Il sistema contributivo dell'ente privato Cassa Forense, che gestisce interessi eminentemente pubblici,contrasta con il principio dell'equità fiscale e contributiva. Infatti, tale principio, immanente all'Ordinamento Giuridico, strutturato sul combinato disposto degli articoli: 2, 3 e 53 della Costituzione Italiana, delinea le caratteristiche generali del sistema contributivo. In forza delle quali, il sistema (anche di Enti Privati, che al pari degli altri soggetti, che operano nel suo territorio, sono tenuti al rispetto delle leggi dello Stato ed a fortiori della Costituzione Italiana) così come strutturato, deve essere tale da realizzare una giustizia fiscale - art. 3 Cost. -, solidale - art. 2 Cost. -, basata sul criterio della progressività - art. 53 Cost. - dell'imposizione contributiva.
Gli oneri maggiori del carico fiscale e contributivo dovrebbero gravare sui lavoratori che vantano maggiori redditi, colpendo i redditi con aliquote crescenti, lasciando esenti o non determinando un forte carico per i percettori di redditi non elevati. Al contrario il sistema contributivo attuato dalla Cassa Forense, astrae da ogni considerazione sulla capacità contributiva dei singoli, quando stabilisce il pagamento di contributi (c.d. minimi) fissi ed indipendenti da situazioni reddituali. Inoltre, prevede aliquote decrescenti, per cui l'imposizione, in contrasto col principio d'equità, di cui agli art. 4 e 53 della Costituzione, finisce per essere regressiva ed iniqua ("14% per i redditi fino a 94.000,00 euro di reddito, 3% per redditi che superano tale soglia": si fa così gravare gran parte del carico contributivo sui lavoratori con redditi più bassi).
Il carico contributivo sarà viepiù maggiore per quei soggetti, che dovranno pagare i contributi anche in riferimento alle attività lavorative ulteriori, ma compatibili ex lege con quella forense (anche secondo la nuova legge professionale).Peraltro, questi professionisti secondo la precedente normativa, erano pur sempre obbligati, anche se non iscritti alla Cassa Forense, a versare alla Cassa, senza esserne beneficiari per future prestazioni previdenziali, una percentuale proporzionale di tutti gli eventuali redditi professionali prodotti.
L'iscrizione forzata allora costituisce nient'altro che un ulteriore pagamento, c.d. contributo minimo (solo per il nome), ma che di fatto costituisce una somma notevole, nel raffronto con le altre posizioni, da pagare indipendentemente dalla produzione di reddito professionale (anche a reddito zero), il tutto non a fronte di future erogazioni previdenziali.
La vera ratio della normativa, è quella d'assecondare lo spirito conservatore di quella che tende sempre più a divenire una Casta chiusa nei propri privilegi, potente a tal punto da ottenere, sul termine della passata legislatura, da un Parlamento non sempre troppo solerte nel curare le problematiche irrisolte e drammatiche che il Paese Italia sta attraversando in questi anni, una nuova legge professionale (della quale non si sentiva la necessità, né l'urgenza).
Mentre il principio della libertà nel campo economico e del lavoro si afferma sempre più a livello globale, essendo anche il cardine fondamentale del sistema Italiano ed Europeo in forza rispettivamente dell'art. 41 della Costituzione Italiana e dell'art.3 del Trattato dell'Unione Europea; nel nostro Paese forze che non potrebbero proprio definirsi progressive e lungimiranti tendono a porre ostacoli e preclusioni all'esercizio di attività lavorative, professionali ed economiche.
Sotto il falso vessillo della tutela di una professionalità tutta da dimostrare, la nuova legge sull'Ordinamento Forense, affida ai Consigli dell'Ordine il compito di operare, quella che appare come una vera e propria epurazione, il c.d. sfoltimento degli albi (cancellazione), che sostanzialmente si risolverà in una presumibile discriminazione quantitativa dei redditi, anche se formalmente esclusa dalla lettera della legge. Chi potrebbe mai affermare che queste azioni e queste norme si allineano e sono conformi ai principi di libertà del lavoro, di cui agli articoli 1, 4 e 35 della Costituzione Italiana, e dell'iniziativa economica e non discriminazione, di cui agli articoli 41 e 3 della Costituzione?
Alla luce di quanto argomentato appare chiaro l'intento della norma incriminata, anacronistica e reazionaria:scoraggiare ed indurre a rinunziare all'esercizio della professione, già prima dell'intervento dei Consigli dell'Ordine (programmato a tre anni dall'entrata in vigore della nuova legge) aggravandone il carico contributivo,quei soggetti che, per varie ragioni non raggiungono certe soglie di reddito professionale o che affiancano l'attività forense ad altre attività lavorative (che la stessa legge dichiara non incompatibili).
Pasquale Spagnoletti - pasqualespagnoletti