DI CONFESSIONE DELLO SPEZIALE?
CHE CARTE HANNO LETTO I GIUDICI?
E' INCREDIBILE!!! (per non dire altro).
Sul punto, peraltro, si erano già espressi, con motivazione convincente, sia il G.I.P. presso il Tribunale per i Minorenni che la Corte Suprema di Cassazione, che per ben due volte aveva recepito quanto detto nel provvedimento dello stesso giudice.
In conclusione né dalle indagine, né dall'istruttoria dibattimentale, è emersa la responsabilità dell'imputato in merito ai fatti contestatigli, ma al contrario sono emerse soltanto ipotesi, congetture confluite stranamente ed ingiustamente in una sentenza di condanna apodittica, assertiva, ed autoreferenziale.
Al contrario dall'attenta disamina del materiale a nostra disposizione si possono constatare innumerevoli contraddizioni, inesattezze e rivisitazioni di quella che forzatamente è stato ipotizzato; ma le teorie non possono sostituirsi alla realtà.
Una cosa certa ed incontrovertibile è che il giovane imputato sulla base dei "se" e dei "forse" è stato condannato per un reato gravissimo e francamente in uno stato di diritto, quale dovrebbero essere il nostro, avremmo voluto qualche elemento in più a basare questa sentenza.
Emblematica è la recentissima pronuncia pubblicata il 15/6/2010 dalla Corte Suprema di Cassazione, Prima Sezione Penale, sentenza n. 19933/2010, che ha ben chiarito la portata della regola dell'oltre il ragionevole dubbio, così come disposto dal novello articolo 533 c.p.p., così come sostituito dall'art. 5 della Legge 46/2006, dato normativo che in casi come questi impone la pronunzia assolutoria.
Al di là di ogni ragionevole dubbio
Infatti, Con la sentenza n. 19933 la Corte Suprema di Cassazione ha scandito i contorni normativi della regola che stabilisce che la condanna deve avvenire "al di là di ogni ragionevole dubbio", principio positivizzato nell'art. 533 del codice di procedura, modificato dall'art. 5 della legge n. 46 del 2006: deve infatti essere ribadito, secondo il giudizio della Prima Sezione penale, il principio secondo cui la condanna deve essere pronunciata "al di là di ogni ragionevole dubbio", lasciando da parte solo eventualità remote, la cui realizzazione concreta non trova neanche il benché minimo riscontro. Nel caso di specie, la sentenza è l'esito del ricorso di un imputato, condannato in secondo grado per tentato omicidio: in Cassazione, il ricorrente aveva eccepito che, la sentenza impugnata andava a violare i "canoni di valutazione probatoria e della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio nella valutazione degli elementi posti a base dell'affermazione di penale responsabilità". La Corte, ha spiegato che "la regola dell' "oltre il ragionevole dubbio" formalizzata nell'art. 533 c.p.p., primo comma, c.p.p., come sostituito dall'art. 5 della 1. n. 46 del 2006, impone di pronunciare condanna, quando il dato probatorio acquisito lascia fuori solo eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui concreta realizzazione nella fattispecie concreta non trova il benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana. 11 procedimento logico, invero non dissimile dalla sequenza del ragionamento inferenziale dettato in tema di prova indiziaria dall'art. 192, secondo comma, c.p.p. - il cui nucleo essenziale è già racchiuso, peraltro, nella regola stabilita per la valutazione della prova in generale dal primo comma della medesima disposizione, nonché in quella della doverosa ponderazione delle ipotesi antagoniste prescritta dall'art. 546, primo comma lett. e), c.p.p. - deve condurre alla conclusione caratterizzata da un alto grado di razionalità razionale, quindi alla "certezza processuale" che, esclusa l'interferenza di decorsi alternativi, la condotta sia attribuibile all'agente come fatto proprio". La sesta sezione penale ha specificato (citando una sentenza, Cass. 2 marzo, 1992, n. 3424, rv.7) che il tipo di prova indiziaria è quella che consente di ricostruire il fatto, in termini di certezza tali da escludere ogni altra soluzione ma non "la più astratta e remota possibilità" che la realtà delle cose sia stata diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili. Pertanto, la regola "dell'oltre ragionevole dubbio," pretende percorsi motivati da alta probabilità logica in termini di certezza processuale per "essendo indiscutibile che il diritto alla prova, come espressione del diritto di difesa, estende il suo ambito fino a comprendere il diritto delle parti ad una valutazione legale, completa e razionale della prova". La Corte conclude poi facendo una lista di elementi indefettibili per la valutazione delle prove: secondo il giudizio dei giudici di legittimità, per valutare le prove si deve avere ben presente innanzitutto la "presunzione di innocenza dell'imputato, regola probatoria e di giudizio collegata alla struttura del processo e alle metodiche di accertamento del fatto"; l'Onere della prova deve sempre essere a carico dell'accusa; la regola di giudizio stabilita per la sentenza di assoluzione in caso di "insufficienza", "contraddittorietà" e "incertezza" della prova d'accusa (art. 530, commi secondo e terzo, c.p.p.), secondo il classico canone di garanzia in dubio pro reo. Infine, è obbligatorio l'obbligo di motivazione delle decisioni giudiziarie e della necessaria giustificazione razionale delle stesse".
Pertanto, il provvedimento impugnato va riformato perché l'imputato non lo ha commesso ed in ogni caso perché non è stata raggiunta la prova ai sensi dell'Art. 530 comma 2, c.p.p..
3) DIVIETO DI UN SECONDO GIUDIZIO
Violazione del principio del ne bis in idem.
È noto che secondo il vigente art. 649 del codice di rito l'imputato, prosciolto o condannato con sentenza irrevocabile, non può essere sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze (comma 1) e se ciò avviene il giudice, in ogni stato e grado del processo, pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
Per i noti fatti dello Stadio Massimino di Catania del 2/2/2007, già noti a tutti e di cui si è parlato nella sentenza impugnata e nel presente atto di gravame, è avvenuto che, SPEZIALE Antonino, odierno appellante, è stato già processato e condannato, giusta sentenza n. 15/08 del 12/2/2008, di cui al proc. n. 76/07 R.G. Trib. Min., parzialmente modificata, solo in ordine alla determinazione della pena, dalla sentenza n. 87/08 dell'11/7/2008 della Corte di Appello di Catania, Sezione Minori, divenuta esecutiva il 25/11/2008.
Nella fattispecie deve trovare applicazione la preclusione di cui all'art. 649 c.p.p. per intervenuto giudicato della sentenza anzi detta emessa nei confronti di Antonino Speziale che rispondeva del reato di resistenza a Pubblico Ufficiale con l'aggravante di avere usato un'arma impropria costituita da un sottolavello.
Tale ipotesi rientra certamente nel concetto di identità del fatto, per come lo stesso è stato definito dalla Corte di Cassazione: "l'identità del fatto sussiste poiché vi è corrispondenza storico-naturalsitica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, luogo e persona"(Cass. Pen., SS.UU. 28.6.2005 n. 34655).
L'insegnamento giurisprudenziale avanti ricordato è in perfetta sintonia con la più illuminata dottrina, la quale proprio in ipotesi analoghe, ha asserito l'applicabilità dell'istituto in parola. Partendo dalle "ascendenze" normative dell'art. 649 c.p.p., dal suo testo e dall'intero sistema, si ricava che la disposizione "vieta un secondo giudizio sul medesimo fatto, anche sotto titolo diverso; ed è quanto succede nel concorso formale eterogeneo; un fatto cade sotto due titoli. Ne bis in idem, senza il minimo dubbio" (Cfr. CORDERO, Procedura penale, Milano 2000, p. 1132 ss. Per una visione di insieme del problema, CONSO, I fatti giuridici processuali penali, Milano 1955, p. 95 ss).
Per ultimo la sentenza che qui riportiamo riproduce un caso perfettamente uguale a quello di cui ci occupiamo e quindi elimina sul nascere ogni perplessità speculativa: "Ai fini del divieto del ne bis in idem è irrilevante l'indicazione delle norme giuridiche violate nella sentenza che per prima è passata in giudicato. E' decisiva, invece, affinché operi la preclusione di cui all'art. 90 c.p.p. 1930 e 649 c.p.p. vigente, la considerazione della contestazione costituita dal fatto (condotta rapporto di causalità evento). (Nella fattispecie, caratterizzata da concorso formale di reati, la Suprema Corte ha ritenuto sulla base del su esposto principio, sussistere la preclusione, rilevando che l'imputato, condannato nel primo giudizio per violenza e resistenza a pubblico ufficiale, non poteva essere chiamato successivamente a rispondere per lesioni volontarie)" (Cass. Pen. 3.12.1992/19.3.1993, Sez. V. n. 2631).


In via del tutto subordinata e solo per scrupolo difensivo.
4) IL TRIBUNALE AVREBBE DOVUTO RITENERE PREVALENTI LA DIMINUENTE DELLA MINORE ETA' SULLE CONTESTATE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI.
Invero ha errato il Tribunale a ritenere equivalenti le circostanze aggravanti rispetto alla diminuente della minore età.
Infatti, in tal modo non può dirsi rispettata la ratio ispiratrice delle vigenti disposizioni in materia di giudizio di comparazione delle circostanze del reato (art. 69 c.p., L. n. 251 del 5/12/2005), che si ispira palesemente alla necessità di irrogare una pena che sia equa in riferimento al caso concreto.
Il giudizio di comparazione sarebbe dovuto avvenire attraverso una valutazione complessiva sia della condotta dell'imputato, sia della circostanza in cui il fatto sarebbe avvenuto.
In effetti, il Tribunale avendo derubricato il reato contestato, da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale, sulla base del fatto che in realtà secondo la perizia il sottolavello sarebbe stato idoneo soltanto a cagionare le lesioni e non la morte, e che quindi l'imputato non avrebbe avuto alcuna intenzione, nemmeno eventuale, di uccidere, appare ancora più contraddittorio che i giudici abbiano ritenuto equivalenti tra di loro le circostanze attenuanti (minore età) con quelle aggravanti.
Pertanto, andava dichiarata la prevalenza della minore età sulle circostanze aggravanti, atteso che la condotta attribuita allo SPEZIALE Antonino è stata considerata giuridicamente meno grave di quella originariamente contestata.
5) IL TRIBUNALE AVREBBE DOVUTO APPLICARE LA CONTINUAZIONE TRA LA SENTENZA CHE SI IMPUGNA CON IL PRESENTE ATTO E LA SENTENZA DI RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE PASSATA IN COSA GIUDICATA RELATIVA AGLI STESSI FATTI.
Il Tribunale ai sensi dell'art. 81 c.p. avrebbe dovuto applicare la continuazione tra la sentenza emessa nel presente giudizio e la sentenza n. 76/2007 R.G. emessa in data 12/2/2008 dal Tribunale per i minorenni di Catania, riformata in data 11/7/2008 dalla Corte di Appello, Sezione Minori, divenuta definitiva il 25/11/2008, che ha condannato SPEZIALE Antonino Filippo alla pena di anni due di reclusione per i reati di cui agli artt. 110, 337 comma 1, 339 comma 2 c.p. e per i reati di cui agli artt. 81 cpv e 61 n. 2 c.p.p. e art. 5 L. 152/1975.
Il vincolo della continuazione si evince chiaramente dai fatti oggetto di reato sia per connessione soggettiva che oggettiva, atteso che SPEZIALE è stato condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, sempre per i fatti del 2/2/2007 accaduti presso lo Stadio Massimino di Catania.
6) ECCESSIVITA' DELLA PENA.
Comunque la pena irrogata all'imputato appare oltre modo eccessiva e sproporzionata, basti pensare al fatto che il coimputato maggiorenne (MICALE Daniele) è stato condannato dalla Corte di Assise di Catania alla pena complessiva di anni 11 di reclusione, per il reato di omicidio preterintenzionale e il reato di resistenza (SPEZIALE, minorenne all'epoca dei fatti, arriva ad accumulare 16 anni).
Il Tribunale sotto questo profilo, nonostante si trattasse di un minorenne, è stato eccessivamente severo e rigoroso, rilevato che avrebbe dovuto irrogare il minimo edittale.
Il disagio giovanile che non si può non leggere nei fatti del 2/2/2007 del "Massimino", non si può affrontare e né risolvere infliggendo una pena elevatissima ad un ragazzino.


Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, si chiede di accogliere in via preliminare i motivi del presente appello e gradatamente le subordinate ivi formulate in riforma dell'impugnata sentenza.
Nei modi e termini di Legge, l'imputato fa riserva, dopo che sarà resa pubblica anche la motivazione della sentenza di condanna emessa dalla Corte di Assise di Catania, nei confronti del coimputato, MICALE Daniele, o comunque se ne avrà contezza, di avanzare formale istanza di rimessione, con cui chiederà l'intervento della Corte Suprema di Cassazione, ai sensi dell'art. 45 c.p.p., al fine di rimettere il processo ad altro giudice fuori dalla Sicilia e comunque fuori dal Distretto della Corte di Appello di Catania.
Catania 23 giugno 2010.
Con ossequi
Avv. Graziella Coco Avv. Giuseppe Lipera
nonché i sostituti
Avv. Claudia Branciforti
unitamente a
Avv. Pietro Lipera
Avv. Salvatore Cavallaro
Avv. Salvatore Ficarra
Avv. Francesco Preti
Avv. Maurizio La Magna
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