Il D.M. n. 55/2014 ha dettato i criteri per la determinazione del compenso per il domiciliatario, stabilito in percentuale all'importo previsto dai parametri tabellari e, comunque, rapportato alle prestazioni concretamente svolte

Competenze professionali per l'attività di domiciliazione

Il contenzioso in esame ha ad oggetto una domanda di condanna al pagamento della somma dovute a titolo di competenze professionali per l'attività di domiciliazione prestata da un'avvocata in favore di altro collega, nell'ambito del procedimento svoltosi dinanzi al Giudice di pace di Mestre che aveva accolto la domanda della richiedente.

Tale decisione veniva impugnata dall'avvocato controparte dinanzi al Tribunale di Venezia che sostanzialmente, per quanto qui rileva, confermava gli esiti cui era giunto il Giudice di pace.

Avverso tale decisione l'appellante aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La spettanza delle spese dovute a titolo di domiciliazione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 34462/2023 (sotto allegata), ha rigettato il ricorso proposto e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per quanto nello specifico attiene alla questione relativa alle spese per le domiciliazioni sostenute dal collega avvocato, il ricorrente ha adito la Suprema Corte ritenendo che vi fosse stata "violazione o falsa applicazione delle norme di cui al Capitolo I articolo 1 e Capitolo III articolo 8 del Decreto Ministeriale 8 aprile 2004 n. 127, per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto dovute indennità di trasferta relative all'attività di domiciliazione innanzi il Giudice di pace. Si espone che il giudice di appello ha commesso un duplice errore: sia quanto al richiamo alle spese di vacazione, previste dal D.M 127/2004, solo nel capitolo III articolo 8 con riferimento all'attività stragiudiziale, sia perché essendo l'Avv. domiciliata in Noale, non si può configurare alcuna spesa di vacazione".

Rispetto a tale contestazione, la Corte ha rilevato in primo luogo che "Soltanto il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 ha dettato uno specifico criterio di determinazione del compenso spettante all'avvocato incaricato di svolgere funzioni di domiciliatario, stabilito in percentuale dell'importo previsto dai parametri tabellari per le fasi processuali che lo stesso domiciliatario ha effettivamente seguito e, comunque, rapportato alle prestazioni concretamente svolte", ne consegue, spiega la Corte, che le censure rivolte al sopracitato D.M. possono essere valutate solo in termini di temperamento alla liquidazione equitativa cui il giudice è tenuto, qualora difetti una misura stabilita dalle parti o dalle tariffe.

Posto il quadro normativo di riferimento, il Giudice di legittimità ha poi ritenuto che "L'indennità di trasferta è dunque dovuta all'avvocato che, come nella specie, per svolgere l'attività giudiziale presso il giudice adito (…), deve recarsi in un ufficio giudiziario posto fuori dal comune nel quale ha il proprio domicilio professionale (…), ove non si tratti di raggiungere il capoluogo del tribunale nel cui circondario è iscritto".

Per quanto, infine, attiene alla contestazione mossa dal ricorrente nei confronti della quantificazione compiuta dal giudice di merito delle somme spettanti all'avvocata per l'attività di domiciliazione dalla stessa posta in essere, la Corte ha evidenziato che, l'esercizio del potere discrezionale del giudice in termini di liquidazione dei compensi professionali ai sensi del D.M. 55/2014, "non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella"

Sulla scorta delle suddette argomentazioni, la Corte ha dunque respinto le richieste avanzate dal ricorrente, rigettando il ricorso.

Scarica pdf Cass. n. 34462/2023

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: