La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 16780/2008) ha stabilito che non commette reato il lavoratore che si lamenta con il datore di lavoro in merito alla condotta di un collega che, perdendo la pazienza in insignificanti discussioni, "si lascia andare ad una condotta di tipo manesco, colpendo la collega con pugni". In tali casi, non integra reato neanche il fatto di dare del 'pazzo' al collega.
Nel caso di specie gli Ermellini hanno ritenuto che le frasi contenute nella lettera inviata dal collega ai superiori non possedessero "alcuna valenza diffamatoria, essendosi la […] limitata ad esporre il fatto ed a manifestare dei timori per la propria sicurezza personale alla luce di ciò che era accaduto".
La Corte ha inoltre precisato che "sono utilizzabili in sede penale le dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa
, anche se costituita parte civile, atteso che, a differenza di quanto previsto nel processo civile circa l'incapacità a deporre del teste che abbia la veste di parte, il processo penale risponde all'interesse pubblicistico di accertare la responsabilità dell'imputato, e non può di conseguenza essere condizionato dall'interesse individuale rispetto ai profili privatistici […] connessi al risarcimento del danno provocato dal reato".

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