Un'importante sentenza del Tribunale di Salerno che affronta il delicato tema dei limiti al diritto d'informazione e della tutela dei dati "sensibili" dei cittadini sottoposti a cure mediche.
Il Tribunale, nella sentenza n.2063/07, ha affrontato tre questioni delicate quali la definizione di "dato personale", che viene precisato, anche in un contesto molto particolare, non è solo quello che identifica in modo diretto una persona fisica ma anche quello che la identifica indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione…, il tema dell'essenzialità, pertinenza e continenza delle informazioni e dei limiti alla loro divulgazione da parte di un quotidiano quando si rientra nel ristretto ambito dei dati sensibili e quello dell'inversione dell'onere della prova in caso di violazione della Legge 675/06 (ora novellata dal Dlgs 196/03) con la relativa liquidazione del danno morale in via equitativa.
Il quotidiano, infatti, violando il diritto alla riservatezza ed esorbitando così dal limite del diritto di cronaca, aveva reso nota ai lettori, senza aver ricevuto alcun consenso, la storia raccapricciante di una paziente la quale sarebbe stata vittima, a seguito di un complicato intervento chirurgico eseguito presso un nosocomio cittadino di un grave caso di malasanità. Il giornalista non aveva esitato a fornire ai lettori oltre che la vicenda nella sua interezza sia le generalità dell'istante con uno stratagemma poco riuscito per occultarne i dati (nome diverso e cognome reale oltre che dati che la rendevano facilmente identificabile) che la storia ginecologica (dati sensibili) di cui era stata protagonista la paziente penetrando nella sua sfera più intima.
La Casa editrice del quotidiano, chiamata a rispondere, in qualità di Titolare del trattamento dei dati personali, al risarcimento del danno patito dalla paziente eccepiva il difetto di legittimazione attiva sul falso presupposto della mancata aderenza tra la persona lesa e la persona nominata negli articoli a cui era stato modificato il "nome" ma non il "cognome" dimenticando che la stessa era stata inequivocabilmente identificata negli articoli in modo indiretto: "ROSSI MARIALIVIA (NOME DI FANTASIA), 30 enne, sposata …ricoverata nella seconda stanza del reparto di Ginecologia". Il Giudice, alla luce di ciò, ha accolto appieno le osservazioni della paziente confermando come il dettato della legge 675/96, art.1 lett.c - ora novellata dal Dlgs. 196/03 (definisce dato personale "qualunque informazione relativa a persona fisica….. identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione…." e che quindi, nel caso di specie, parte attrice era stata agevolmente identificata dai lettori del quotidiano (così come confermato anche dai testi).
Nel merito il Tribunale non ha potuto che fare proprie le istanze della signora ROSSI sancendo che il Titolare del trattamento ha agito in totale dispregio sia dei precetti di cui alla L.675/96 (ora novellata dal Dlgs.196/03), la quale statuisce l'illegittimità della divulgazione di dati personali agli organi di stampa, in ordine allo stato di salute di una persona, in assenza di un consenso dell'interessato o dei suoi legittimi rappresentanti (tra gli altri parere del 16.06.1999 del Garante per la protezione dei dati personali) che del Codice di Deontologia dei Giornalisti (che dovrebbe essere un baluardo per chi esercita tale professione) il quale, all'art. 3, estende ai luoghi di cura i limiti e le garanzie previste per la tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora ed all'art. 10 vieta espressamente al giornalista di "pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico".
L'art. 25 della legge n. 675/1996 ora novellata, prevede, infatti, espressamente che il trattamento dei dati personali nell'esercizio della professione giornalistica debba rispettare anche le prescrizioni dell'apposito Codice di deontologia pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 29 luglio 1998, nel quale sono tra l'altro specificate alcune cautele necessarie per rispettare il principio dell'essenzialità dell'informazione in relazione a fatti di interesse pubblico (artt. 12, comma 1, lett. e), 20, comma 1, lett. d), e 25 Legge n.675/1996).
La disciplina sulla protezione dei dati personali utilizzati a fini giornalistici prevede poi una tutela più elevata per il diritto alla riservatezza di persone malate (art.10 del Codice deontologico).
L'articolo 10 del Codice deontologico ha sancito il necessario rispetto per la dignità, la riservatezza e il decoro personale che il giornalista dovrà mantenere nel diffondere informazioni su persone malate. Salva l'essenzialità dell'informazione e la posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica dell'interessato, il cronista avrà l'obbligo di astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico, in special modo per i malati gravi o terminali. Attraverso tale previsione è stato posto un limite all'uso non corretto delle tecniche invasive da parte dei giornalisti, tutelando con maggior rigore la sfera più intima dell'individuo. In base a tale quadro, il giornalista che raccoglie dati personali presso una struttura sanitaria, deve prescegliere opportune modalità che, in considerazione del particolare contesto sanitario, permettano ai malati interessati di comprendere appieno le finalità della raccolta delle informazioni e la loro destinazione ad un'ampia diffusione che può renderli riconoscibili (art. 2 cit.); cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Alla luce di tutto, accertata la lesività degli articoli giornalistici, la casa editrice del quotidiano è stata condannata al risarcimento dei danni morali patiti dalla parte attrice riconosciuti ai sensi dell'art.18, in combinato disposto con il comma 9 dell'art.29, della legge n. 675/1996 (ora novellata dal Dlgs.196/03), che prevede la risarcibilità del danno non patrimoniale nelle ipotesi di violazione dell'art.9 (come sopra meglio precisato), estendendo, in questo modo, l'area della risarcibilità del danno morale da trattamento di dati personali oltre il limite della corrispondenza del comportamento illecito ad una fattispecie penale.


TRIBUNALE Dl SALERNO
Terza Sezione Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


II Tribunale di Salerno - Terza Sezione Civile - in composizione monocratica e nella persona del giudice Dott.ssa Antonella Dì Stasi, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile di I° grado, iscritto a ruolo il 23.9.2003, al n°.2398 RG, anno 2003, trattenuto in decisione alla udienza del 12 4.2007 con concessione alle parti dei termini di rito per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica

TRA

ROSSI MARIALIVIA (NOME DI FANTASIA), rappresentata e difesa dall'aw. Giustino Sisto, presso il cui studio elettivamente domicilia in Salerno, alla via Vernieri n. 34, in virtù di mandato a margine dell'atto di citazione,
ATTRICE
E
EDIZIONI DEL MEZZOGIORNO SRL (ora Edizioni de l'Indipendente srl), in persona del legale rappresentante pt, rappresentata e difesa dall' avv. Rocco Truncellito, unitamente al quale elettivamente domicilia in Salerno alla via Michelangelo Schipa n. 41 presso lo studio dell'avv. Riccardo Scocozza, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta. CONVENUTA

Avente ad oggetto: RISARCIMENTO DANNI, e trattenuta in decisione all'udienza del 12.4.2007, con la concessione dei termini di cui all'articolo 190 c.p.c., sulle conclusioni prese dal difensori delle parti, come da relativo verbale in atti, da intendersi qui integralmente richiamato e trascritto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 16.9.2003, ROSSI MARIALIVIA, premesso: che in data 6.6 2003 veniva ricoverata d'urgenza presso il reparto di ginecologia dell'Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona di Salerno, dove veniva sottoposta ad un delicato intervento chirurgico a seguito di una gravidanza extrauterina; che in data 9.6.2003 sul quotidiano "Cronache del Mezzogiorno" edito dalle Edizioni del Mezzogiorno Srl veniva pubblicato l'articolo a caratteri cubitali -non firmato- dal titolo "Salerno, donna incinta.Le bucano l'intestino", con sottotitolo "Dramma al S,Leonrdo per "MARIALIVIA ROSSI" per nascondere l'errore non è ricoverata in Rianimazione"; che nell'articolo che seguiva l'anonimo cronista dopo aver reso note al pubblico le generalità dell'istante (. . De Luca, 30enne, sposata ..ricoverata nella seconda stanza del reparto di Ginecologia), a pagina 6 rivelava una serie di dettagli raccapriccianti dell'operazione per concludere che "la signora ROSSI sarà sempre costretta ad avere un regime di vita ed alimentare alquanto rigido proprio per evitare possibili complicazioni di salute dovute a questo suo intestino più piccolo di 20 centimetri e con una ferita da parte a parte; che il giorno seguente sempre su "Cronache del Mezzogiorno" veniva pubblicato un nuovo articolo, a firma Re.cro, dal titolo "S.Leonardo: il medico sbagliò anche la diagnosi" e con i sottotitoli "La storia di MARIALIVIA ROSSI si arricchisce di nuovi particolari. Parla il Chirurgo" e "Dall'ecografia il ginecologo non si accorse della gravidanza extrauterina"; che le predette pubblicazioni erano da ritenersi illecite in quanto era stato violato il diritto alla riservatezza dell'istante in palese contrasto con il dettato costituzionale, con la legge 675/1996 e con il Codice di Deontologia dei giornalisti; che il giornalista "misterioso" in modo illegittimo e pretestuoso ed esorbitando dal limite del diritto di cronaca aveva esposto al pubblico ludibrio tatti rientranti nella sfera intima dell'attrice; che a seguito della pubblicazione degli articoli summenzionati, l'attrice, ricoverata presso il nosocomio salernitano in condizioni di salute precarie "veniva letteralmente assalita da una moltitudine di curiosi che le provocavano forti stati d'ansia e depressione: che tale malessere psico-fisico si accresceva quando l'istante, dopo le dimissioni dall'ospedale, si vedeva catapultata al centro dell'attenzione generale come vaso umano" da compatire; che l'unica responsabile dell'illecito trattamento dei dati personali e sensibili della sig.ra MARIALIVIA ROSSIera la Edizioni del Mezzogiorno S.r.l., quale casa editrice del quotidiano 'Cronache del Mezzogiorno"; che nonostante regolare messa in mora inviata con race.ta A.R iel 10 6.2003 non era stato possibile ottenere il nominativo del "Responsabile del trattamento" dei dati né il risarcimento dei danni morali patiti dall'istante; tutto ciò premesso ROSSI MARIALIVIA citava in giudizio dinanzi a questo Tribunale e Edizioni del Mezzogiorno S.r.l., in persona del legale rappresentante pt, per sentirla dichiarare responsabile dell'illecito trattamento dei dati personali e sensibili della sig.ra MARIALIVIA ROSSIe sentirla condannare al risarcimento dei danni non patrimoniali da quantificarsi in euro 25.000.000 o in quella somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, con vittoria delle spese processuali con distrazione.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Edizioni del Mezzogiorno S.r.l., in persona del legale rappresentante pt, mediante deposito di comparsa di costituzione e risposta nella quale concludeva per il rigetto della domanda deducendo che l'attrice era sfornita di legittimazione attiva in quanto la persona citata nell'articolo era MONICA ROSSI e non MARIALIVIA ROSSI; che non vi era stata violazione della privacy in quanto i dati informativi riportati negli articoli erano essenziali alla corretta diffusione della notizia ed i fatti di fondamentale rilevanza pubblica in quanto relativi ad un clamoroso caso di "malasanità" avvenuto in un importante ospedale pubblico della città; che i dati diffusi rientravano nei limiti di esercizio del diritto di cronaca in aderenza ai principi di interesse pubblico della notizia, verità e continenza dei fatti narrati; che quanto ai danni richiesti ex articolo 18 1 n. 675; 1996, l'attrice non aveva fornito prova dell'esistenza del nesso causale tra l'attività pericolosa ed il danno subito.
Alla prima udienza del 4.12.2003 si fissava udienza di trattazione ai sensi dell'articolo 180 cpc; all'udienza di trattazione del 1.4.2004 si interrogava liberamente l'attrice e si assegnavano alle parti i termini di cui all'articolo 183 comma 5 cpc; alla successiva udienza del 10.11.2004 si assegnavano alle parti i termini per l'integrazione delle deduzioni istruttorie; con ordinanza depositata o data 12.5.2005 si ammetteva la prova testimoniale dedotta dall'attrice;
All'udienza del 2.2..2006 si escuteva il teste S.D. ed all'esito si fissava udienza per la precisazione delle conclusioni.
All'udienza del 12.4.2007 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva rimessa in decisione previa assegnazione dei termini di rito per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è fondata e va accolta.
Il punto fondamentale della controversia attiene alla correttezza del trattarnento delle informazioni pubblicate in data 9.6.2003 e 10.6.2003 dal quotidiano "Cronache del Mezzogiorno", con titolo in prima pagina e con prosieguo nelle pagine interne, negli articoli intitolati "Salerno, donna incinta Le bucano l'intestino" e "La Storia di MARIALIVIA ROSSI si arricchisce di nuovi particolari. Parla il chirurgo. S. Leonardo: il medico sbagliò anche la diagnosi. Dall'ecografia il ginecologo non si accorse della gravidanza extrauterina".
L'attrice lamenta il fatto che, nel titolo e nel corpo degli articoli, l'articolista, sconosciuto, non si limitava a riportare la notizia della vicenda di malasanità ma forniva dati personali e sensibili della persona coinvolta, facilmente identificabile con la attrice, facendo così venire meno ogni tutela del diritto alla riservatezza in violazione della legge 675/1996 e del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica.
Ciò posto vanno previamente evidenziati sia il quadro giuridico di riferimento in materia di tutela dei dati personali che i principi giurisprudenziali in materia di esercizio del diritto di cronaca giornalistica fondato sull'articolo 21 della Costituzione.
La legge 31.12.1996 n. 675 (applicabile "ratione temporis" alla vicenda che ci occupa ha stabilito, in linea generale, che il trattamento dei dati perosonali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all'identità personale; e .i~ ~rnrci per.sorrale; ~Tar-crrrti.sce garantisce altresì (articolo 1 comma 1 l. 675/96).
E il concetto di dato personale viene fatto coincidere dal legislatore con qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale (articolo 14 comma 2 lett c 1675/96),

Per quanto riguarda l'attività giornalistica e di informazione, il legislatore stabilisce il principio cardine della "libertà del trattamento". In effetti, contrariamente a quanto accade per la maggior parte dei titolari di trattamenti, i giornalisti (professionisti, pubblicisti o praticanti) non devono acquisire il
consenso delle persone dei cui dati si tratta, né essere autorizzati dal Garante, facendo, però, salvi i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (articolo 25 l. 675/96).
Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, approvato dal Garante con provvedimento del 29 luglio 98 (e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 3 agosto 98, n. 179), riafferma con forza l'originalità del tipo di trattamento, di cui rivendica la "netta" differenza rispetto a quello effettuato da qualsiasi altro soggetto
(articolo 1).
Peraltro, anche il trattamento dei dati svolto nell'ambito dell'attività giornalistica non può essere del tutto sciolto da vincoli: l'articolo 25 della legge 675/96 stabilisce che il giornalista è tenuto al rispetto dei limiti del diritto di cronaca, in particolare quello rappresentato dal principio "dell'essenzialità dell'informazione riguardo ai fatti di interesse pubblico"
Da parte sua, il Codice deontologico (richiamato dall'articolo 25 della legge 675/96) pone un insieme di norme che evidenziano i limiti del corretto esercizio del diritto di cronaca.
In primo luogo, viene ribadito il principio dell'essenzialità dell'informazione con riferimento anche ai dati sensibili (articolo 5); l'articolo 6 chiarisce poi l'esatto significato del principio, precisando che l'informazione, dettagliata, non contrasta con il rispetto della sfera privata quando si tratta di notizie "di rilevante interesse pubblico o sociale" e risulti indispensabile "in ragione dell'originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui é avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti" (comma 1); precisa, inoltre, che, con riferimento a persone "che esercitano funzioni pubbliche", la sfera privata va rispettata se le notizie "non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica" (comma 2); stabilisce, quindi, (comma 3) che "commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti". L'articolo 8, infine, sancisce il principio che il giornalista, attraverso la pubblicazione sia di notizie che di immagini, non deve mai ledere la dignità della persona.
I principi summenzionati riproducono, quanto ai limiti all'esercizio dei diritti di cronaca e di critica, quelli enucleati da lungo tempo dalla giurisprudenza di legittimità, esposti per la prima volta nel cosiddetto "decalogo del giornalista" contenuto nella nota sentenza della Corte 5259/84, che ha fissato la famosa tripartizione costituita dalla verità della notizia, oggettiva o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca; dall'utilità sociale dell'informazione (cosiddetta "pertinenza"), vale a dire dal concreto interesse del pubblico alla sua conoscenza; dall'esposizione civile e corretta dei fatti (cosiddetta "continenza"), scevra di intenti denigratori e rispettosa della dignità della persona.
Ciò posto, alla luce della documentazioni in atti e delle risultanze della prova testimoniale espletata, gli articoli giornalistici oggetto di causa non possono ritenersi espressione del corretto esercizio del diritto di cronaca quanto alla menzione dei dati personali dell'attrice ed ai dati clinici che la riguardavano, difettando il presupposto della essenzialità della divulgazione.
Infatti, pacifica la verità della notizia divulgata (come peraltro riconosciuto dalla stessa attrice), la essenzialità della informazione sussisteva in relazione al fatto storico ( vicenda sanitaria ) ed alla sua collocazione spaziale (in Salerno presso l'Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona).
Risultava, invece, non essenziale per il concreto interesse del pubblico fornire, con dovizia di particolari, una serie di informazioni che consentivano agevolmente l'individuazione della persona coinvolta nella vicenda (...1'indicazione del cognome della attrice, dell'età, della stanza del reparto di Ginecologia ove la stessa era ricoverata), nonché divulgare dati clinici personali (il suo intestino tenue è stato bucato da una parte all'altra ed è stato necessario amputare 20 centimetri della sua estensione. La ferita è dunque ancora non matura e quindi occorre fare molta attenzione nelle prossime ore. Comunque sia, da ieri la signora ROSSI dovrà vivere in maniera molto regolare e stando particolarmente attenta al suo modo di mangiare, in quanto potrebbe bastare qualche piccolo inconveniente per provocarle conseguenze molto pericolose.....la signora ROSSI sarà sempre costretta ad un regime di vita e alimentare alquanto rigidi proprio per evitare complicazioni di salute dovute a questo suo intestino più piccolo di 20 centimetri e con un ferita da parte a pare)
Infatti, l'interesse del pubblico garantito dall'informazione giornalistica era relativo alla circostanza della vicenda clinica, al luogo di verificazione della stessa, alla particolarità e complessità dell'intervento chirurgico eseguito. Certamente non risultava pertinente ed essenziale ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca fornire dati di identificazione della persona coinvolta e notizie personali e particolari riguardanti lo stato di salute della stessa con riferimento alla sua vita attuale e futura.
Infatti, tali dati personali non risultavano indispensabili ai fini dell'informazione giornalistica né in ragione dell'originalità del fatto, né della descrizione dei modi particolari in cui esso era avvenuto, né della qualificazione del protagonista.
Né risulta che tali dati siano stati resi noti dall'interessata che, anzi, aveva sicuramente un interesse contrario alla divulgazione.
Infine, va pure rilevato che lo stesso Codice Deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, all'articolo 10 prevede espressamente la tutela della dignità delle persone malate (Il giornalista, nel far riferimento allo stato di salute di una determinata persona, identificata o identificabile, ne rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza ed al decoro personale, specie nei casi di malattie gravi e terminali, e si astiene dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico. La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e sempre nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.)
In un siffatto contesto, pertanto, la divulgazione dei dati personali e sensibili in questione deve ritenersi non corretta in quanto avvenuta in violazione del disposto degli articoli 1 e 25 della legge 675/96 e, quindi, lesiva del diritto alla riservatezza e protezione dei dati personali e sensibili di ROSSI MARIALIVIA.
Accertata la lesività degli articoli giornalistici in questione in danno della attrice, va riconosciuto a ROSSI MARIALIVIA, ai sensi degli articoli 18 legge 675/96 e 2050 cc il diritto al risarcimento del danno subito nei confronti della convenuta Edizioni del Mezzogiorno srl.
Va, quindi, risarcito il danno non patrimoniale, non essendo dubitabile che la non corretta divulgazione dei dati summenzionati abbia leso il diritto alla riservatezza, la cui tutela è ricollegabile agli articoli 1 e 18 legge 675/96.
Il danno va liquidato facendo ricorso al criterio equitativo di cui all'articolo 1226 c.c., attesa la impossibilità di provarne l'ammontare preciso.

Pertanto, tenuto conto dell'ambito di diffusione locale del quotidiano, della rilevanza attribuita alla notizia ( titoli in prima pagina ed a caratteri cubitali), al numero delle pubblicazioni (9 e 10 giugno 2003) ed alla rilevanza dell'illecito, deve liquidarsi in via equitativa la somma di euro 5.000,00 al valore attuale della moneta ed interessi legali compresi fino alla data della presente sentenza; su tale somma dalla data di deposito della presente sentenza decorreranno gli interessi nella misura legale fino al soddisfo.
Le spese processuali seguono la soccombenza e, nella misura liquidata in dispositivo, vanno poste a carico della convenuta.

PQM

il Tribunale di Salerno - Terza Sezione Civile - in composizione monocratica e nella persona del giudice dott.ssa Antonella Di Stasi, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da ROSSI MARIALIVIA nei confronti delle Edizioni del Mezzogiorno S.r.l., in persona del legale rappresentante pt con atto di citazione notificato il 16.9.2003, uditi i procuratori delle parti, ogni altra istanza, difesa, eccezione e deduzione respinta, così provvede:
a) condanna la Edizioni del Mezzogiorno S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di ROSSI MARIALIVIA, a titolo di risarcimento danni e per la causale di cui alla parte motiva, della somma di curo 5.000,00, oltre interessi nella misura legale a decorrere dalla data di deposito della presente sentenza e fino al soddisfo;
b) condanna la Edizioni del Mezzogiorno S.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di ROSSI MARIALIVIA, e per la stessa in favore dell'avv. Gustino Sisto, per dichiarazione di anticipo, delle spese processuali che liquida in complessivi curo 1955,00, di cui curo 155,00 per esborsi, curo 600,00 per diritti ed curo 1200,00 per onorario, oltre IVA, Cassa e rimborso spese generali, nella misura e come per legge.
Cosi deciso in Salerno, 27.7.2007
IL GIUDICE


Autore: Redazione

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