L'Italia sta diventando un Paese multietnico. Le ondate migratorie degli ultimi anni hanno condotto nel nostro paese milioni di persone dalle caratteristiche fisiche e dalle origini etniche molto diverse dalle nostre. Nei confronti dei cittadini stranieri, i cui figli frequentano le nostre scuole e sono a tutti gli effetti nostri concittadini, il nostro Paese intende assicurare la necessaria tutela da ogni forma di discriminazione. Va sottolineato come la discriminazione sia sempre dolorosa e come, in alcuni casi, possa divenire anche violenta. Essa può assumere mille volti e nella maggior parte dei casi è impossibile individuarne una forma ben connotata. Talvolta anche il semplice disprezzo e la discriminazione quotidiani e sottili offendono e arrecano danno alle vittime. La discriminazione, inoltre, può manifestarsi nella vita quotidiana e nei rapporti di dipendenza: durante la ricerca di un impiego, sul posto di lavoro, alla ricerca di un alloggio, nel vicinato, a scuola, nei con tatti con le autorità e all'interno della famiglia. La discriminazione razziale è, per fortuna, raramente diffusa in Italia ed ancora più raramente essa è dettata da un'ideologia razzista e, nella maggior parte dei casi, essa si manifesta con paure diffuse, pregiudizi e atteggiamenti aggressivi. Non mancano, tuttavia, episodi isolati che meritano di essere segnalati all'attenzione degli operatori del diritto per evitare in avvenire il ripetersi di accadimenti che minano alla radice i principi di civile convivenza e di rispetto della dignità umana che sono fondamentali per ogni società multietnica. In tale direzione assume un importante rilievo la sentenza
n. 46783/2005, con la quale la Suprema Corte ha condannato alla pena di quattro mesi di reclusione un barista che si era più volte rifiutato di servire le consumazioni richieste da cittadini nord africani. (Mario Pavone) LaPrevidenza.it, 21/03/2006
Articolo di Mario Pavone

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