Di nuovo sotto analisi l'articolo 589 del codice penale ormai 'scomposto' con l'intervento di "leggi a singhiozzo" che negli ultimi anni lo hanno rivisitato più volte ma non riguardo alla sicurezza sul lavoro


L'art. 589 c.p. (Omicidio colposo) prevede che "Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni […]".

L'art. 590 c.p. (Lesioni personali colpose) invece prevede che "chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a € 309. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da € 123 a € 619; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da € 309 a € 1.239. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni […]".

Il secondo comma dell'art. 589 c.p., e il terzo appena richiamato, dell'art. 590 c.p., facevano riferimento anche agli infortuni commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale; ma la legge del 2016 n. 41 è intervenuta per rendere autonome tali disposizioni - rendendo così indipendenti appunto anche le relative sanzioni attraverso fattispecie autonome rubricate agli articoli 589-bis e 590-bis c.p.

La recentissima legge 138/2023 - approvata il 20 settembre 2023 - ha integrato l'art. 589-bis inserendo la disposizione che prevede le stesse sanzioni degli infortuni stradali anche per gli infortuni nautici.

Ma l'art. 589 del nostro codice penale è (dovrebbe essere) ancora sotto i riflettori perché a questo punto è davvero doverosa una riflessione aggiuntiva, una riflessione approfondita in merito.

Riflessione aggiuntiva e approfondita dell'articolo in disamina - che di conseguenza per "omogeneità dell'oggetto"trattato chiama in causa anche l'art. 590 "Lesioni colpose" - perché sono quasi quotidiani i messaggi, le notizie di cronaca degli infortuni gravi ma purtroppo anche letali, sui luoghi di lavoro.

La crescente e costante curva in aumento degli infortuni sul lavoro non può non condurci a riflettere appunto sulle cause, sui motivi, ma anche sulle norme codificate a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, a tutela della prevenzione degli infortuni sul lavoro.

I casi di cronaca degli infortuni sul lavoro devono accendere insieme allo sdegno anche la riflessione. Riflessione che deve incentrarsi sul terreno dell'autocritica.

I numeri di infortuni sul lavoro che ci consegna ancora il "mondo del lavoro", nonostante le corpose normative adottate nel nostro ordinamento, anche sotto l' indirizzo, l' "influsso degli strumenti" dell'Unione Europea, sono indegni; cifre ignobili, orribili per una società che vuole definirsi civile; per uno Stato che al primo articolo della "Legge massima", la Costituzione appunto, afferma di fondare la Repubblica sul lavoro. Ed è sottinteso che il lavoro deve intendersi sicuro.

Le protezioni normative vigenti sono troppo spesso purtroppo ancora disattese, violate.

La legge, soprattutto quella penale, deve interrogarsi continuamente senza lasciarsi condizionare, senza "temere censure". L'autonomia' del diritto penale non deve temere condizionamenti, influenze, limitazioni.

È necessaria quindi anche una riflessione radicale, un'"introspezione giuridica" per per evitare condizionamenti, per evitare lassismi, incurie.

Il principio di sussidiarietà del diritto penale colloca, fa subentrare la norma penale come soluzione ultima, supplementare, sussidiaria appunto quando la protezione, la tutela è "sfuggita" alle altre norme dell'ordinamento giuridico; da qui la c.d. soluzione di extrema ratio.

Ma le "strutture giuridiche" si evolvono, cambiano, si estinguono.

La norma penale 'muta nel tempo' attraverso l'attuazione della depenalizzazione, dell'abolitio criminis. Istituti che subentrano quando avviene una maturità assoluta della collettività, una presa di coscienza dell'illecito tale che l'illecito stesso non si integra più. Al punto che diventa inutile l'incriminazione di fatti che i consociati nella realtà dei fatti non commettono più. Fatti desueti, anacronistici che non possono essere più contemplati come illeciti, o addirittura come reati.

Ma al contrario può esserci un divario tra la norma penale e il disvalore del fatto commesso; Il diritto penale è tenuto ad intercettare tale divario, tale lassismo e di conseguenza arginare la debolezza della tutela posta in essere, quando quest'ultima viene disattesa; e quindi la norma penale deve re - intervenire. Deve Riconoscere il fatto negativo 'persistente' e riformularlo, ricodificarlo, anche attraverso una nuova cornice edittale, oltre ad una nuova fattispecie.

Nel caso degli infortuni sul lavoro è necessario attuare tutti i provvedimenti di cui dispone il sistema giuridico e quindi anche 'attivare ulteriormente' il diritto penale.

In tema di prevenzione sul lavoro intervenire per evitare una tutela non pienamente incisiva.

Intervenire per evitare una tutela al ribasso per timore di "richiamare ulteriormente" l'autorità del diritto penale.

Forse per equità non solo normativa, e quindi anche per coerenza di ragionamento, sarebbe giusto pertanto dare una formulazione autonoma, una dizione separata, una codificazione distinta anche alla violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; e non relegarli al secondo comma - solo per comminare una sanzione più aspra rispetto al reato base, enunciato al primo comma dell'art. 589.

Resta fermo - come per tutti i reati codificati - che è sempre necessaria anche una consapevolezza, una coscienza, una cultura degli illeciti, e nel caso de quo, una coscienza, una cultura della sicurezza sul lavoro. Deve essere promosso, attivato anche un nuovo approccio culturale in tema di sicurezza sul lavoro che può vantare però pure una tutela penale, attraverso una fattispecie autonoma.

Il T.U. per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro - D. Lgs. 81/08 e s.m.i. - esamina dettagliatamente le condotte da adottare, da mettere in pratica sui luoghi di lavoro, da parte di tutti gli attori che operano nei luoghi di lavoro.

Gli artt. 15 e 20 inserti tra le "Misure generali e obblighi" rispettivamente prescrivono "Tutele generali" ed elencano gli "Obblighi dei lavoratori".

Il primo comma dell'art. 20 impone ad ogni lavoratore di "prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni od omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro".

Mentre i successivi commi dell'art. 20 elencano in modo minuzioso ogni "comportamento", condotta dei lavoratori e sottopone a sanzioni tutti quelli che non si conformano alle prescrizioni da seguire; responsabilizzando quindi anche i lavoratori. Lavoratori che con il d.lgs. 81/08 sono protagonisti, sono parte attiva della salute e sicurezza sul lavoro, e non sono quindi esonerati da responsabilità, ma da protagonisti - anche attraverso il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) - appunto collaborano con il datore di lavori e pertanto rispondono di ogni comportamento 'passivo' nei confronti della propria sicurezza, della propria salute, attraverso l'attuazione delle "regole dell'autotutela".

L'art. 18 del T.U. appena richiamato, invece, elenca tutti gli obblighi che ricadono sulla figura del datore di lavoro; e all'art. 17 fissa quelli non delegabili, non prevedendo alcun esonero di responsabilità in capo al datore di lavoro, obbligandolo inderogabilmente alla valutazione di tutti i rischi e alla successiva relativa elaborazione del DVR (Documento di Valutazioni dei Rischi); nonché alla nomina del RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione).

Se la legislazione della sicurezza sui luoghi di lavoro, se le norme a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro sono (dai fatti) ancora insufficienti ad arginare, a contrastare l'inciviltà degli infortuni che avvengono esercitando il diritto che concede dignità agli individui - il lavoro appunto; se le regole dell'agire nei luoghi di lavoro vengono ancora disattese, eluse, non osservate appieno, violate; allora è il diritto penale che deve subentrare per dare una chiave di volta, per fermare tale superficialità.

Oltre al settore delle costruzioni, che è maggiormente colpito - settore infatti classificato, per la tipologia del lavoro stesso, come rischio alto - sono colpiti anche altri settori della 'stessa classificazione' e non.

Considerato quindi che i casi di infortuni sul lavoro si registrano in aumento, numeri inaccettabili, che destano allarme, vuol dire che tutto quanto già menzionato non basta più.

Tenendo conto inoltre che l'utilizzo della tecnologia, della tecnica è messo a servizio anche delle norme di protezione sui luoghi di lavoro - ma nonostante il progresso scientifico e tecnico i 'dati negativi' sono ancora in aumento costante.

È necessario dare luogo ad una nuova norma dislocata dall'art. 589, una nuova fattispecie, 'libera', indipendente e finalizzata esclusivamente alla tutela di tutte quelle "condotte negative" dovute alla disattenzione, distrazione, negligenza, imprudenza sui luoghi di lavoro. Dovute alla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Dare luogo pertanto ad un monito in più - attraverso la norma penale - per rafforzare l'importanza del rispetto delle norme di prevenzione relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Dare luogo ad un intervento deciso, fermo della norma penale finalizzato ad accendere i riflettori su questa piaga inaccettabile; intervento netto che apporti anche di conseguenza sanzioni autonome e più ferree. Intervento che necessariamente accenderà anche maggiore attenzione alle "condotte lavorative"; e che valorizzerà anche l'intera legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

'Applicare e finalizzare' la deterrenza del diritto penale anche per sensibilizzare la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro; l'etica del rispetto del lavoro.

Lavoro che può definirsi tale solo se svolto in piena sicurezza, solo se non lesivo.


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