di Lucia Izzo - Il logoramento dei redditi che ha colpito la professione forense negli ultimi anni parrebbe essere finito, mentre sarebbe iniziata una fase di graduale stabilizzazione. La professione legale appare "ancora prestigiosa, appena fuori dalla crisi, ma perde attrattività".
Inoltre, prosegue la "femminilizzazione" della professione forense: le donne sono diventate la metà degli avvocati, ma hanno redditi che ancora arrivano solo al 44% rispetto a quelli colleghi maschi. Torna però a crescere il reddito medio e il 46% dei giovani professionisti scommette sul miglioramento della condizione futura.
Sono alcuni dei principali risultati a cui è giunto il Censis nel suo "Rapporto annuale sull'avvocatura italiana" per il 2018 (qui sotto allegato), presentato a Roma il 21 giugno e il quale ripercorre percorsi e scenari della professione forense in Italia.
Dai dati del rapporto, secondo Nunzio Luciano, presidente di Cassa Forense e vice presidente vicario Adep, "emerge una situazione che ci predispone ad un approccio diverso rispetto al futuro. Siamo usciti dalla crisi economica e finanziaria e cominciamo, anche per quanto riguarda l'avvocatura, a ragionare su interventi non più d'emergenza ma prospettici che tengano in considerazione le tre variabili più importanti: quella di genere, quella anagrafica e quella del reddito".
Avvocati: disparità di redditi tra Nord e Sud e tra uomini e donne
Il tasto reddituale, secondo il Censis, sembrerebbe anche meno "dolente" di quanto si pensi. Sarebbe in fase di arresto, infatti, la deriva di logoramento dei redditi degli avvocati, nonostante persista e si consolidi un certo gap generazionale: solo gli avvocati con età compresa tra i 70 e 74 anni hanno visto crescere in maniera significativa i propri redditi.
Se nel 2015 il reddito medio annuo degli iscritti alla Cassa Forense è risultato uguale a quello registrato vent'anni prima, tanto da provocare una perdita di potere d'acquisto (calcolato sulle stime del valore del reddito rivalutato) pari al 29% nel 2016 il reddito medio è stato pari a 38.437 euro, quasi 100 euro in più rispetto all'anno precedente.
Tuttavia, la distribuzione dei redditi risulta ancora polarizzata, con differenze rilevanti tra Nord e Sud oltre che tra avvocati uomini e donne: ad esempio, professionisti ultracinquantenni, maschi, residenti al Nord, dispongono di livelli di reddito medio-alti, mentre le professioniste donne, giovani e residenti nel Centro-Sud dispongono di redditi decisamente inferiori alla media nazionale.
In generale, le donne sono maggiormente penalizzate: le avvocatesse ricavano dalla professione un reddito pari in media al 43,8% dei colleghi maschi, inferiore in valore assoluto di quasi 30.000 euro l'anno. Ciononostante, tra il 2015 e il 2016 le differenze di genere sembrano più sfumate (in diverse fasce d'età il reddito delle donne è cresciuto in misura maggiore rispetto a quello dei colleghi uomini).
Se, invece, si guarda alla distribuzione per fasce d'età e senza distinzione di genere, si nota un livello soglia, rappresentato dal compimento del 45° anno d'età, che costituisce un vero e proprio punto di svolta per il reddito degli avvocati, che passa da un livello medio di poco superiore ai 29.000 euro l'anno a oltre 41.000 euro.
Avvocati: crescita "ridotta" e sempre più donne
In un comunicato stampa, il Censis ritiene sia giunto al termine il ciclo di crescita continuata della professione. Infatti, nel periodo tra il 1995 e il 2017, illustra il rapporto, il numero di iscritti all'Ordine degli avvocati è cresciuto poco meno di 160.000 unità (+192% nel periodo), raggiungendo i 243.000 professionisti, cioè 4 avvocati ogni mille abitanti (contro un solo avvocato ogni mille abitanti nel 1990).
Sono gli ultimi anni, in particolare, a mostrare un incremento assai contenuto, pari allo +0,4% tra il 2016 e il 2017, contro il +1,9% nel 2016 rispetto al 2015. I dato più rilevante, invece, riguarda le avvocatesse che sono aumentate di quasi 95.000 unità in poco più di vent'anni (sei volte il dato relativo al 1995), mentre i colleghi uomini, nello stesso periodo, sono raddoppiati con un incremento di circa 64.700 iscritti.
Un trend che ha modificato significativamente l'identità e la composizione di genere della professione, passata dall'essere è prevalentemente maschile all'essere oggi distribuita in maniera quasi paritaria (nel 1995 le donne rappresentavano il 25% del totale degli avvocati, mentre oggi costituiscono il 47,8%).
Il ciclo di espansione quantitativa della professione, conclude il Censis, sarebbe giunto quindi al termine: l'assestamento può rilevarsi anche guardando agli iscritti e agli immatricolati nei corsi di giurisprudenza nelle università italiane, complice in parte anche la riduzione della componente giovanile della popolazione. Si registra, infatti, una riduzione dioltre 23.000 iscritti negli anni accademici 2010-2011 e 2016-2017.
Avvocatura prestigiosa, ma poco attrattiva
Nonostante per gli italiani la professione forense mantenga ancora un certo prestigio, sono molti gli avvocati che si dicono delusi dalla loro carriera.
È, infatti diminuita nel 2018, rispetto al 2015, la percentuale di avvocati che prevedono un miglioramento della propria condizione futura (dal 36,8% del 2015 al 29,3% di oggi). Le aspettative di mantenimento degli attuali livelli di reddito o di miglioramento sono più elevate tra le donne (il 31,2% attende un miglioramento rispetto al 27,8% degli uomini) e tra i giovani (il 45,7% contro una media del 29,3%).
Secondo gli avvocati (il 76%), la perdita del prestigio è dovuta ai comportamenti opportunistici attuati da molti colleghi di fronte alla crisi che avrebbero inficiato l'immagine della professione. Diversa, invece, è la percezione secondo i cittadini poiché quasi metà della popolazione (il 45,9%) ritiene sia rimasto invariato il prestigio della professione negli ultimi anni.
Ciononostante, secondo il 44% degli italiani ritiene che la professione forense costringa per troppo tempo a una condizione di precarietà e (il 21%) che non garantisca più adeguati sbocchi professionali. Gli stessi avvocati avvertono una sorta di delusione delle attese coltivate negli anni di formazione: oltre il 70% definisce la propria esperienza professionale al di sotto delle aspettative nutrite da studente di giurisprudenza. Il 30% arriverebbe a sconsigliare a uno studente di intraprendere la professione forense, mentre il 44% gli farebbe cambiare idea a meno di una forte motivazione.
Avvocati: clienti sempre più accorti
Oggi la fiducia che il cliente ripone nel suo legale è "condizionata": il 48% considera obbligatoria la condivisione delle linee di tutela, mentre solo per il 16,6% l'avvocato deve decidere autonomamente la difesa del cliente, infine un ulteriore 25% ritiene che il professionista abbia solo l'obbligo di informare il cliente sulle possibilità di successo o insuccesso dell'incarico.
La richiesta di compenso della prestazione professionale è valutata da oltre 1/3 degli italiani in funzione del grado di trasparenza e di informazione ricevuta dall'avvocato nei confronti della complessità della prestazione richiesta.
Il 31,4% guarderebbe, invece, al risultato ottenuto e pagherebbe solo dopo aver verificato l'impegno e la diligenza dell'avvocato: se il 7,5% pagherebbe la prestazione solo in caso di successo, il 27,6% riconosce che l'avvocato non può garantire il risultato voluto e dunque la prestazione dovrà essere pagata a prescindere dall'esito della causa.
Avvocati sempre più "digitali"
Dato positivo è, invece, quello che riguarda i servizi digitali messi in campo da Cassa Forense di cui almeno uno è stato utilizzato dal 91% del campione di intervistati. Tra i servizi più "popolari" spicca la Banca Dati giuridica DatAvvocato, seguita dal portale di documentazione previdenziale e normativa e dall'area dedicata ai servizi in convenzione.
Circa la metà degli avvocati considera maggiormente efficaci, fra le attività di comunicazione messe in campo da Cassa Forense, il potenziamento dei servizi telematici e lo sviluppo del sito Cassaforense.it.
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