Per la Suprema Corte, il singolo rifiuto al coniuge separato di far vedere il figlio nel suo giorno libero non integra il reato di cui all'art. 388, comma 2, c.p.

Rifiuto diritto di visita e reato art. 388, comma 2, c.p.

Non può considerarsi integrato il reato di cui all'art. 388, comma 2, c.p., per l'unico rifiuto opposto dalla madre all'ex che voleva vedere il figlio minore nel suo giorno libero. Lo ha affermato la sesta sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 10905/2023 (sotto allegata).

Nella vicenda, la Corte d'appello confermava la condanna dell'imputata in ordine al reato di cui all'art. 388, comma 2, c.p., poichè aveva negato all'ex di incontrare la figlia, in tal modo eludendo il provvedimento adottato dal giudice civile e contenente la disciplina dell'esercizio del diritto di visita.

La sentenza si fondava sull'assunto secondo cui il reato in oggetto è integrato anche per effetto del mero rifiuto di ottemperare all'ordine del giudice.

La donna non ci sta e adisce il Palazzaccio, eccependo che la condotta elusiva richiesta dalla norma incriminatrice non è integrata dal mero inadempimento all'obbligo, occorrendo un quid pluris. Nel caso di specie, peraltro, l'imputata non si era opposta all'esercizio del diritto di visita, limitandosi a chiedere al padre della minore un semplice spostamento del giorno in cui avrebbe tenuto con sè la minore, al fine di venire incontro alle sue esigenze lavorative.

In buona sostanza, quindi, il fatto è stato cristallizzato nel "rifiuto" dell'imputata di far vedere la figlia al padre nel giorno da quest'ultimo richiesto, proponendo una diversa data.

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato.

La Corte d'appello, infatti, ha ritenuto integrato il reato applicando il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui integra la condotta elusiva dell'esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento di minori, rilevante ai sensi dell'art. 388, comma 2, c.p., anche il mero rifiuto di ottemperarvi da parte del genitore affidatario, salva la sussistenza di contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l'attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 12391/2016, n. 37433/2020). Tuttavia, la giurisprudenza più recente, osservano da piazza Cavour, "si è discostata dalla tesi secondo cui l'elusione richiesta dall'art. 388 c.p. sarebbe integrata anche dal mero rifiuto di ottemperare.

Questa Corte, pronunciando specificamente in tema di elusione dei provvedimenti del giudice civile relativi all'affidamento di minori, ha affermato che il mero inadempimento non integra il reato di cui art. 388, comma 2, c.p., occorrendo che il genitore affidatario si sottragga, con atti fraudolenti o simulati, all'obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede e non riconducibile ad una mera inosservanza dell'obbligo" (cfr. Cass. n. 12976/2020).

Una soluzione che agli occhi dei giudici della S.C., appare "preferibile, nella misura in cui valorizza il dato letterale lì dove si richiede una condotta di 'elusione' che, evidentemente, non può equipararsi a quella di rifiuto dell'adempimento, occorrendo che il genitore affidatario si sottragga all'obbligo di consentire l'esercizio del diritto di visita con condotte pretestuose, fraudolente o simulate, nonchè con l'adozione di comportamenti in concreto volti a rendere immotivatamente più difficoltose le occasioni di incontro".

Si tratta di un'impostazione che, peraltro, trova l'avallo nell'autorevole precedente costituito dalla sentenza "Vuocolo" delle Sezioni unite, proseguono dalla S.C., "lì dove la Corte ha chiarito che le due previsioni incriminatrici descritte all'art. 388 commi primo e secondo c.p., tutelano non già l'autorità in sè delle decisioni giurisdizionali - nel qual caso il reato sarebbe integrato per effetto del mero rifiuto di adempiere - bensì introducono un presidio penale a tutela della effettività della tutela giurisdizionale. Proprio per tale ragione, si è ritenuto che anche la previsione di cui all'art. 388, comma 2, c.p., lì dove richiedere una condotta 'elusiva', fa riferimento alle medesime condotte fraudolente o simulate che vengono espressamente richiamate al comma 1 (così, in motivazione, Sez.U, n. 36692 del 27/9/2007, Vuocolo, Rv. 236937).

Non solo. L'insussistenza della condotta penalmente rilevante deve essere affermata anche sotto un altro profilo.

La nozione di elusione, scrivono i giudici, "va coniugata con la specificità dei provvedimenti in tema di affidamento dei minori, dovendosi precisare che l'adempimento delle modalità di esercizio del diritto di visita sono funzionali a garantire il mantenimento di un rapporto continuativo tra genitore non affidatario e figli. Valorizzando tale aspetto, si ritiene che l'elusione del 'diritto di visita' non possa configurarsi nel caso di un'unica occasione in cui non è stato consentito al genitore non affidatario di tenere con sè il figlio minore, occorrendo una più complessa condotta di ostacolo rispetto agli incontri previsti, per effetto della quale viene impedito l'ordinario esercizio delle modalità di frequentazione tra genitore e figlio disciplinate nel provvedimento giurisdizionale".

Si tratta di un principio che, ad ogni modo, sostiene la Cassazione, "deve essere ulteriormente specificato, proprio al fine di stabilire quando l'elusione del provvedimento in tema di affidamento, assurga al grado minimo di offensività richiesto dalla norma incriminatrice". Ma comunque, concludendo, "deve ritenersi che la condotta penalmente rilevante non è integrata di per sè da una singola ed occasionale violazione dei provvedimenti in tema di affidamento dei minori, ma richieda un atteggiamento elusivo che, in un lasso temporale apprezzabile, risulti idoneo ad impedire la corretta attuazione della disciplina dei rapporti del genitore non affidatario con il figlio".

Per cui, applicando tale principio al caso di specie, è agevole osservare come alla madre imputata si contesti un unico episodio nel quale non avrebbe consentito l'incontro tra il padre e il figlio, "di per sè inidoneo a determinare una violazione penalmente rilevante della disciplina dettata in sede civile in ordine alle modalità di svolgimento del diritto di visita".

La sentenza pertanto è annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.

Scarica pdf Cass. n. 10905/2023

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