Un lavoratore in nero ogni tre aziende ispezionate. Una piaga che costa allo Stato 20 miliardi. A riferirlo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro che ha rielaborato i dati sul lavoro sommerso del 2017

di Gabriella Lax - Sono più di un milione mezzo in Italia i lavoratori irregolari, con un ammanco per le casse dello Stato di circa 20 miliardi di euro. La triste fotografia è scattata dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro che ha rielaborato i dati sul lavoro sommerso del 2017, primo anno di attività dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Lavoratori in nero: costano 20 miliardi

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Il lavoro nero si conferma come una delle piaghe inguaribili del Paese con il suo enorme carico di oneri previdenziali e fiscali sottratti alle casse dello Stato. A fronte della schiera di oltre un milione e mezzo di lavoratori "invisibili" esistono nel settore privato circa 5,7 milioni di aziende attive compreso il settore agricolo. Nello specifico le ispezioni hanno rivelato, nello scorso anno, ben 48.073 lavoratori in nero a fronte di 160.347 aziende ispezionate, ossia un lavoratore in nero per ogni tre aziende ispezionate.

Come riporta Adnkronos, a questo dato, secondo i consulenti, è stato applicato, un correttivo prudenziale riferito ad uno stock di aziende nelle quali per le loro caratteristiche e settore di appartenenza è ridotto (se non addirittura eliminato) il rischio di utilizzo del lavoro sommerso. Da qui si stima che lavoratori invisibili, nel nostro Paese, sul totale delle aziende attive, nel 2017 è di 1 milione e 538 mila unità.

Conforta sapere che, grazie all'attività vigilanza dell'Ispettorato del lavoro, si tratta di un dato è tendenzialmente in riduzione di circa 200.000 unità. Non viene meno la gravità del fenomeno poiché ogni tre aziende ispezionate si riscontra un lavoratore in nero, con un tasso del 2,9%. Di conseguenza, l'evasione fiscale

si assesta intorno a 20 miliardi di euro.In base alle verifiche, lo scorso anno, delle 160.347 aziende ispezionate dall'Ispettorato del Lavoro, quelle risultate con qualche forma di irregolarità per almeno un rapporto di lavoro sono state 103.498, ossia il 64,54% delle aziende ispezionate. Si registra un aumento di 1,53 punti percentuali rispetto al 2016. Ciò significa che aumenta il rapporto delle aziende irregolari rispetto a quelle ispezionate. Secondo i consulenti del lavoro «L'aumento della probabilità di individuazione di almeno un rapporto di lavoro irregolare è dovuta al miglioramento delle tecniche ispettive e della conoscenza del territorio da parte dei servizi ispettivi, anche supportati da una programmazione oculata delle mappe di rischio adottate dalla Vigilanza». Ma quali sono le irregolarità? Esse possono riguardare 3 fattori: forme di elusione previdenziale, assicurativa e fiscale (esempio, mancato assoggettamento a Inps, Inail e Irpef di parte della retribuzione corrisposta); lavoro parzialmente sommerso (rapporti avvianti in part-time che invece risultano a tempo pieno); lavoro completamente sommerso (lavoro nero).

Lavoro nero e caporalato

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Non sono incoraggianti, nonostante la nuova disciplina normativa, i dati relativi al caporalato. Nel 2017 sono state deferite all'Autorità Giudiziaria 94 persone, delle quali 31 in stato di arresto, e sono stati individuati 387 lavoratori vittime di sfruttamento. Nel primo semestre dell'anno in corso si registrano 60 persone deferite all'Autorità Giudiziaria, delle quali uno in stato di arresto e 47 in stato di libertà, individuati poi di 396 lavoratori coinvolti. Sono, inoltre, stati adottati n. 9 provvedimenti di sequestro.

In conclusione, per i consulenti del lavoro «le cifre stimate dalla Fondazione Studi riportano l'attenzione sull'importanza strategica di un'incisiva azione di contrasto al lavoro nero che, non di rado, sfocia in fenomeni di caporalato diffuso - non solo in agricoltura - di cui i recenti fatti di Foggia sono solo quelli più eclatanti». Sul tema si discuterà nel prossimo incontro interministeriale, fissato dal ministro Luigi Di Maio per lunedì 3 settembre proprio nel capoluogo foggiano.

Lavoro nero, sanzioni per il lavoratore e per il datore

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Le sanzioni per il datore di lavoro che assume in nero, si ricorda, sono indicate nel Decreto Semplificazioni (d.lgs. 151/2015) attuativo del Jobs Act, con cifre che possono arrivare fino a 36mila euro. L'importo varia a seconda dei giorni d'impiego del dipendente in nero: da 1.500 a 9.000 euro per ogni lavoratore irregolare entro i 30 giorni di impiego effettivo; da 3.000 a 18.000 euro per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo compreso tra i 31 e i 60 giorni; da 6.000 a 36.000 euro per ogni lavoratore irregolare con impiego effettivo superiore ai 60 giorni (leggi anche Lavoro nero: multe più salate sino a 36mila euro).

Non solo il datore di lavoro ma anche lavoratore in nero può rischiare molto. Se, ad esempio, ha dichiarato alle autorità competenti il proprio stato di disoccupazione o, addirittura, percepisca apposita indennità. Le autorità che effettuano i controlli, infatti, hanno l'obbligo di segnalare il lavoratore occupato in nero alla Procura della Repubblica. E se emerge che il dipendente ha reso all'Inps o al Centro per l'Impiego la dichiarazione sul proprio status di disoccupato, il rischio è una condanna ex art. 483 del codice penale (che comporta la pena della reclusione fino a due anni).

Se poi, oltre ad aver dichiarato un inesistente stato di disoccupazione, il lavoratore in nero abbia percepito anche l'indennità di disoccupazione (o altri ammortizzatori sociali), il pericolo è vedersi addebitata l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p., che può comportare il carcere (fino a 3 anni) o la multa fino a 25.822 euro (laddove la somma indebitamente percepita sia inferiore a 3.999,96 euro). Lo stesso decade dai benefici e può andare incontro alla restituzione delle somme percepite da parte dell'Inps o di altro ente oltre al risarcimento del danno (leggi anche Lavoro nero: sanzioni anche per il lavoratore).



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